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21 Aprile 2023
12:50

Orsi in Trentino, il Parco Adamello-Brenta rompe il silenzio: «Impraticabile trasferire tutti gli orsi come chiesto dalla Provincia»

Dopo un lungo silenzio il Parco Adamello-Brenta ha espresso la propria posizione in merito alla gestione degli orsi in Trentino: «La politica deve affidarsi alla scienza e ai tecnici. L'abbattimento non può essere l'unica soluzione ed è impensabile immaginare di trasferire 70 orsi».

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Dopo un silenzio durato settimane, il Parco Naturale Adamello-Brenta, il soggetto che ha visto partire il tanto contestato progetto Life Ursus, ha finalmente espresso la propria posizione in merito alla gestione degli orsi in Trentino e in risposta alle tante e spesso poco chiare dichiarazioni fatte dalla Provincia Autonoma dopo la tragica morte di Andrea Papi. E lo ha fatto smentendo, correggendo e contestando molte delle affermazioni rilasciate da Maurizio Fugatti.

Secondo il presidente Walter Ferrazza del PNAB e il responsabile della ricerca scientifica (fra i protagonisti del progetto Life Ursus) Andrea Mustoni, la politica ha commesso molti errori in questi anni e deve ora affidarsi a tecnici esperti, poiché le soluzioni esistono già. In particolare il Parco ha fatto riferimento – senza citarlo – ad una risposta di Fugatti alla proposta di Lav e Lac di trasferire JJ4 a cui aveva detto "no" e ribattendo però che «per quanto ci riguarda, se le autorità competenti lo renderanno possibile, noi procederemo con l'abbattimento … Abbiamo bisogno di un'offerta per 70 orsi, non ne basta certo uno. Intanto per questi tre arrangiamo noi. Per tutti i prossimi, siamo disposti a discutere».

Il Parco ha precisato inoltre che ci sono già molte strade perseguibili per diminuire la possibilità che si verifichino incidenti e l'abbattimento degli animali non deve essere l'unica soluzione.

«Oltre il legittimo profondo cordoglio per quanto avvenuto in Val di Sole, e oltre l’emotività, anche questa comprensibile, è necessario tornare a dare spazio all’approccio scientifico, e ai tecnici. Bisogna farlo anche per rispetto ai familiari di Andrea. Ci sono criteri oggettivi che sono noti agli addetti ai lavori per prevenire gli incidenti e che devono essere a disposizione della politica. Sono contenuti in numerosi rapporti scientifici prodotti in passato, e purtroppo rimasti a giacere nei cassetti. Devono essere osservati nei minimi particolari. È più oneroso, in tutti i sensi, correre ai ripari dopo che il problema è esploso o agire prima? Bisogna anche tornare a fare rete, fra tutti gli attori del territorio, ed esprimere una posizione ferma, costruttiva, unanime».

orsa

Il PNAB prosegue chiarendo i motivi per cui è da vagliare la possibilità di abbattere gli orsi problematici, ma sottolineando che non può essere l'unica soluzione. «Abbattere un esemplare pericoloso di orso non deve essere un tabù, ed era previsto fin dalle origini del progetto Life Ursus, conclusosi formalmente nel 2004. Ma non può essere l’unica soluzione possibile. Né è possibile pensare di risolvere il problema senza solide basi scientifiche sulle quali agire con interventi immediati. Realtà come il Parco possono dare un contributo importante all’elaborazione delle decisioni più opportune. Ma è importante che vengano coinvolte dal decisore politico e messe nella condizione di farlo».

Queste in sintesi le posizioni espresse dal Parco Naturale Adamello Brenta attraverso le parole del presidente Ferrazza e del responsabile della ricerca scientifica Mustoni, emerse anche nell’incontro che si è svolto ieri sera con i Sindaci dei Comuni del Parco. Un incontro molto partecipato, in cui si sono confrontate posizioni diverse, con l’obiettivo di arrivare ad una sintesi costruttiva. «Quanto è accaduto a Caldes – ha detto Ferrazza in apertura dei lavori – mi ha toccato profondamente, b a togliermi il sonno. Sia per l’evento in sé, la morte di un giovane, sia perché da trentino sento la responsabilità di fare, anche in futuro, la cosa giusta. Questo incontro è stato voluto per fornire importanti informazioni di base sul progetto Life Ursus e per condividere la responsabilità che il Parco può prendersi per elaborare assieme delle possibili strategie comuni. Questo lo può fare solo attraverso una rete che raccoglie le istituzioni del territorio e si esprime in maniera univoca».

orso

«Un lancio dell’agenzia Ansa del 2014, che ho recuperato, riporta una mia richiesta di intervento definitivo, di cattura, riguardante un’orsa pericolosa – continua Walter Ferrazza – Auspicavo che la definizione di un protocollo chiaro per la gestione delle situazioni critiche che un orso potesse creare fosse in grado di salvare uomo e progetto. Sono passati 10 anni e oggi più che mai quella speranza è utile e attuale e oggi quanto mai necessaria. Dopo essere diventato presidente del Parco ho continuato a chiedere con insistenza che il PNAB potesse avere un ruolo determinante nella gestione degli orsi presenti sul nostro territorio. Non ho avuto risposta. Oggi dobbiamo rinnovare questa richiesta tutti assieme anche se il Parco non è rimasto, nel frattempo, a guardare. Abbiamo infatti continuato a perseguire (soli) i principi della convivenza investendo giornalmente sul versante della comunicazione. Sito web, comunicati stampa, depliant e brochure, incontri sul territorio e nelle scuole sono solo alcune delle azioni che abbiamo posto in essere. E oggi è ancora più utile che lo facciamo, assieme anche agli altri soggetti del territorio. Ci mettiamo volentieri a disposizione di eventuali scelte con competenza ed esperienza. Sul versante dei media, dopo la tragedia di Caldes, il Parco ha osservato il silenzio stampa. Abbiamo fatto questa scelta innanzitutto per rispetto nei confronti di questa tragedia. Oggi però pensiamo sia utile confrontarci e portare il nostro contributo all’evoluzione del dibattito».

La parola è poi andata ad Andrea Mustoni che ha tracciato una panoramica del percorso fatto fin dagli anni 90, quando il progetto è partito. «Il progetto Life Ursus – ha sottolineato subito – non è stato un fallimento, come oggi qualcuno sostiene, ma un enorme successo, riconosciuto a livello internazionale. Non è mai accaduto in Italia né prima né dopo che un team di 6-7 tecnici specialisti di fauna selvatica si trovasse a lavorare assieme per un progetto faunistico di questo tipo, seguendo criteri estremamente rigorosi sul piano scientifico e nella massima trasparenza possibile. Life Ursus del quale sono stato coordinatore tecnico, con l’introduzione di 10 esemplari di orso bruno in Trentino, è terminato nel 2004 e quello che è accaduto dopo non è sotto il cappello dei progetti LIFE intesi come strumenti finanziari dell’Unione Europea; dal 2004 le responsabilità gestionali sono passate in capo alla Provincia autonoma di Trento. Infine: lo studio di fattibilità prodotto all’inizio del progetto Life Ursus non parlava di un numero massimo di orsi sul territorio. Ma di un numero minimo, di 40-60 esemplari e di possibilità di sviluppo numerico della popolazione in linea con quanto osservato fino ad oggi».

Le dichiarazioni di Mustoni si sono poi spostate sul periodo successivo al progetto: cosa è avvenuto dopo, nella fase di gestione? Forse, è l’ipotesi di Mustoni, il problema principale è che la situazione è stata gestita nel tentativo di renderla ordinaria nonostante la sua assoluta straordinarietà, che è evidente continui anche nei giorni che stiamo vivendo. Inoltre la presenza dell’orso, con tutte le sue peculiarità è stata forse più sopportata che non curata e promossa. «L’orso – ha proseguito Mustoni – è un animale poco pericoloso, ma che in alcuni casi può diventarlo. I veri tecnici non hanno mai negato la possibilità di un’aggressione all’uomo. Lo studio di fattibilità posto alla base del Life Ursus e redatto nel 1998, prima dell’inizio del rilascio degli orsi sul territorio trentino, riporta chiaramente anche il fattore di rischio legato alle aggressioni all’uomo. Il documento elenca peraltro anche le misure da osservare per prevenire e limitare tali rischi».

orso bruno

«Gestire animali selvatici – ha concluso Mustoni – è un lavoro, una professione. Bisogna che ai tecnici venga dato nuovamente il ruolo che spetta loro e che supportino e aiutino con coraggio i politici a fare le scelte più corrette nell’interesse di tutti. Cosa vorremmo, come Parco, che accadesse, da qui in avanti Innanzitutto che la discussione venisse riportata su binari tecnici, più corretti e lontani dal vociare di questi strani giorni. Dobbiamo farlo andando oltre i populismi e il tifo da stadio. Dobbiamo farlo anche per rispetto ai familiari di Andrea Papi. Ma catturare e trasferire o addirittura abbattere 70 orsi mi sembra non praticabile. Non sono chiuso all’idea di diminuire il numero di orsi sul territorio. Inoltre, la diminuzione degli orsi non può essere intesa come la sola soluzione. Al contrario, devono essere perseguite tutte le strade possibili per diminuire la possibilità che si verifichino incidenti o situazioni sgradevoli. Un lavoro difficile ma fattibile se si curano anche i minimi particolari. Ed è necessario che gli esperti tornino ad avere un ruolo importante. È più oneroso in tutti i sensi correre ai ripari dopo che agire prima».

Da parte dei sindaci presenti sono emerse richieste di chiarimento sulla situazione e sulle diverse strategie possibili, come l’abbattimento, la rimozione e così via. Molte, naturalmente, le preoccupazioni espresse all'incontro. Ma assieme a queste, anche il riconoscimento che confrontarsi è utile e che farlo con dei tecnici lo è ancora maggiormente. Anche perché, è stato sottolineato, certe cose emerse nel corso dell’incontro non si erano mai sentite prima, e sono utilissime al fine di ragionare più seriamente e sensibilizzare anche gli organismi provinciali sull’importanza di un ente come il Parco. Naturalmente nel rispetto della distinzione dei ruoli fra piano tecnico e piano politico, e mettendo sempre al primo posto la sicurezza dei cittadini.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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