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24 Settembre 2023
13:00

Oltre al carcere si può fare di più per contrastare il reato di maltrattamento di animali

Nei casi di maltrattamento degli animali, anche gravi, il carcere non viene mai realmente scontato dai responsabili. Ma se il carcere non rappresenta un reale deterrente, si potrebbero introdurre misure alternative e collaterali che avrebbero una grande importanza, sia per aumentare il potere deterrente della punizione che per evitare che i reati siano nuovamente commessi.

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Le azioni violente e i maltrattamenti agli animali sembrano essere in costante aumento di pari passo al crescere della violenza in una società che sembra spesso aver smarrito i valori della tolleranza e del rispetto che sono alla base della civile convivenza.

Ogni volta che emergono episodi di maltrattamento, spesso gravi e connotati da una crudeltà che dovrebbe provocare delle riflessioni, riparte la richiesta di aumentare le pene, a cui segue di pari passo l’annuncio del politico di turno che lamenta la mancata approvazione della sua proposta di legge.

Bisognerebbe iniziare a guardare il maltrattamento degli animali a tutto tondo, classificandolo non solo come un crimine ma anche come un reato che denota il livello di pericolosità sociale dei responsabili: un fatto che non andrebbe dimenticato per un reato che rischia troppo spesso di restare impunito, rimanendo impigliato nelle maglie della giustizia sino alla prescrizione.

Negli Stati Uniti le persone che si macchiano di reati contro gli animali vengono inserite in un database che viene poi utilizzato per le indagini sui crimini violenti commessi a danno di persone, essendo oramai acclarato che chi compie questo tipo di azioni spesso è pronto per commettere il salto di specie e usare altrettanta violenza contro i suoi simili. In Italia invece il maltrattamento di animali è considerato un reato contro “i sentimenti per gli animali”, che viene quindi punito in quanto offende il comune sentire e il sentimento di compassione e pietà che viene suscitato nelle persone quando accadono episodi di maltrattamento.

Una visione distorta, nonostante inserita in un recente passato nel Codice penale dalla legge 189/2004, che vede l’animale come oggetto del reato e non come soggetto portatore di un diritto a non essere sottoposto a maltrattamenti. Un crimine che ha spesso connotazioni violente, ma di fatto considerato come un reato minore, senza ulteriori aggravanti né conseguenze di particolare rilevo, che non soltanto puniscano il responsabile ma che lo mettano nelle condizioni di non reiterare il reato.

Nei casi di maltrattamento degli animali, anche gravi, il carcere non viene mai realmente scontato dai responsabili, a meno che non si tratti di criminali recidivi ai quali non sia più applicabile la sospensione condizionale della pena. Ma se il carcere non rappresenta un reale deterrente spesso non costituisce nemmeno una punizione utile a ottenere la riabilitazione del colpevole. Mentre vi sarebbe la possibilità di introdurre altre misure alternative e collaterali che avrebbero una grande importanza, sia per aumentare il potere deterrente della punizione che per evitare che i reati siano nuovamente commessi.

In Italia manca, ad esempio, il divieto di detenzione di animali per le persone condannate per maltrattamento, che in casi particolarmente violenti dovrebbe essere previsto anche prima della condanna definitiva per tutelare gli animali. Un divieto che dovrebbe essere temporalmente allungato in relazione alla gravità dei fatti e della pena, per arrivare sino all’interdizione definitiva di poter custodire animali, ma anche di lavorare in contesti ove vi sia presenza di animali o di soggetti fragili. Gli studi scientifici hanno infatti dimostrato come vi sia una relazione stretta fra gli abusi sugli animali e i crimini contro persone con ridotte capacità di difesa.

Il 28 giugno 2023 proprio la direttrice di Kodami, Diana Letizia, è stata moderatrice alla presentazione alla Camera dei Deputati della presentazione della proposta di legge dell'onorevole Devis Dori di Europa Verde che mette in evidenza la correlazione tra pericolosità sociale e maltrattamento animale. Questo collegamento, noto anche come “link”, è un esempio concreto di quanto si scriveva.

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Potrebbe poi dimostrarsi utile sottoporre i responsabili a un periodo di libertà vigilata, che potrebbe coincidere anche con l’obbligo di dimora e di essere sottoposto a verifiche psicologiche, in modo sia da limitare i movimenti del responsabile che  di agevolarne non solo il controllo ma anche reinserimento e ravvedimento in ordine ai crimini commessi. Questo tipo di pene accessorie, infatti, limitano la libertà personale e diventano una punizione commisurata al reato, senza per forza dover arrivare alla detenzione.

Misure a minor impatto, anche a livello economico per la collettività, che offrono maggiori possibilità di ravvedimento, risultando utili anche come forma di prevenzione nella commissione dei reati. Non va infatti dimenticato che scopo del carcere non è soltanto la punizione del responsabile di un crimine ma anche quello di sottrarre un elemento pericoloso dal contesto sociale con un fine riabilitativo. Mentre sappiamo che spesso la sola pena carceraria, se non accompagnata a misure utili al reinserimento, comporta un alto tasso di recidiva, facendo così venir meno, in massima parte, l’utilità della detenzione.

Per questo in una futura e speriamo prossima revisione delle norme che tutelano gli animali, sarebbe importante prevedere nuovi strumenti contrasto al maltrattamento degli animali, che siano al passo con le conoscenze scientifiche sui crimini violenti. Sanzioni che possano essere efficaci per prevenire e contrastare un crimine particolarmente odioso, in quanto messo in atto nei confronti di esseri viventi che non sono in grado di potersi difendere in modo autonomo.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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