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21 Maggio 2021
12:23

“Nuovi coronavirus dai cani potrebbero infettare l’uomo”: la verità sullo studio

Un nuovo coronavirus potrebbe essere passato dai cani all'uomo. Questa nuova scoperta ha ovviamente suscitato allarme e preoccupazione. Occorre quindi analizzare bene sia lo studio che i risultati. Chiariamo subito: non c' nessun motivo per avere paura, il riscontro di materiale genetico virale nei tessuti di un’altra specie di per sé non è sinonimo di malattia per cui non si sa ancora, come gli stessi autori dell’articolo chiariscono, se siamo di fronte ad un nuovo patogeno.

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Professore universitario di Fisiopatologia veterinaria
Articolo a cura del Prof. Giuseppe Borzacchiello
Medico Veterinario e Professore universitario, esperto di patologia animale
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Grosso allarme ha suscitato la pubblicazione di una scoperta scientifica a cura del gruppo di ricerca di Vlasova dell’Università dell’Ohio e pubblicato anche su Nature rispetto alla possibilità che un nuovo coronavirus abbia compiuto il salto di specie dall’animale all’uomo e attraverso dei cani. In tutto il mondo i coronavirus sono al centro dell’attenzione mediatica e non da quando è scoppiata la pandemia di COVID-19. Infatti, il nuovo coronavirus SARS-CoV-2, agente responsabile di una grave malattia respiratoria dell’uomo è sospettato essere il risultato di un salto di specie (spillover) dall’animale all’uomo. Non è la prima volta però che un coronavirus del genere beta compie spillover.

I coronavirus sono una famiglia di virus ben nota e studiata da anni, soprattutto dai virologi veterinari in quanto sono causa di malattia nei polli, bovini, suini, gatti e nei cani. In quest’ultima specie più sporadicamente causano infiammazione gastroenterica. Questi virus si caratterizzano perché spesso mutano, ovvero durante la loro replicazione casualmente avvengono degli errori per cui si modificano. Per fortuna, nella maggior parte dei casi queste mutazioni non hanno significato biologico.

Nuovo coronavirus dai cani agli uomini: come stanno davvero le cose

La scoperta scientifica dell’Università dell’Ohio è una notizia che in tempo di piena pandemia crea stupore e paura. Ma come stanno davvero le cose?

I ricercatori hanno approfondito uno studio già condotto in precedenza su alcuni abitanti di Sarawak (Malesia) affetti da polmonite. Su 301 persone solo in 8 (2,5%) il tampone aveva rivelato la presenza di genoma di coronavirus canino. L’approfondimento biomolecolare ha riscontrato in un solo caso su questi otto un coronavirus con caratteristiche miste tra quello del cane e del gatto appartenente al genere alfa coronavirus e nominato CCoV-HuPn-2018.

Attenzione: il riscontro di materiale genetico virale nei tessuti di un’altra specie di per sé non è sinonimo di malattia per cui non si sa ancora, come gli stessi autori dell’articolo chiariscono, se siamo di fronte ad un nuovo patogeno. Al momento non ci sono evidenze che supportano un nesso di causalità tra questo nuovo coronavirus e la polmonite né sappiamo se questo nuovo virus possa trasmettersi da uomo a uomo.

Nuovi coronavirus, i limiti dello studio

Un altro aspetto non trascurabile è che i pazienti esaminati vivevano in zone rurali a stretto contatto con cani e animali selvatici della giungla. Dunque, ancora una volta è anche la prossimità con le specie selvatiche e la carente igiene che favorirebbe il salto di specie.

In conclusione, questa scoperta certamente apre nuove frontiere di ricerca per capire se siamo di fronte all’ottavo coronavirus che infetta l’uomo ma al momento possiamo ragionevolmente continuare a convivere con i nostri amati cani e gatti senza paura che ci possano trasmettere un coronavirus qualunque esso sia.

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Giuseppe Borzacchiello
Professore universitario di Fisiopatologia veterinaria
Sono professore universitario di ruolo presso il Dipartimento di Medicina veterinaria e Produzioni animali dell’Università degli studi di Napoli Federico II e titolare della cattedra di Fisiopatologia degli animali domestici. Ho insegnato in diverse Università italiane, corsi di perfezionamento e master universitari. Appassionato di animali e di cani in particolare, mi occupo da oltre vent’anni di ricerca scientifica nel campo della patologia spontanea degli animali domestici e di tematiche inerenti l’oncologia comparata.
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