I canguri, tra gli animali simbolo dell'Australia, sono prevalentemente riconosciuti per essere degli ottimi saltatori. Gli scienziati dell'Università di Bristol e dell'Università di Uppsala hanno destato particolare interesse sulla specie a seguito di una pubblicazione che dimostra come gli antenati degli animali moderni non erano in realtà dei buoni saltatori ma degli ottimi corridori.
La notizia è uscita sull'Australasian Journal of Paleontology e per quanto sta suscitando delle critiche in patria ha ottenuto molta curiosità nei biologi evoluzionisti, maggiormente interessati a comprendere il processo che ha portato le antiche specie ad adattarsi alle varie forme di movimento.
«Non vedo cosa ci sia di così strano in un canguro che corre invece di saltare – ha affermato Benjamin P. Kear, uno degli autori dell'articolo e curatore della collezione di vertebrati del museo dell'evoluzione di Uppsala – Anche i canguri in passato hanno dovuto imparare a farlo».
All'interno del loro studio gli esperti hanno preso in considerazione diverse specie fossili – tra cui wallaby, canguri arboricoli, canguri ratto e canguro giganti – tentando di studiarne l'evoluzione e secondo il report non tutte le specie erano in grado di muoversi saltando per chilometri ed in taluni casi esistevano dei modi diversi per spostarsi efficacemente in un territorio per la maggior parte ostile.
Molte specie infatti erano prevalentemente dei buoni corridori e si spostavano in gruppo da un capo all'altro dell'isola in un movimento bipede che stranamente ricordava molto quello dell'uomo, assicurano i ricercatori. Le leve infatti delle gambe degli antichi canguri si piegavano posteriormente come accade per le ginocchia umane e non anteriormente come avviene oggi osservando gli struzzi. Correre inoltre permetteva a questi animali di percorrere maggiori distanze in minor tempo rispetto all'andatura delle specie moderne. Per quale ragione però i canguri hanno cambiato stile, passando dalla corsa classica al "saltarello rapido" di oggi?
Nel tentativo di rispondere questa domanda, gli scienziati inglesi e norvegesi hanno deciso di studiare attentamente la struttura ossea delle gambe delle antiche specie confrontandole con le ossa delle specie attuali. E dopo aver effettuato le prime scansioni si sono resi subito conto che le ossa delle specie estinte non disponevano neppure di una delle caratteristiche che rendono quelle moderne perfettamente adattate al salto: erano infatti più corte, pesanti e resistenti.
L'autrice principale dell'articolo, la professoressa Christine Janis della School of Earth Sciences di Bristol, proprio su questo ha spiegato: «Vogliamo che le persone comprendano e apprezzino perché i grandi canguri del passato erano molto diversi rispetto alle forme attuali fino a 50.000 anni fa, visto che probabilmente l'habitat dell'epoca era piuttosto diverso rispetto all'attuale». A spingere alcuni canguri a modificare il movimento a partire dal Miocene fu quindi la complessità dello stesso ambiente australiano che all'epoca era molto più coperto al livello del suolo rispetto ad oggi e garantiva un maggior numero di risorse per le specie più grandi.
Il fatto è che muoversi attraverso il salto è energeticamente dispendioso e funzionalmente problematico quando si raggiungono certe dimensioni o si ottengono minori quantità di risorse. Spinti così dall'ambiente e dalle dimensioni a scegliere il metodo di locomozione più efficiente le specie più grosse o troppo piccole optarono per la corsa rispetto al salto, con le specie di medie dimensioni – che non superavano i 70 kg come le forme attuali – che continuarono a praticare il vecchio sistema di locomozione, essendo in perfetto equilibrio energetico fra risorse consumate e energia immagazzinata tramite la dieta.
Alcune specie inoltre, i cosiddetti protemnodonti o "wallaby giganti", avendo assunto dimensioni davvero ragguardevoli e superando i 160 kg di peso, furono così tanto spinti ad abbassare il loro baricentro durante la corsa che cominciarono a correre/balzare come dei quadrupedi per bilanciare l'eccessivo peso, spiegano i ricercatori, anche se erano ancora in grado di assumere una posizione eretta.
Cosa spinse però i canguri moderni a prendere il sopravvento rispetto ai loro cugini non in grado di saltellare? Qui il dibattito scientifico si fa complesso, poiché non esistono ancora dati sufficienti in grado di spiegare quello che accadde durante l'inizio del Pliocene e soprattutto la fine del Pleistocene. I canguri corridori infatti sembra che subirono delle forte pressioni ambientali a partire da 5 milioni di anni fa, un fenomeno che li ridusse notevolmente di numero e l'indebolì, fino a renderli predisposti all'estinzione con l'arrivo dell'uomo, avvenuto fra 60 e 50.000 anni fa.
Il professor Janis ritiene tra l'altro che parte della spiegazione della scomparsa di queste specie non debba risolversi esclusivamente con la classica teoria dell'uomo predatore o della povera specie vittima del clima. «Il presupposto che l'aumento dell'aridità in tutto il continente dopo la fine del Miocene abbia favorito selettivamente i canguri saltellanti per esempio è eccessivamente semplicistico. Essi infatti hanno convissuto per milioni di anni con i canguri corridori e ciò che rende i moderni canguri così insoliti è la loro sopravvivenza ad un'estinzione geologicamente recente che ha sterminato animali molto simili a loro».
La ricerca sembra quindi spingersi verso un'indagine approfondita delle cause che hanno portato alla progressiva scomparsa dei canguri corridori e una delle possibili opzioni che sembrano avere a disposizione gli scienziati è quella di costruire un modello digitale del sistema scheletrico di questi animali. Se tale modello infatti riuscisse a dimostrare empiricamente che le ultime specie comparse erano fin troppo lente ed energicamente non competitive, rispetto alle specie saltellanti, ciò potrebbe spiegare la loro scomparsa collegandola all'arrivo degli esseri umani e alla maggiore capacità dei canguri moderni di nutrirsi più velocemente dello stesso genere di risorse.