Cinque tracce nella roccia, probabilmente create dal passaggio di un anchilosauro. Una testimonianza risalente a 100 milioni di anni fa. Potrebbero essere proprio delle impronte di dinosauro quelle individuate sulla costa di Bari, in particolare su una spiaggia di scogli del litorale di Santo Spirito. Ad accorgersene è stato Vincenzo Colonna, geologo in pensione e per anni in servizio all’Università degli Studi di Bari e a quella della Calabria a Rende.
«Si è trattato di un caso fortuito – ha raccontato a Kodami – c’era stata una giornata di pioggia ed era comparso un bell’arcobaleno. Mi ero fermato con l’auto per scattare una foto. Guardando la spiaggia ho riconosciuto delle orme. È una cosa che ha suscitato grande scalpore ma in realtà non si tratta di una novità. Già dal 2012 ci sono lavori scientifici che purtroppo non sono stati adeguatamente divulgati ma che confermano la presenza di orme di dinosauro sul lungomare».
In effetti, a più riprese, è stata concentrata l’attenzione su una serie di siti nel Nord di Bari che potrebbero contenere impronte, dall’area del Parco di Lama Balice alla cava della ex Selp. Si tratta di luoghi non molto distanti dalla spiaggia di Santo Spirito e per i quali, a più riprese, si è discusso sulla possibilità di valorizzazione a fini scientifici e turistici. A suo tempo furono avanzate anche delle proposte per realizzare delle aree a tema con ricostruzioni 3D fatte al computer che avrebbero fatto immergere il visitatore in una ricostruzione di com’era quell’ambiente 100 anni fa.
Del resto anche il sito di Santo Spirito andrebbe visto con occhi diversi. Solo 400mila anni fa (un tempo tutto sommato neanche troppo lontano, se si considerano le ere geologiche, e molto più vicino a noi che ai dinosauri) il livello dell’acqua era di 120 m più basso rispetto a quello attuale. La linea della costa, considerata questa profondità, era distante circa 20 km da dove si trova oggi. E tutto questo senza considerare la geodinamica e i cambiamenti che questa ha potuto determinare. Quando il nostro anchilosauro arrivò in quel punto, lasciando le sue orme impresse sul terreno, non poteva vedere il mare perché la conformazione di allora era completamente diversa da quella che troviamo oggi. Nulla di strano, quindi.
«Il fatto incredibile, forse, è proprio che cinque impronte sul lungomare debbano fare scalpore – continua il geologo – andrebbe fatta maggiore divulgazione e bisognerebbe sfruttare queste possibilità per mostrare qualcosa di diverso a chi arriva in Puglia. C’è un turismo culturale che andrebbe incentivato, soprattutto quando si ha la fortuna di avere certi tesori in cassaforte. Evidentemente ci sono troppi ostacoli burocratici che impediscono interventi di questo tipo».