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30 Marzo 2023
13:06

Ora sappiamo come fanno gli squali balena a vedere nell’oscurità degli abissi

Un gruppo di ricerca dell'Università metropolitana di Osaka ha studiato le capacità visive degli squali balena e ha scoperto che poche e piccole mutazioni genetiche permettono al pesce più grande del mondo di nuotare dove altri organismi sono completamente ciechi.

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Alcuni organismi riescono a vedere nella quasi totale oscurità, anche grazie a poche mutazioni genetiche che permettono ai loro occhi di catturare persino il più flebile dei raggi luminosi.Tale adattamento è senza dubbio fondamentale, per esempio, per gli animali marini che si spingono negli abissi, governati perennemente dalle tenebre. Eppure, non sono pochi gli animali che riescono perfettamente a utilizzare la vista in contesti così proibitivi, che scoraggerebbero anche i sommozzatori più esperti.

Un gruppo di ricerca che comprende diversi docenti dell'Università metropolitana di Osaka ha così studiato le capacità visive di questi animali e ha scoperto che gli squali balena (Rhincodon typus) – fra tutti – sono quelli dotati della vista migliore, grazie ad alcune mutazioni genetiche del loro DNA che regolano la struttura del fotorecettore rodopsina. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences e sono il frutto di un confronto tra vari squali dell'ordine Orectolobiformes, comunemente noti come squali tappeto, fra cui è inserito anche lo squalo balena, il pesce più grande del mondo.

Parlando proprio dello squalo balena, i ricercatori già sapevano che era  in grado di raggiungere addirittura i 2.000 metri di profondità. Dunque c'era stata da sempre molta curiosità nel capire come riuscissero a nuotare e a vedere in quelle condizioni. Si lasciavano guidare dall'istinto, nuotando senza poter vedere dove andava, oppure avevano un segreto che gli permetteva di seguire i banchi di plancton e fitoplancton ad "occhi aperti"? Oggi proprio grazie a questo studio sappiamo che il loro segreto è all'interno della molecola della rodopsina, che è leggermente diversa rispetto a quella presente, pere esempio, negli occhi umani.

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La rodopsina è responsabile della rilevazione della luce fioca e rispetto ad altri animali abituati a vivere quasi perennemente alla luce solare, gli occhi degli squali balena ne possiedono molta di più. Inoltre, la rodopsina di questi pesci si è adattata a rilevare più efficacemente la luce blu, la lunghezza d'onda più comune nelle profondità marine. Ciò è stato reso possibile da due mutazioni che hanno sostituito due aminoacidi della molecola del fotorecettore, rendendola così maggiormente sensibile a queste lunghezze d'onda.

L'aspetto notevole è che una di queste mutazioni è presente anche all'interno della popolazione umana e porta inevitabilmente alla cecità precoce, poiché destabilizza la molecola a temperature superiori ai 37 gradi centigradi. Considerando però che a 2.000 metri di profondità l'acqua del mare non raggiunge mai questa temperatura, la funzionalità della rodopsina mutante dello squalo balena può essere mantenuta e ciò gli garantisce una vista efficiente anche in contesti di oscurità perenne.

Da sottolineare poi come i ricercatori giapponesi abbiano deciso di indagare queste proprietà degli squali non facendo del male agli animali e non compiendo esperimenti su di essi. Sarebbe stato tra l'altro complicato, considerando le dimensioni che possono raggiungere. Quello che hanno fatto è stato infatti esclusivamente iniziare una campagna di raccolta campioni, sfruttando tra l'altro il DNA ambientale e piccoli campioni di sangue prelevati dai differenti animali.

«Questa ricerca ha utilizzato informazioni genetiche e tecniche biologiche molecolari per ottenere risultati sbalorditivi, senza danneggiare gli squali balena o la loro biologia – ha spiegato il professor Koyanagi, uno degli autori principali dello studio – Il nostro approccio alla ricerca consiste nell'utilizzare tecniche indolori per fornire indizi che rivelino i misteri di come vivono questi organismi. Ed il bello è che il nostro approccio funziona anche per le specie in cui le informazioni sono limitate, come animali di grosse dimensioni o selvatici che sono difficili da osservare o seguire nel loro habitat naturale».

I ricercatori hanno anche notato che mutazioni simili sono presenti, ma meno efficienti, negli squali zebra, che sono considerati i parenti più stretti agli squali balena, e negli squali bambù dalla fascia marrone.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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