Esistono diversi organismi che, seppur noti e studiati da anni dagli scienziati, continuano a essere avvolti almeno in parte in un alone di mistero. Fra questi ci sono i cosiddetti ragni marini, che al di là del nome non hanno in realtà nulla in comune con i classici aracnidi che possiamo ritrovare anche in casa. Questi animali marini appartengono in realtà alla classe dei picnogonidi, ovvero a un gruppo completamente diverso rispetto a quello dei veri ragni.
Questi animali, per esempio, possono avere più di quattro paia di zampe e si cibano complessivamente solo di prede molli, come meduse e briozoi. Per quanto però gli scienziati li studiano da decenni e siano noti in molte aree del mondo, nessuno aveva però assistito fino a questo momento a uno dei momenti più importanti del loro ciclo vitale: l'accoppiamento. Sino infatti a pochi giorni fa gli scienziati non avevano informazioni sulla loro biologia riproduttiva e c'erano persino dei dubbi su come maschi e femmine si ponessero l'uno vicino all'altro per portare a termine la riproduzione.
Fortunatamente però una spedizione conclusa nel dicembre del 2022, condotta dall'Ocean Exploration Trust (OET) a bordo dell'Exploration Vessel (E/V) Nautilus, ha permesso di osservare per la prima volta in natura questo evento, che in cattività per qualche motivo ancora non chiaro non era mai avvenuto.
Come hanno infatti sottolineato diversi ricercatori che hanno seguito la spedizioni, i ninfonidi, una particolare famiglia di picnogonidi, non si riproducono all'interno delle vasche e sembrano non apprezzare particolarmente le condizioni ambientali in laboratorio. L'unico modo di studiare il loro comportamento, quindi, si riduceva ad eventuali fortuiti incontri sott'acqua, avvenuti per la prima volta proprio l'anno scorso.
Per registrare una coppia di ragni marini in intimità, appartenenti al genere Colossendeis, gli scienziati hanno dovuto comunque utilizzare un rov, scegliendo di perlustrare una pianura sabbiosa sommersa alla profondità di ben 1.684 metri, a Kingman Reef e all'atollo di Palmyra, in uno delle isole più distanti dalla terraferma dell'oceano Pacifico. Ed i risultati della immersione sono stati descritti dettagliatamente in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Marine Biodiversity.
L'autore principale dello studio, Georg Brenneis, biologo marino dell'Università di Vienna, ha espresso chiaramente l'importanza che ha assunto la registrazione per la comunità scientifica, di fronte a quasi un secolo e mezzo di ricerca ininterrotta. «Questa è la prima volta che gli esseri umani hanno assistito all'atto riproduttivo di questi artropodi ed è stato molto romantico. Finalmente abbiamo capito le modalità con cui questi animali praticano sesso e riescono a mettere al mondo nuove generazioni. Giunti in questa fase, le persone avevano cominciato a credere ce queste specie potessero avere una biologia riproduttiva completamente differente rispetto i loro parenti e che dunque non compissero un vero e proprio accoppiamento. Ma questo video mostra inequivocabilmente che seguono la stessa tipologia di comportamento sessuale espresso da altri animali simili».
Come è infatti possibile vedere dalle immagini messe a disposizione dal team di scienziati, sembra infatti che una coppia di ragni marini, giunti al momento dell'atto riproduttivo, tendano a trovare una posizione perfetta con cui incastrarsi e vicenda e scambiare i gameti che daranno poi modo alle uova di essere fecondate. In particolar modo, sembra che sia il maschio a dover compiere la maggior parte del lavoro, inserendo i propri organi genitali all'interno della sacca in cui la femmina accumula le proprie uova. Per farlo, però, il maschio ha bisogno di aderire alla "schiena" della femmina, in un gioco d'incastri in cui per un certo momento i due esemplari sono legati temporaneamente su più fronti: sia a livello genitale che con altre parti del corpo .
L'osservazione dell'accoppiamento di due ragni marini non è comunque l'unico obiettivo che gli scienziati avevano intenzione di ottenere. Sono state molte altre infatti le scoperte che hanno permesso agli scienziati di rinnovare il progetto di esplorazione dell'Ocean Exploration Trust ed è anche per questo che il team ritornerà presto a usare i rov per esplorare e scandagliare le profondità dell'oceano Pacifico, a caccia di nuove scoperte.