In Sicilia sono 21.500 i cani nei canili a fronte di 14mila posti effettivi secondo i dati ufficiali forniti dall'assessorato regionale alla Salute. Un esubero importante che dà la misura della necessità di riformare l'approccio sul territorio nei confronti di tante tipologie di cani con storie diverse alle spalle – cani liberi, cani padronali, cani semi ferali e cani abbandonati – che puntualmente vengono tutti racchiusi sotto il cappello della parola "randagismo".
Per riformare il sistema regionale che si occupa di tutte queste diverse realtà, il 13 luglio scorso l'Assemblea regionale della Sicilia (Ars) ha dato l'ok alla nuova legge sul randagismo. «Si tratta di un fenomeno che costa alla Sicilia oltre 25 milioni di euro l’anno – riferisce a Kodami Giovanni Giacobbe Giacobbe che ha lavorato al testo in qualità di consulente dell'Assemblea siciliana – E stiamo parlando delle sole spese vive, connesse al mantenimento quotidiano degli animali nelle strutture, alle quali vanno sommati tutti i costi di gestione straordinaria».
Giacobbe si occupa da oltre trent'anni della relazione uomo-cane. Nel corso della sua carriera è stato consigliere di collegamento tra il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e l’Enci, e ha presenziato in qualità di esperto al tavolo tecnico sul randagismo del Ministero della Salute.
La nuova legge sul randagismo, prima di giungere all'approvazione unanime del Parlamento isolano, è passata attraverso una lunga fase di dibattito all'interno di una apposita Commissione istituita dall'Ars. «Il legislatore ha il compito di mediare esigenze diverse e non per accontentare o scontentare qualcuno ma con lo scopo di regolare al meglio un fenomeno complesso come quello del randagismo – spiega Giacobbe – Per giungere alla legge approvata dall'Ars è stato necessario un lungo lavoro di ascolto nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nella tutela degli animali: medici veterinari, esponenti dell'Istituto zooprofilattico della Sicilia, commissari dell'assessorato alla Salute, associazioni. Un'attività di concertazione molto complessa proprio per la poliedricità del settore».
Il testo licenziato dall'Aula siciliana, che Kodami ha visionato ma che non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, può contare su una serie di strumenti finanziari ideati dai parlamentari e dagli esperti siciliani allo scopo di colmare le profonde carenze strutturali dell'isola. Il suo scopo, per i promotori però va ben oltre: bilanciare un vuoto normativo lasciato dal legislatore nazionale dopo la Legge Quadro 281 del 1991 “in materia di animali d’affezione e di prevenzione del randagismo”.
«Si è voluto lanciare un segnale – dice Giacobbe – Chiediamo di mettere da parte il mero assistenzialismo in favore di progetti che favoriscano l'emersione delle realtà virtuose e ci proponiamo di sopperire alle mancanze lasciate dalla legge statale negli anni Novanta».
Il primo segnale di questo lavoro è stato riscontrato nella necessità di una totale trasparenza che è stata identificata nell'istituzione di una banca dati regionale del Dna connessa con l’anagrafe degli animali d’affezione.
Banca dati regionale del Dna: cosa è e a cosa serve
La Banca dati regionale del Dna sarà attuata attraverso un progetto quinquennale che porterà a campionare i profili genetici delle cagne non sterilizzate. «Si tratta di un provvedimento pensato per sopperire al vuoto lasciato dalla Legge 349 del 1993 – commenta Giacobbe – una delle concause alla base del randagismo in Sicilia e nel resto d'Italia».
La legge cui fa riferimento Giacobbe è intitolata "Norme in materia di attività cinotecnica" in cui l'allevamento viene considerato a tutti gli effetti un’attività imprenditoriale agricola solo in presenza di parametri specifici. Nella pratica a distinguere allevamenti amatoriali e professionali è il numero di animali: si parla di attività professionale quando comprende almeno 5 fattrici, le quali annualmente producono non meno di 30 cuccioli.
«Il vuoto normativo riguarda tutto ciò che c'è sotto questi numeri – sottolinea Giacobbe – Ciò dà la possibilità a moltissimi di allevare cani senza controllo. Per disciplinare questa pratica è stata pensata la Banca dati del Dna. Una volta conferito il campione per la tipizzazione della cagna femmina non sterilizzata si dovrà essere accorti nella gestione della stessa e dei suoi cuccioli».
Un provvedimento che si propone anche di scoraggiare le cucciolate casalinghe: «Non si potrà più abbandonare i neonati per strada, perché la tipizzazione, anche del cucciolo morto, consentirà di arrivare alla madre e al suo umano di riferimento, con annessa denuncia per maltrattamento e abbandono».
Uno strumento già in uso all'interno di amministrazioni locali come Bolzano e Atrani per rintracciare coloro che abbandonano le deizioni dei propri animali, ma che non era ancora mai stato esteso a livello regionale con gli scopi indicati dall'Ars.
«La visione dell'intero provvedimento è però olistica – aggiunge Giacobbe – Si tratta di misure d'insieme che vanno tutte nella stessa direzione: risolvere i problemi fondamentali alla base del randagismo». E per farlo, non può mancare una dotazione economico-finanziaria.
Il contributo di solidarietà e sanzioni
Tra le misure di finanziamento della legge è stato disposto un contributo di solidarietà da versare al momento dell'iscrizione del cane all'anagrafe canina, variabile a seconda del numero di cani iscritti, che arriverà direttamente nelle tasse dei Comuni isolani.
Oltre al contributo di solidarietà, anche le sanzioni andranno alle casse dei Comuni che le hanno emesse, vincolate a un capitolo di bilancio specifico per il randagismo.
«Quando le sanzioni pervenivano alla Regione c'era minor proposito di distrarre il personale di Polizia municipale dalle attività consuete, adesso invece ci sarà uno stimolo in più a fare controlli – commenta il consulente dell'Ars – Spessissimo la motivazione alla base dell'inattività delle amministrazioni locali nella gestione degli animali risiede nelle difficoltà finanziarie in cui versano. Da adesso invece non sarà più possibile usare questa motivazione perché potranno contare sul contributo di solidarietà».
Il contributo di solidarietà consentirà ai Comuni anche di destinare strutture alla sterilizzazione, alla microchippatura, e alla degenza post operatoria degli animali.
Associazioni e volontari: apertura dell'Albo regionale e riconoscimento di microcanili
Le amministrazioni locali sono chiamate a partecipare attivamente per la gestione del randagismo, ma la legge riconosce anche il supporto ormai irrinunciabile fornito dalle associazioni di protezione animale che operano sul territorio.
Si tratta di realtà di dimensioni spesso molto ridotte che vivono esclusivamente dell'opera dei volontari. La Regione allo scopo di riconoscerne il lavoro, e contemporaneamente censirlo, ha previsto l'istituzione di case famiglie per animali, che potranno ospitare fino a 10 cani; e di microcanili, che potranno ospitarne fino a 20. A queste potrà essere corrisposto un rimborso per l’acquisto di cibo, farmaci e spese veterinarie, e per contro saranno monitorate dalle Asp locali.
«Il controllo del fenomeno del randagismo avviene attraverso tanti strumenti, uno di questi è l'emersione di realtà che oggi lavorano in un vero sottobosco – sottolinea Giacobbe – Su 391 Comuni siciliani, molti contano appena 2-3mila abitanti, una Casa famiglia per cani che possa farsi carico di animali non adottabili o che non possono essere reimmessi sul territorio, in simili contesti già esiste e non è sostituibile. Inoltre, è un modo per scoraggiare i fenomeni sommersi che come troppe volte accade in Italia esistono anche nel settore della cinofilia».
Nuovi rifugi sanitari e Pronto soccorso animale
Tre milioni e mezzo di euro sono stati stanziati poi per la costruzione di nuovi rifugi sanitari in tutte le Province della Sicilia, attraverso un finanziamento che arriva dalla riprogrammazione del Fondo di sviluppo e coesione.
Un modo per colmare i profondi gap strutturali dell'isola. «Messina è la provincia siciliana con il maggior numero di Comuni, ne conta in tutto 108, ma non dispone di strutture pubbliche per il pronto soccorso degli animali», ricorda il consulente dell'Ars.
Un amaro paradosso che lascia il cittadino abbandonato a se stesso nel momento in cui si trova a soccorrere un animale ferito. «Esiste già una legge che stabilisce che le operazioni di pronto soccorso dei cani vaganti o randagi vengano effettuate dall'Asp locale, ma nella pratica non avviene in ragione della mancanza di strutture adeguate. Adesso il rimpallo di responsabilità tra aziende sanitarie confinanti non sarà più una strada percorribile».
Certificazione per cani valutati aggressivi
Tra i provvedimenti della nuova normativa siciliana ce ne è anche uno che estende il raggio d'azione agli animali di famiglia: la Certificazione per i cani ritenuti a rischio di aggressività.
Sarà compito delle Asp valutare la possibilità di far compiere al binomio uomo-cane un corso per aiutare le persone nella gestione degli animali che hanno avuto episodi considerati come comportamenti aggressivi. La segnalazione all'Asp può arrivare direttamente dai medici veterinari o d'ufficio. «Ma – sottolinea Giacobbe – sarà compito dell'assessorato alla Salute stabilire con successivo decreto le modalità in cui avverrà il corso e la valutazione».
E sul rischio di stigmatizzare alcune razze, il consulente commenta: «Sarebbe radicalmente antiscientifico ascrivere ad una razza il canone dell'aggressività. Il provvedimento è pensato per cani con tratti fortemente disfunzionali o che hanno avuto comportamenti di aggressione inter o intraspecifici. Il patentino dovrà sancire la capacità del conduttore di contenere questi tratti del cane, un modo per responsabilizzare le persone che per poca educazione civica e cinofila si trovano a gestire animali di cui ignorano l'etologia».
Obbligo di bottiglietta per sciacquare la pipì dei cani
Tra le novità presenti nella nuova legge, una ha destato particolare clamore già durante la fase di stesura del ddl, quella relativa all'obbligo di portare con sé una bottiglietta per pulire la pipì del cane per strada.
«La coesistenza tra uomo e animale deve avvenire nel rispetto e l'amore per gli animali non appartiene a tutti. Questo provvedimento è stato pensato anche per non esacerbare tensioni sociali – spiega Giacobbe – E' ovvio che non si deve sciacquare se il cane fa pipì su un albero, ma solo se sporca il lucchetto di un esercizio commerciale o la porta di casa di una famiglia che abita al piano terra. Tutti provano a non fare succedere questi episodi, ma quando avvengono si è chiamati a trovare una soluzione».
Tensioni di cui fanno le spese principalmente gli animali stessi, incolpevoli per l'inciviltà dei loro umani. «Le violenze nei confronti degli animali avvengono, purtroppo, ed è un fenomeno che in Sicilia esiste. Davanti a questo il legislatore regionale agisce dove può e in questo caso lo ha fatto portando l'attenzione di tutti sull'educazione civica-cinofila».
Legge dell'Ars e Riforma costituzionale: scontro di competenze
La nuova legge regionale sul randagismo arriva nello stesso anno della riforma che ha introdotto la tutela degli animali in Costituzione. Un legame temporale che appare troppo stretto per essere casuale, eppure l'ipotesi di un legame ideologico tra questi due momenti storici è decisamente rifiutata dal consulente dell'Ars: «Poteva essere una legge ancora più completa, ma la riforma costituzionale per come è stata formulata pone un paletto insuperabile proprio nel testo dell'articolo 9».
Giacobbe si riferisce al passaggio del dettato costituzionale che avoca alla legge dello Stato «i modi e le forme di tutela degli animali», e secondo l'esperto una simile previsione su talune materie apre al rischio di impugnative e ricorsi. «Volevamo vietare l'uso della catena, dei collari elettrici e con le punte – dice Giacobbe – Non lo abbiamo fatto perché la riforma rimette nelle mani dello Stato la previsione di divieti in materia di animali. Il legislatore può promulgare norme di competenza statale, ma il rischio di impugnativa è troppo alto».
Il Parlamento siciliano, attraverso la previsione di nuove strutture rifugio, di Banche dati centralizzate e di un sistema di sanzioni rimesso nelle mani dei Comuni ha dato così una serie di atti d'indirizzo attraverso i quali reclama per sé l'autonomia di gestione in tema di animali.
Se le riforme strutturali messe nero su bianco dal Parlamento siciliano saranno davvero attuate con le forme sperate da Giacobbe è presto per dirlo. Tuttavia, attraverso la sua nuova legge la Sicilia ha reclamato la propria autonomia compiendo il primo passo per debellare alcune delle piaghe che affliggono la Regione, come il maltrattamento e l'uccisione di animali.
«La recrudescenza di atti criminali nei confronti degli animali non si lega solo al randagismo, ma a una profonda rabbia antisociale – conclude Giacobbe – Questo sentimento prospera in contesti di indigenza e si riversa anche sugli animali. In un simile contesto, è evidente che certe soluzioni sarebbero dovute essere prese dal legislatore nazionale, che però ha abdicato al suo ruolo lasciando un vuoto normativo che adesso stiamo andando a colmare».