Le grotte paleolitiche francesi ricoperte dalle pitture rupestri spesso raffiguranti animali non sono semplici da datare. Il metodo al radiocarbonio, infatti, non è sempre attuabile in una grotta completamente affrescata con colori di origine minerale e talvolta non è possibile neppure utilizzare gli altri metodi con cui i paleontologi cercano di individuare l'età dei reperti.
Le grotte della Dordogna, per esempio, che comprendono oltre 200 caverne decorate da pitture e graffiti, a causa della loro colorazione con ossidi di ferro fino a questo momento sono state ritenute impossibili da datare con il radiocarbonio, ma fortunatamente un team di scienziati del Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France ha appena ideato un nuovo metodo che semplifica di molto il lavoro degli antropologi.
Questa nuova procedura è stata presentata all'interno di uno studio pubblicato su Scientific Reports, che sta facendo molto rumore negli ambienti accademici: prevede l'individuazione di "macchie di carbonio" e di carboncino sulle superfici ossidate delle pitture rupestri, permettendo così l'utilizzo dei suoi isotopi instabili e dei metodi di datazione standard. Per individuare però il carbonio fra gli affreschi gli scienziati devono dotarsi di fotografie a luce visibile e a infrarossi, più numerosi altri strumenti, come gli spettroscopi micro-Raman portatili, che permette di scoprire la composizione dei materiali impiegati.
Gli scienziati hanno testato questo nuovo metodo nella la grotta formalmente conosciuta come "Bison Cave", cominciando a lavorare prima della fine di febbraio del 2020. Sfortunatamente, però, la pandemia ha interrotto la ricerca poco dopo che gli scienziati trovarono alcuni sottili disegni a carboncino nelle gallerie principali della grotta, che riprese però alla fine del 2020.
I disegni al carboncino erano nascosti dalle oltre 80 raffigurazioni di bisonti, cervi, cavalli, mammut, elefanti e leoni che sono presenti sulle pareti e costituivano l'unica parte databile con il radiocarbonio. Sono stati trovati sovrapponendo le immagini catturate con la luce visibile a quelle a infrarossi, permettendo agli scienziati di produrre immagini a falsi colori (FCIR) che potevano essere utilizzate anche per identificare le varie aree decorate degli affreschi. Ogni area è stata dipinta con materiali diversi, hanno chiarito i ricercatori. E talvolta, fra un'immagine e un'altra, sono presenti anche i resti del carboncino, l'elemento che più di tutti interessava agli scienziati.
Questo metodo ha così permesso di rilevare non solo quali erano i diversi composti utilizzati per disegnare le immagini, ma anche di identificare l'origine dei pigmenti stessi e la loro età. Per esempio, la base del pigmento rosso utilizzato per colorare il più grande bisonte della Bison Cave era composto da ossido di manganese, estratto dal criptomelano, un minerale appartenente al gruppo della coronadite presente nella stessa caverna, mentre le colorazioni della grotta di Font-de-Gaume sono basate sull'utilizzo della romanechite e della pirolusite, altri due minerali molto presenti in Dordogna.
La stessa grotta di Lascaux, scoperta nel 1940 e considerata la "cappella sistina del Paleolitico", è stata affrescata con la stessa tipologia di colori, e si trova infatti a pochi chilometri di distanza dalla "Bison Cave" e dal complesso principale di grotte affrescate della regione.
Attualmente gli scienziati sono impegnati nel processo di datazione del carbonio presente in questi affreschi, ma da ciò che hanno fatto trapelare all'interno del loro articolo sembra che le grotte furono decorate a partire dal periodo magdaleniano, ovvero tra 12.000 e 17.000 anni fa. Questa ricostruzione confermerebbe quindi le opinioni dei paleontologi e degli storici dell'arte che hanno studiato le grotte della Dordogna nel corso degli ultimi decenni, che le hanno ritenute dello stesso periodo.