Oggi è la Festa della mamma, una ricorrenza nata per celebrare la maternità nella sua dimensione affettiva e sociale, ma forse non sappiamo che l'essere umano non è l'unica specie a provare l'amore filiale, anzi, lo provano e lo mettono in atto anche gli animali domestici.
E’ più semplice concepirlo pensando ai cani e ai gatti che vivono in casa con noi, tuttavia l’attaccamento tra la madre e il cucciolo è presente anche in altre specie, ugualmente vicine all’essere umano, ma associate non all’affettività ma al lavoro, al “reddito”.
Separare il prima possibile il neonato dalla madre: è questo l'imperativo che muove l'industria zootecnica quando vacche e scrofe e altri animali dall’allevamento partoriscono.
In alcuni contesti, come gli allevamenti intensivi, i comportamenti che la madre mette in atto con il suo piccolo vengono costantemente frustrati dall'uomo.
«I corpi femminili sono i più sfruttati all’interno degli allevamenti, questo perché a prescindere dal corpo in sé, usato per produrre carne per la grande distribuzione, le mucche hanno un sistema riproduttivo quindi possono mettere al mondo i cuccioli», spiega a Kodami Martina Scalini di Essere Animali.
L'associazione, con le sue numerose inchieste sul campo, da sempre punta i riflettori sulla condizione vissuta dagli animali sfruttati dall'industria agroalimentare, ultimamente anche con la documentazione relativa a due allevamenti fornitori del Grana Padano.
«Il vitello è considerato il prodotto collaterale della produzione di latte per il consumo umano – spiega Scalini – I cuccioli vengono separati dalle madri e chiusi in box individuali. La separazione serve per non sprecare latte. I vitelli, separati in pochi istanti dalle madri, assumono comportamenti non naturali, di manifesto disagio».
Il latte non è dei cuccioli: è destinato ai bracci meccanici dell’azienda. Per questo il piccolo viene tolto alla madre a poche ore dal parto e alimentato artificialmente, in attesa di avere l'età giusta per il macello. A questo punto anche le strade dei piccoli si biforca in base al sesso: «I maschi vengono nutriti con surrogati del latte e resi anemici per avere una carne più tenera».
La gravidanza e la nascita del figlio sono passaggi necessari per indurre nelle mucche la produzione di latte. Ma questo processo è ben lontano dall’essere “naturale”. Le mucche sono ingravidate artificialmente, un processo che consente agli imprenditori di superare tutte le incertezze connesse alla monta naturale garantendo il sicuro successo dell’operazione. Un risparmio di tempo ed energia che permette una precisa pianificazione della produzione. In secondo luogo, l’inseminazione artificiale evita all’imprenditore di avere all’interno dello stabilimento tori per ingravidare le mucche.
Nella produzione intensiva di latte e derivati, gli animali non sono che ingranaggi, fastidiosamente vivi, ai quali bisogna estirpate tutte le espressioni vitali connesse alla loro individualità. Manifestazioni di dolore comprese. «Molti etologi con i quali collaboriamo per le nostre inchieste sul campo, sostengono che la separazione viene dimostrata dalle madri attraverso alcuni segnali vocali – aggiunge Scalini – Non è eccesso di emotività dire che i muggiti sono segnali di sofferenza. Si tratta di un comportamento più volte documentato e dimostrato».
All’interno del suo box, quindi, la mucca viene ingravidata, qui partorisce, e sempre qui viene separata dal suo piccolo. Un ciclo che inizia quando l’animale ha circa un anno e che si ripete per 4-5 volte, fino a quando l’animale viene sfinito dalle continue gravidanze e condotto al macello.
«In natura una mucca vivrebbe circa vent'anni, per loro è fatale il processo di produzione e in particolare la mungitura che non avviene a mano ma attraverso macchine che alla lunga provocano infezioni e mastiti».
Kodami ha dato voce alle storie di uno dei figli di queste mucche, il piccolo Niccolò, ferito mentre andava al macello e salvato e curato dal Santuario Capra Libera Tutti.
«Le mucche sono geneticamente selezionate per produrre latte, si parla di circa 33 litri al giorno, cosa che in natura non accade – sottolinea Scalini – Per ottenere il volume necessario a soddisfare la domanda degli esseri umani, le mucche vengono sottoposte a due cicli di mungitura al giorno, con pesanti ricadute sul loro benessere e la loro salute».
Questo processo, dall’inseminazione artificiale al macello non ha connotazioni illegali, perché non viene preso in considerazione il benessere dell’animale in quanto essere vivente che può provare sentimenti. Un cortocircuito legale alla luce della recente riforma che introduce la tutela dell’ambiente e degli animali in Costituzione. «Le femmine vengono reintrodotti nel sistema di produzione del latte», conclude Scalini. Un ciclo senza fine di deprivazione della maternità.