Quando è stato salvato, Orlo soffriva di ansia da separazione e l’obiettivo principale della sua pet mate Sara Nadler, una ricercatrice del laboratorio di studi animali dell'Eckard College negli Stati Uniti, era riuscire a farlo sentire a suo agio per affrontare le situazioni di stress. Il passaggio fondamentale per lui è stato quello di arricchire le sue giornate attraverso stimoli mentali e fisici, fino a diventare il primo cane capace di giocare a un videogame.
La storia di Arlo è rappresentativa di una relazione tra una persona e un cane che nasce prima di tutto dall'adozione e poi dall'interesse da parte dell'umana di dare al suo compagno di vita una dimensione quotidiana in cui potesse sentirsi gratificato, a fronte, anche di un "vantaggio" per la nostra specie visto che i primi passi li ha mossi nel mondo dei cani da terapia.
Arlo è infatti entrato a far parte di uno studio condotto dalla biologa Allison Kenawell e dalla psicologa Lauren Highfill sostenuto grazie a una borsa di studio fornita dal "Belgya Family Engaged Learning Endowed Fund" a favore delle ricerche che abbiano come fine proprio il migliorare la conoscenza dell'apprendimento di altre specie.
Sarah Nadler sin dal principio, per aiutare Orlo a superare l'ansia da separazione e avendo visto in lui una grande propensione alla collaborazione e la necessità di stare insieme alla persona di riferimento, aveva iniziato il percorso per farlo diventare un "cane da terapia". Orlo, che ha circa 2 anni, da subito aveva manifestato una grande sensibilità e il piacere della condivisione con gli esseri umani arrivando appunto a supportare Nadler in sessioni di lavoro insieme a professionisti clinici come lei per per migliorare le abilità fisiche, sociali, emotive e cognitive di persone in difficoltà. «I cani da terapia possono lavorare sia in contesti individuali che di gruppo, il che li rende diversi dai cani guida che sono addestrati in compiti specifici per aiutare una singola persona. Cani come Orlo sono anche diversi dagli animali di supporto emotivo che hanno lo scopo di fornire compagnia all'interno di una casa», ha precisato la pet mate sul sito ufficiale del College in cui è riportata la storia di Orlo.
Poi, per, c'è stato l'incontro con le altre ricercatrici e la scoperta di una nuova "passione" del cane: interagire con un vero e proprio videogame, creato appositamente per capire come funziona l'apprendimento di altri animali di fronte a nuove situazioni come quella, appunto, di giocare a un videogioco. «A Orlo è stata presentata una console di gioco e da subito ha iniziato a interagire con lo strumento. Il gioco prevede la pressione di quattro pulsanti direzionali – hanno spiegato le ricercatrici – per spostare un grande punto blu in modo che entri in contatto con un quadrato nero sullo schermo».
Arlo è il primo cane a fare questa esperienza, prima di lui infatti era stata condotta una ricerca con i leoni marini da Kelley Winship, scienziato che lavora per la National Marine Mammal Foundation. Winship aveva sperimentato l'uso del videogioco con tre esemplari adulti della California, introducendoli al sistema informatico e sviluppando protocolli di addestramento che Orlo segue ora. Tutti e tre i leoni marini di Winship hanno avuto successo dopo 18 mesi di gioco, il cane ci sta per riuscire dopo nove mesi.
Un test simile era stato fatto anche con i maiali, nel 2021:
Da luglio del 2023, Orlo ha giocato 47 volte con un tempo di visualizzazione totale di 12 ore. «Ad ogni livello progressivo – specificano le esperte – il quadrato nero diventa più difficile da raggiungere. Per avanzare, deve spostare il punto blu sul quadrato nero entro un certo limite di tempo e deve premere i pulsanti direzionali meno di sette volte. Questi requisiti devono essere soddisfatti due volte consecutive per superare il livello. Orlo è attualmente al livello sei, il livello finale, e se riuscirà a superarlo sarà considerato di successo secondo gli standard dello studio».
Le sessioni di gioco sono state tarate su di lui, ovvero si è preso in considerazione l'elemento fondamentale di non portare il cane a vivere l'esperienza come qualcosa di imposto o di spiacevole ma valutando, sin dal principio, il suo interesse e la sua soddisfazione.«Orlo si esercita per circa 20 minuti e solo due volte a settimana – sottolineano le ricercatrici – Di solito si prende una pausa che è fondamentale per qualsiasi attività continuativa e questo gli impedisce di annoiarsi o frustrarsi». Più recentemente i ricercatori hanno notato che quando Orlo ha difficoltà con il gioco si allontana brevemente e ritorna poi a giocare: ovvero riesce a smettere da solo quando ne sente il bisogno.
C'è un aspetto, però, che emerge proprio dall'articolo pubblicato che lascia perplessi, perché si esce dallo studio dell'apprendimento e pericolosamente si scivola nell'ambito di quello che potrebbe poi diventare un business nel mercato dei pet.
A un certo punto, infatti, viene scritto: «Se Orlo riuscisse a superare il livello sei e dimostrare che i cani sono pienamente capaci di imparare a giocare ai videogiochi, questo tipo di arricchimento potrebbe essere un’opzione per i quasi 50 milioni di famiglie americane che possiedono cani. I videogiochi potrebbero essere un modo per intrattenere i cani mentre i proprietari* sono assenti. Presto Orlo potrebbe padroneggiare appieno l'arte dei videogiochi, cambiando la vita dei cani in tutta l'America».
Ecco, questo passaggio finale stona molto con tutta la parte in cui invece si sottolinea quanto questa esperienza dovrebbe essere appunto utile solo per dare valore ai cani o ad altri animali – come gli stessi leoni marini – in quanto non solo esseri senzienti ma in grado di apprendere e di utilizzare la propria cognizione in maniera diversificata.
Un messaggio, visto così, importante per gli esseri umani, da sempre convinti di avere non una intelligenza diversa dalle altre specie ma migliore. Il riportare invece questo esperimento all'idea che possa essere utile da replicare per compensare la solitudine dei cani quando i loro umani di riferimento non ci sono è un po' come quando si pensa che i bambini possano passare il loro tempo davanti alla tv o a una console per "farli stare quieti", per "non disturbare" in qualche modo.
E' sempre difficile far comprendere, quando ci sono notizie come questa, qual è il confine dunque tra il voler rendere note appunto le capacità cognitive in questo caso del "miglior amico dell'uomo" e il modo in cui queste stesse vengono interpretate o sfruttate per motivi direttamente utili alla nostra specie (vedi cani da lavoro, da terapia, da soccorso, etc.) o nostri desideri: voglio un cane, non ho tempo per seguirlo e allora… lo metto davanti a un videogioco.
*Proprietari è il termine utilizzato nell'articolo originale