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10 Agosto 2024
10:52

Non usare il collare a strozzo: sono un’istruttrice cinofila e ti spiego perché

Il collare a strozzo, o “collare a scorrimento”, è solitamente formato da una catena che si infila ad un anello, come un cappio che stringe il collo dell’animale. Uno strumento che provoca dolore e che non dovresti mai usare anche per altri motivi.

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Il collare a strozzo, o anche detto “collare a scorrimento”, è uno strumento che si usa per il contenimento del cane e solitamente è una catena che si infila ad un anello, formando un cappio che stringe il collo dell’animale. Premettendo che in Italia è ancora consentito, a parte qualche amministrazione comunale che lo ha bandito (sebbene vi siano ancora eccezioni concesse) come Milano, Roma e Bergamo, ti spiegherò perché è uno strumento coercitivo che fa non solo del male psicofisico al tuo cane ma che ti illude di avere il “comando” della situazione quanto tutto ciò che comporta è solo che quello che dovresti considerare il tuo miglior amico, se non compie più i comportamenti che per te erano indesiderati, lo fa solo perché è inibito dalla costrizione.

Prima di andare a fondo nell’argomento, anticipo una questione che viene sempre sollevata su questo tema da chi invece continua a ritenerlo uno "strumento fondamentale” nell’addestramento: «Esistono studi scientifici in merito che ne attestano la pericolosità?». Non abbastanza, purtroppo, o comunque non definitivi a cui, comunque, in questo articolo farò riferimento per almeno far comprendere che comporta dei danni al corpo e alla psiche del cane.

Però, la risposta più corretta dal mio punto di vista a questa provocazione da parte di chi usa il collare a scorrimento nei confronti di chi non lo fa rimane solo una: non c’è bisogno della scienza per oggettivamente ammettere che indirizzare un comportamento attraverso l’uso di uno strumento che provoca coercizione non è la soluzione di un problema ma è l’inibizione di un soggetto sottoposto a una vessazione. Tradotto: se tu fossi costretto a fare qualcosa, altrimenti verresti punito sistematicamente e non hai altre alternative, cosa faresti? A ognuno la risposta, pregandovi di provare a calarvi davvero nella situazione prima di darla.

Cos'è il collare a strozzo

Il collare a scorrimento, o “a strozzo”, è un cappio. Viene messo intorno al collo dell’animale e quando il cane tira, la catena (o la corda o il collare in pelle: c’è di varie tipologie) stringe, causando mancanza d’aria e provocando dolore all’animale. Il funzionamento, dunque, è molto semplice ed è formato da una parte scorrevole che è inserita in due anelli di cui uno è mobile e sull’altro si attacca il guinzaglio. Esiste anche la versione chiamata “semi strozzo” che è praticamente identica ma, avendo una parte fissa in pelle o altro tessuto, fa sì che l’effetto dello strozzamento sia meno incisivo, bloccando lo scorrimento fino all’inizio della parte aggiunta alla catena.

Secondo un articolo su World History, l’origine di questo tipo di collari risale addirittura all’antica Grecia ma in tempi moderni è stato brevettato negli Stati Uniti nel 1950 da Louis S. Elsinger di cui poco si trova sul Web, sebbene su Amazon Usa venga venduta la riproduzione della domanda per l’ottenimento del copyright e ciò mi fa riflettere su quanti appassionati del “comando” ci siano ancora in giro.

Sin dal principio, comunque, è uno strumento che è stato concepito e creato per fini addestrativi conoscendo i danni che può apportare, tanto che anche l’inventore precisava nella descrizione dello strumento che: «è un collare a strozzo migliorato, caratterizzato da mezzi per mantenere l'anello di collegamento in condizioni piatte rispetto al collo del cane in ogni momento, indipendentemente dalla pressione esercitata sul collare a strozzo, al fine di prevenire lesioni all'animale».

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Cosa dice la legge

Non esiste una normativa nazionale che vieti l’uso del collare a strozzo. Questo strumento, ed altri che causano parimenti danni al cane come il collare elettrico o quello con le punte, sono infatti in vendita sia nei negozi fisici che sulle piattaforme commerciali online. Nel corso degli ultimi anni, però, è cresciuta la sensibilità delle amministrazioni pubbliche che hanno iniziato a mettere al bando il collare a strozzo.

In particolare il Comune di Milano ha modificato nel 2020 il Regolamento per il Benessere e la tutela degli animali inserendo questo passaggio: «È vietato l’utilizzo del collare a strozzo, detto anche a scorrimento completo», sebbene il capoluogo meneghino abbia comunque lasciato come ipotesi «fatta salva la necessità di utilizzo nei casi di adempimento di un dovere (per es. forze dell’ordine, soccorso)». C’è da aggiungere che fino all’ultimo nell’aula consiliare si è svolta una vera e propria “guerra culturale” sostenuta da politici vicini al mondo dell’addestramento classico perché non passasse questa nuova formulazione.

Sempre in Lombardia, prima di Milano, nel 2017 era stata l’amministrazione comunale di Bergamo a segnare il cammino con il divieto di utilizzo dello strangolo inserito al punto 8 dell'Articolo 9, dedicato alle ipotesi di maltrattamento degli animali, a cui recentemente si erano opposti i membri dell’A.T.A.A.C.I (Associazione Tutela Allevamento Addestramento Cinofilo Italiano) con un ricorso al TAR. Questi signori, però, si sono visti bocciare la loro pretesa di continuare ad utilizzare lo strumento con la sentenza 813/2022, del 30 agosto 2022.

Anche nella Capitale, per fare un ultimo esempio, è fatto divieto di utilizzo di collari a strozzo o altre tipologie che provocano dolore all’animale nel Regolamento sul Benessere animale all’articolo 27. 

Leggi a parte, ci sono giudici chiamati a interpretarle in base agli eventi e a calarle nella realtà quotidiana. La giurisprudenza, in questo senso, si sta dimostrando sempre più attenta a come viene usato il collare a strozzo e a punire chi provoca danni ai cani rientrando nell’alveo dell’articolo 727 del Codice Penale i cui si configura un vero e proprio reato che viene punito qualora si verifichi questa fattispecie: «qualsiasi forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull'integrità psicofisica dell'animale». Qualora dunque il cane sia stato sottoposto a vessazioni con un collare a strozzo, chi lo ha fatto rischia una pena da 1.000 a 10.000 euro o addirittura l'arresto.

Fuori dai confini nazionali nel febbraio del 2023 in Francia è stato approvato un Disegno di Legge che vieta l’utilizzo di collari elettrici, “a strozzo” nonché la pubblicità e gli annunci di vendita di questi strumenti. Chi li usa rischia una multa da 750 euro, mentre se a farlo è un professionista cinofilo ben 3.750.

I danni del collare a strozzo

Veniamo al punto più delicato in cui la guerra culturale su “meglio pettorina o collare” fa cadere nella trappola dell’interpretazione degli studi scientifici come “arma” per vincere e imporre la propria idea di come vanno addestrati o educati i cani. Poi è bene sottolineare che qui non si sta facendo una comparazione tra un collare "normale" e una pettorina, ma si sta parlando specificamente dello strozzo.

Ci sono studi scientifici che definitivamente analizzano gli effetti fisici e psicologici che il collare a strozzo provoca ai cani? Prima di scrivere questo articolo e anche tutti quelli che su questo tema abbiamo pubblicato su Kodami, chiaramente, ci siamo documentati scoprendo che in Rete la scarsità di dati certi è un cavallo di battaglia molto usato dagli addestratori coercitivi che sminuiscono le ricerche scientifiche dicendo che sono solo "casi" e che poco c'è "di certo" invece sui danni che causano le pettorine.

La verità è che la letteratura scientifica in tal senso chiarisce i danni ma non ci sono studi comparativi come chiedono gli addestratori ma il motivo è molto banale ed è stato spiegato molto bene dalla veterinaria esperta in comportamento Eva Ricci in un articolo molto interessante che vi invito a leggere in cui specifica: «Oggigiorno non è possibile effettuare studi sperimentali sottoponendo appositamente i cani a punizioni fisiche. Studi del genere non sarebbero accettati dai comitati etici delle università e dei centri di ricerca».

Detto ciò, c'è una considerazione sopra di tutte da fare e da cui partire, ovvero che esiste un dato empirico da mettere in evidenza, come scrivevo all’inizio di questa lunga riflessione: il collare a scorrimento costringe un soggetto ad ubbidire perché è sottoposto a uno strangolamento. Questo è un dato di fatto, non una opinione.

Chiedo dunque a chi legge di fare lo sforzo di non attaccarsi a dogmi ma a pensarci: se strozzi un cane, tu pensi davvero che così risolvi il suo “problema comportamentale”? Ecco qui una buona domanda da fare a chi vi dice che sa come "aggiustarvi il cane".

Ritornando agli studi, tra quelli che vengono spesso citati ce n'è uno del 2020 intitolato “Analisi post mortem delle lesioni da impiccagione incompleta nel cane (Canis familiaris) attraverso radiografie e necroscopia forense”. Un team di ricercatori del “Comparative Pathology Laboratory” della Scuola di Medicina Veterinaria e Scienze Animali di San Paolo, in Brasile, come si può già evincere dal titolo, ha deciso di utilizzare la radiologia forense, attraverso esami necroscopici e radiografici, per ottenere informazioni chiare sul dato di fatto che un cane con un cappio al collo può morire di asfissia.

Sembra banale doverlo addirittura accertare attraverso un’analisi post mortem, ma questo studio è un punto di partenza per poter affermare che, nel caso studiato, un cane che era stato abbandonato legato con un cappio al collo è morto a causa della frattura dell'osso ioide, sede d'ancoraggio per i muscoli che permettono i movimenti di lingua, faringe e laringe, causata dalla costrizione del collo da parte della corda. A tal riguardo precisano i ricercatori: «Un'impiccagione avviene quando si verifica una costrizione del collo causata da una corda tirata dal peso del corpo della vittima, ed è possibile che la vittima muoia anche se rimane a terra, in quella che viene chiamata impiccagione incompleta».

La letteratura scientifica poi già da anni si è interrogata, e ha dato risposte, sugli effetti a livello fisico e psicologico che causa il collare a strozzo. Andando indietro nel tempo ecco uno studio del 2013 dal titolo: “Pastore tedesco con grave danno cerebrale dopo aver subito la tecnica di addestramento punitivo con collare a catena”.

I detrattori di questo studio tendono a dire che in realtà è stato analizzato un caso singolo in cui “l’imputato” è chi ha usato lo strumento, non quest’ultimo in quanto tale. E’ un’affermazione corretta, evidentemente, ma ciò non toglie che rende chiaramente l’idea che il collare a strozzo messo in mano a tutti, come è possibile fare in Italia ancora, provoca un danno tale che può portare anche alla morte, come in questo caso che – isolato o meno che sia – risulta essere molto emblematico.

I ricercatori del Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie e Clinica per Piccoli Animali dell’Università Justus Liebig-University di Francoforte, del resto, non avranno perso tempo su un singolo episodio perché non avevano altro da fare, ma riportare l’attenzione su un accadimento specifico serve proprio per dimostrare quanto sia facilmente replicabile.

Nell’articolo scientifico descrivono le caratteristiche del grave danno cerebrale ischemico avvenuto a un Pastore Tedesco dopo lo strangolamento da parte della persona di riferimento. «Il cane aveva 1 anno – scrivono gli esperti – ed era stato tenuto con il collare a strozzo sollevato da terra durante l'addestramento. All'inizio, il cane si è comportato normalmente, ma è diventato sempre più atassico e ha iniziato a girare a sinistra e ha mostrato una ridotta coscienza». L'esame neurologico ha poi rivelato «grave disorientamento, pleurototono laterale sinistro e giri a sinistra. I risultati neurologici erano coerenti con una lesione cerebrale multifocale». Attraverso la risonanza magnetica è stato poi evidenziato un «grave edema cerebrale derivante da ischemia. A causa della gravità delle caratteristiche cliniche, il cane è stato successivamente soppresso».

Sul tema “sollevamento del cane da terra”, poi, onestà intellettuale vuole anche che si dica chiaramente qui su Kodami, e non solo nei post che girano sulle bacheche di addestratori Versus educatori che si rimbalzano accuse, che sono tantissimi ancora i sedicenti dog trainer che “lavorano” così in campo, di fronte a persone di riferimento dei cani che – sempre di più, per fortuna – inorridiscono a vedere come sono trattati i cani con tecniche obsolete e violente, portando via i loro compagni di vita alla ricerca di esperti che riescano a non passare attraverso la coercizione per raggiungere risultati.

C'è da mettere in evidenza, però, che mancano le denunce. E' un altro tema su cui ci spendiamo tantissimo su Kodami e che, ogni volta che ci arrivano segnalazioni, consigliamo di fare alle persone: denunciate la violenza a cui avete assistito. Fin quando non vi sarà da parte proprio delle persone la consapevolezza che si tratta di maltrattamento vero e proprio, continueranno ad esserci centri cinofili dove i cani vengono messi in situazioni di disagio se non, appunto, di violenza fisica e morale.

Potrei citare altri studi che vengono sminuiti da chi professa che il collare a scorrimento non provoca danni fisici sul cane ma li abbiamo già descritti su Kodami. Ne riporto uno, invece, che riguarda l’aspetto anche psicologico e che ci consente di uscire dall’equivoco dell’interpretazione. L’uso della coercizione, in qualsiasi maniera venga messo in pratica, porta i cani a elevati livelli di stress, stati di tensione e di depressione. È stato certificato dai ricercatori e basta leggere questo paper pubblicato su Plos.one o anche solo apprezzare che era il 2019 quando lo studio è emerso e anche l’Ansa, prima agenzia di stampa italiana, aveva dato risalto alla notizia.

Le alternative al collare a strozzo

Una sola è l'alternativa: costruire una relazione con il cane che vive con te. E per quelli che "e se non obbediscono?" o, peggio, "e per quelli morsicatori e pericolosi cosa fai, li imbottisci di psicofarmaci?". Beh, queste due domande non sono messe a caso in questo articolo perché si leggono spessissimo nei commenti quando si solleva la discussione sul mettere a bando strumenti come il collare a scorrimento.

Chi infatti sposa un approccio cognitivo zooantropologico dagli "avversatori" viene tacciato minimo di essere un "gentilista" (parere basato sull'ignoranza di non conoscere la storia della cinofilia e le varie tecniche, metodi e teorie) e fino ad arrivare a voler fare credere a chi legge che chi non usa strumenti coercitivi mette sotto farmaco i cani, altrimenti non recuperabili.

Dunque, pur dovendo purtroppo sottolineare che c'è incompetenza anche nel mondo della cinofilia più moderna e lontana dalla coercizione, ciò che è importante mettere in luce è che passare attraverso la relazione vuol proprio dire non mettere barriere tra il cane e l'uomo, che siano strumenti fisici o appunto medicine date a caso senza che vi sia la necessità davvero di farlo. Cosa, quest'ultima, che solo un veterinario esperto in comportamento può stabilire e non di certo un istruttore, figuriamoci quindi un addestratore coercitivo quanto ne può sapere al riguardo.

Fare un elenco di consigli per evitare l'uso del collare a strozzo a fronte di una serie di attività da compiere, infine, come a volte vediamo sui siti che regalano "soluzioni a buon mercato" è del tutto scorretto e banalizzante proprio di quella parola che è la chiave di tutto: la relazione. Questo perché ogni binomio è unico e all'interno di un sistema famiglia – cane compreso – ognuno ha la sua personalità, le sue emozioni e cognizioni che determinano la situazione per cui ci si rivolge poi ad un esperto.

Ognuno gioca il suo ruolo, praticamente, e quello del cane deve essere valutato allo stesso modo in cui lo si farà per ogni membro del nucleo sociale in cui l'animale è calato. E se hai questa idea del tuo compagno di vita, semplicemente non puoi proprio accettare che subisca del dolore da parte di nessuno. Nemmeno e prima di tutto da te.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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