Oggi, 2 febbraio 2023, si celebra la Giornata internazionale delle Zone Umide. Questa celebrazione è nata allo scopo di ricordare l'adozione della Convenzione di Ramsar, firmata il 2 febbraio 1971 nella città iraniana proprio per sancire la tutela di questi delicati ecosistemi.
Per zone umide si intendono infatti quegli habitat locustri in cui è possibile incontrare una grande varietà di uccelli acquatici come oche, limicoli, aironi, e piccoli passeriformi che in inverno arrivano dal Centro e Nord Europa per trovare rifugio proprio nelle zone umide italiane. Ma tra paludi, stagni e spechi d'acqua, ci sono anche raganelle, tritoni, libellule, bisce, e tanti altri la cui sopravvivenza dipende interamente dalla conservazione di questi habitat, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Le zone umide italiane in particolare sono infatti fondamentali tappe di sosta durante la migrazione degli uccelli da e per l'Africa.
Da qui l'importanza di un'azione globale per la loro tutela che però oggi, nonostante gli impegni internazionali, non si è ancora concretizzata. Secondo gli ultimi dati forniti dalle Nazioni Unite, il Pianeta ha perso ad oggi più dell’85% di questi ecosistemi.
Dopo le grandi bonifiche attuate tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento, un ulteriore 35% di zone umide è stato perso nel mondo solo negli ultimi 50 anni. Si tratta di una perdita enorme che ne ha messo in crisi la biodiversità: non è un caso che tra i gruppi più minacciati ci siano le cozze d’acqua dolce, i gamberi d’acqua dolce, le libellule, i pesci d’acqua dolce e gli anfibi tutti gruppi strettamente legati alla sorte delle acque interne. Le popolazioni di vertebrati delle acque dolci sono crollate dell’83%.
Cercare di porre un freno al loro decadimento è tra gli obiettivi della decade delle Nazioni Unite su “Ecosystem restoration (2021-2030)”, nella più ampia Strategia Europea per la biodiversità per il 2030.
L’aspetto più significativo delle zone umide è rappresentato sicuramente dalla grande biodiversità che le caratterizza, e che le rende tra gli habitat più ricchi in assoluto insieme alle barriere coralline e alle foreste tropicali. Ma c'è anche un altra peculiarità: le zone umide offrono fondamentali servizi ecosistemici, come ad esempio la regolazione dei fenomeni idrogeologici, attenuando gli effetti delle piene dei fiumi.
Proprio quest'anno abbiamo osservato gli effetti disastrosi dell'alluvione nelle Marche, causata proprio dalla piena del fiume Misa. Un evento estremo che è costato la vita a persone e animali e che rischia di diventare sempre più frequente per effetto del cambiamento climatico.
Le Zone Umide, in particolare quelle costiere, sono in grado di assorbire il carbonio, uno dei principali gas serra. Nello svolgere questa azione le zone umide assorbono dai 100 ai 200 g di CO2 per metro cubo all’anno. Ogni ettaro di palude costiera ripristinata equivale al sequestro di 1.000-2.000 kg di CO2 l’anno, mentre le torbiere riescono a stoccare il 30% di tutto il carbonio terrestre coprendo appena il 3% della superficie del Pianeta. Questi ambienti accumulano il doppio di quanto faccia l’insieme di tutti i sistemi forestali.
Per preservarle però è necessaria un'azione congiunta non solo di tutti i Paesi, ma anche di tutte le forze all'interno delle singole nazioni. Così è nato il grande progetto di rinaturazione del Po, che prevede il recupero di molte zone umide perifluviali, proposto da WWF e ANEPLA e inserito nel PNRR dal Ministero dell’Ambiente per 357 milione di euro. Si tratta del primo importante esempio di progetto integrato che coinvolge diverse regioni e che potrebbe essere applicato, con le dovute differenze, anche ad altri grandi fiumi, come Adige, Arno, Tevere, Garigliano, Volturno e tanti altri.
Per sensibilizzare rispetto a quest'istanza, il WWF in occasione della Giornata delle Zone umide ha scelto di organizzare degli incontri dedicati nelle sue oasi rivolti soprattutto alle giovani generazioni.