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21 Marzo 2024
8:00

Oggi è la Giornata Internazionale delle Foreste: in trent’anni persi 178 milioni di ettari

Oggi è la Giornata internazionale delle foreste, ma c'è ben poco da festeggiare: solo negli ultimi 30 anni sono stati persi 178 milioni di ettari di foreste a livello mondiale. Per non perdere definitivamente questo ecosistema è necessario cambiare le abitudini dei cittadini e consumatori.

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Oggi è la Giornata internazionale delle foreste, ma c'è ben poco da festeggiare: solo negli ultimi 30 anni sono stati persi 178 milioni di ettari di foreste a livello mondiale, tre volte la superficie della Francia. Un fenomeno conseguenza del selvaggio sfruttamento della natura da parte dell'essere umano, con un effetto a catena sulla crisi climatica globale.

Le foreste coprono il 31% delle terre emerse del Pianeta, ospitando circa l’80% della biodiversità terrestre, forniscono servizi essenziali per le nostre vite e svolgono un ruolo cruciale nella mitigazione del cambiamento climatico. Si tratta di habitat preziosi e ancora da tutelare, per questo il WWF ha lanciato l’allarme ricordando l’importanza di questo ecosistema per moltissime specie, essere umano compreso, con una mobilitazione globale per sabato 23 marzo.

La principale causa della deforestazione a livello globale, infatti, è l’espansione agricola per la produzione di soia, carne e olio di palma. A causa dell’espansione dell’agricoltura vengono convertiti ogni anno cinque milioni di ettari di foreste tropicali, in particolare per la produzione di carne bovina, olio di palma, soia, cacao, gomma, caffè e legno. Dalla produzione e dal commercio internazionale di questi prodotti deriva inoltre più di un terzo delle emissioni di CO2 causate dalla deforestazione.

«I nostri consumi generano gravi ostacoli nella vitale lotta al cambiamento climatico – ha spiegato Edoardo Nevola, responsabile Foreste al WWF Italia – è indispensabile prestare attenzione a ciò che consumiamo anche se viviamo in paesi dove la deforestazione è trascurabile. La cosiddetta "deforestazione incorporata", ovvero derivante dalla produzione di beni consumati in altri Paesi, contribuisce infatti a quasi l’80% della deforestazione mondiale, e parte di questa riguarda anche proprio i mercati alimentari dell’industria italiana».

L’Amazzonia sempre più a rischio

Ad essere maggiormente a rischio è la foresta amazzonica: negli ultimi 50 anni è stato convertito in coltivazioni o pascoli ben il 17% della sua superficie, pari a due volte l’Italia. Se questo fenomeno arrivasse a colpire il 20-25% dell’Amazzonia, la foresta potrebbe non essere più in grado di sopravvivere, trasformandosi in una savana arbustiva nel giro di pochi decenni.

Nonostante questo, negli ultimi anni la tendenza non sembra migliorare: nel 2022 i disturbi forestali nella regione pan-amazzonica sono aumentati del 14,9% rispetto al 2021. La distruzione di questa preziosa foresta, nota come “polmone verde del pianeta” sta avendo un impatto devastante anche sulla lotta alla crisi climatica globale. Eppure si tratta di un ecosistema importantissimo per la nostra sopravvivenza grazie alle ingenti quantità di gas serra che è in grado di assorbire dall’atmosfera ogni anno, da sola immagazzina oltre 75 miliardi di tonnellate di carbonio, il totale nelle foreste mondiali è 662 miliardi di tonnellate. Nella lotta al riscaldamento globale, perdere l'Amazzonia significherebbe perdere.

Il primato dei Paesi UE

Anche i cittadini italiani ed europei sono responsabili di questo fenomeno. L’Unione europea e l’Italia sono infatti tra i maggiori importatori di diversi prodotti causa di deforestazione quali caffè, carne, olio di palma e latticini, rendendo l'Ue responsabile del 16% della deforestazione globale associata al commercio internazionale di materie prime, secondo più grande importatore al mondo di deforestazione dopo la Cina. I soli consumi dei cittadini italiani causano ogni anno 36.000 ettari di foreste distrutte, due volte la città di Milano.

«Il ruolo di noi consumatori – ha ricordato Nevola – è centrale e solo utilizzando maggiore attenzione e responsabilità possiamo dare un contributo sostanziale, con un solo gesto, alla salute di questi ecosistemi, del clima e nostra: un modo è ad esempio informarsi tramite le etichette dei prodotti che vengono comprati per verificare la presenza di eventuali certificazioni e quindi capire se un prodotto proviene da foreste gestite responsabilmente».

Una prima misura atta a ridurre significativamente l’impronta ecologica del commercio internazionale è il nuovo Regolamento europeo contro la deforestazione. Il regolamento riguarda 7 prodotti (soia, olio di palma, carne bovina, caffè, prodotti legnosi, prodotti stampati e la gomma) e i loro derivati che dal 30 dicembre 2024 potranno entrare sul mercato europeo solamente se le aziende saranno in grado di dimostrare che non sono causa di deforestazione.

Ciò cambia le regole dei consumi in Ue: renderà obbligatori una serie di controlli annuali tramite la cosiddetta due-diligence per la quale le aziende importatrici dovranno tracciare i prodotti fino al luogo di produzione e tutte le fasi della catena di approvvigionamento.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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