L'alimentazione di supporto, meglio nota come supplemental feeding, è «inutile, anzi in alcuni casi dannosa». Questa la replica del Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise alla notizia rilanciata sui social di un privato cittadino che avrebbe fornito cibo agli orsi figli di Amarena.
«Tutti coloro, privati o associazioni, che vogliono condividere la mission della conservazione sono i ben venuti, ma le regole del gioco devono essere le stesse perché solo così ci sarà sempre la garanzia della tutela del bene comune – dice il Parco – In questa triste storia, tutta ancora da chiarire, ha perso la razionalità, la scienza e gli orsi vittime, ancora una volta, di azioni umane sconsiderate, anche se apparentemente fatte per il loro bene».
Il cittadino in questione è Paolo Forconi, noto a livello locale come zoologo, il quale in una serie di post sulla sua pagina Facebook ha dichiarato di aver fornito ai giovani orsi ghiande e miele nei mesi invernali «nel rispetto della legge e sulla base di criteri scientifici», come scrive egli stesso.
Una linea d'azione che l'Ente Parco, diretto da Luciano Sammarone e presieduto da Giovanni Cannata, non ha accolto in maniera positiva. Il Pnalm in una lunga nota stampa ha spiegato i motivi per i quali ha scelto di non procedere con il supplemental feeding: «In passato, come abbiamo scritto, più volte il Parco ha adottato questa pratica con le migliori intenzioni, ma è stata proprio l’esperienza, i risultati e le ricerche scientifiche in divenire, su questo tema, che ci hanno fatto desistere perché inutile, anzi in alcuni casi dannosa. Un anno e mezzo di attività (1985-86), soprattutto nei periodi di iperfagia, è servito a dimostrare che i punti di alimentazione supplementare sono stati frequentati soprattutto da cervi, cinghiali e volpi, dove c’era la frutta, e soprattutto dai lupi, ma anche dai cinghiali, dove c’era la carne. Gli orsi hanno usufruito di questo cibo aggiuntivo poche volte e in modo sporadico».
«E tutti gli elementi, oggettivi, raccolti anche da ricercatori terzi rispetto al Parco, non possono essere confutati dalle opinioni di chi basandosi su osservazioni empiriche e senza una base scientifica afferma il contrario», sottolinea il Parco.
A corroborare la tesi dell'Ente c'è l'assenza di queste misure dalle Linee Guida dell’UICN per la riduzione dei conflitti con la fauna: «Il somministrare cibo alla fauna non è menzionato tra le azioni suggerite, proprio perché la maggior parte degli studi definisce che i rischi di abituazione al cibo e all’uomo, nonché la perdita di diffidenza e la possibilità di veicolare malattie, visto che dove si mette il cibo non ci andrebbero solo gli orsi, aumenta di fatto i conflitti», spiega il Parco.
Per l'Ente che da anni si occupa degli orsi bruni marsicani, la questione degli orsi confidenti, che invece incontriamo nei paesi, e che quindi ha contribuito a creare l’idea della mancanza di cibo in natura, è un fenomeno che riguarda tutte le popolazioni di orso in giro per il mondo: «Associare il fenomeno degli orsi confidenti alla carenza di cibo non ha nessuna base scientifica certa, anche perché non si capisce di cosa vivrebbero tutti gli altri in giro per l’Appennino centrale. Non è la fame a spingere qualche orso a scendere periodicamente in aree antropizzate, altrimenti nei paesi avremmo decine e decine di orsi. E questo non è mai accaduto. Affermare che gli “orsi scendono in paese perché hanno fame” è una risposta troppo semplicistica, che non tiene conto di quanto in Natura tutto sia più complesso di quello che sembra».
Il Parco ha pesantemente sanzionato l'alimentazione artificialmente come atto di «una gravità estrema. Si tratta di azioni clandestine che poco hanno a che fare con il rispetto della legge, perché l’orso marsicano è una specie particolarmente protetta, e nel cui merito abbiamo chiesto alle autorità competenti di fare chiarezza e di cui daremo conto non appena avremo notizie certe».
Chiunque decida di intervenire su questa specie deve agire secondo criteri di trasparenza, che sia un privato cittadino o un'associazione: «Si è tenuti a comunicare in modo chiaro come si ha intenzione di procedere, quali alimenti si utilizzeranno, in quali località, quali contesti, se e quali altri animali potrebbero frequentato gli stessi siti, come si opererà di conseguenza, e ogni altro elemento utile a rendere conto alla collettività degli interventi a carico di una specie particolarmente protetta. In tal senso, almeno il raccordo con le Autorità competenti, Regione Abruzzo, Ministero e ISPRA, fuori dal Parco, è indispensabile e legalmente necessario, non facoltativo. Così non è stato».