Secondo una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Frontiers, gli animali, e in particolare i cani, non vivrebbero in egual modo la sofferenza fisica. La loro razza potrebbe infatti garantirgli una maggiore o minore resistenza al dolore, a secondo anche del loro temperamento e della loro condizioni fisica. Ciò rappresenta un problema poiché il temperamento di un cane e il modo con cui reagisce alla presenza degli estranei può influenzare anche pesantemente il modo in cui i veterinari interpretano la loro sofferenza, lasciandoli qualche volta sprovvisti delle cure necessarie per garantirgli una corretta terapia del dolore.
I ricercatori stanno ancora cercando di capire cosa possa indurre un Maltese, per esempio, a risultare molto meno resiliente nei confronti della sofferenza rispetto a un Pitbull. «I veterinari ritengono di possedere una conoscenza abbastanza adeguata rispetto ai vari livelli di sofferenza degli animali, in modo da effettuare le giuste valutazioni. Tali giudizi però spesso sono in contrasto con le valutazioni dei vari pet mate e molto legate all'esperienza lavorativa di ciascun medico – afferma Margaret Gruen, professore associato di medicina comportamentale presso la North Carolina State University e tra i principali autori della ricerca – Quindi volevamo sapere, in primo luogo, se era possibile ottenere dei dati che potessero essere utilizzati da tutti gli esperti, a prescindere dalla loro esperienza. Se prendiamo per esempio 15 cani di 10 razze classificate con un'alta, media e bassa sensibilità al dolore e testiamo le loro soglie di sopportazione, vedremmo differenze e, in tal caso, sarebbero coerente con ciò che credono i veterinari ? O è possibile che queste opinioni siano solo il risultato della reattività emotiva e del comportamento di un cane mentre interagisce con un veterinario?».
Per rispondere a queste domande e capire quali fossero le vere differenze fra le diverse varietà di animali, in rapporto ai loro livelli di tolleranza, i ricercatori hanno allora esaminato 149 cani adulti in salute, appartenenti a 10 razze diverse, precedentemente valutate dai veterinari come aventi un alta sensibilità al dolore, è il caso di Chihuahua, Pastore Tedesco, Maltese, Siberian Husky; sopportazione media per Border Collie, Boston Terrier, Jack Russell Terrier; o bassa sensibilità, come nei Golden Retriever, Pitbull, Labrador Retriever. Una volta ottenute queste informazioni i ricercatori hanno impiegato i metodi della medicina clinica umana per scovare eventuali incongruenze tra la realtà clinica e il resoconto fornito dai veterinari.
«La reattività agli stimoli esterni è una misura comunemente usata nelle cliniche neurologiche e del dolore per gli esseri umani che raramente viene utilizzata in campo veterinario – ha affermato Duncan Lascelles, professore di ricerca sul dolore traslazionale presso NC State – Abbiamo quindi adattato queste misure per i cani e le abbiamo utilizzate in questo studio, poiché ritenevamo che i rapporti forniti dai veterinari non potessero essere soddisfacentemente corretti per comprendere lo stato di salute degli animali».
I test effettuati sulle diverse razze hanno avuto spesso degli esiti sorprendenti, secondo i ricercatori, ma al termine della fase sperimentale dello studio era ormai chiaro che non sempre i veterinari riuscivano a comprendere adeguatamente quale fosse il livello di sofferenza provato dagli animali. Hanno persino condotto due test di reattività emotiva per sapere come i cani reagivano a cose o a persone sconosciute, durante momenti stressanti come ad esempio una visita dal veterinario. E il risultato ha confermato che non sempre gli esseri umani riescono a comprendere in pieno ciò che accade nella mente dei cani.
Tra i risultati dalla ricerca, gli scienziati hanno per esempio scoperto che i cani di razza maltese tendono ad avere una sensibilità estremamente alta e una bassa tolleranza al dolore, rispetto a degli stimoli di pressione e temperatura. Questa scoperta quindi ha permesso agli esperti di capire perché, per molti veterinari di grande esperienza, i Maltesi sono tra le razze più complicate da gestire, poiché rispondono con estrema violenza – tramite l'abbaio, movimenti inconsulti e il tentativo di mordere le mani del proprio pet mate – alla vista di un ambulatorio veterinario, per poi risultare paralizzati dalla paura e lo stress al momento in cui comincia effettivamente una visita.
Tuttavia, anche i veterinari possono commettere degli sbagli. Nei casi dei Siberian Husky, infatti, quasi tutti gli esperti interpellati da Gruen e Lascelles ritenevano che questi animali fossero molto sensibili al dolore provocato dal calore o da una puntura, ma i risultati ottenuti dai test hanno collocato gli Husky nella fascia media di sopportazione, indicando che questi animali non fossero davvero così sensibili come ritenuto da molti.
«Questo studio è entusiasmante perché ci mostra che ci sono differenze biologiche nella sensibilità al dolore tra le razze – spiega Lascelles – Per decenni abbiamo guardato ai cani come se fossero tutti uguali. Come se praticare una puntura a un cane di grande taglia fosse simile ad un'iniezione a un Chihuahua, ma è palese ormai che non è così. Con i nuovi mezzi ora tuttavia possiamo iniziare a comprendere sul serio quali sono le peculiarità di ciascuna razza, cercando contemporaneamente quali sono le potenziali cause biologiche che spiegano le diverse tipologie di risposta al dolore e la variabilità del loro comportamento».
Strumenti utili che permetteranno agli scienziati di trattare le singole razze in modo più efficiente, soprattutto per combattere anche l'ansia provata da un cane quando si avvicina ad un ambulatorio veterinario, che spesso può comportare delle maggiori sofferenze negli animali o l'incremento stesso della sensibilità, per via dell'attivazione sistema nervoso simpatico. Quello che si accende in previsione di un attacco o della fuga.
«Ciò che risulta infatti terribile è che finora milioni di cani potrebbero anche aver vissuto delle brutte esperienze, senza che i veterinari abbiano compreso il loro vero stato di salute – conclude Gruen – Sapere che per esempio un cane in apparenza tranquillo in realtà potrebbe essere terrorizzato o che un esemplare che non emette guaiti sta in verità provando molto più dolore di quanto esso voglia ammettere, è una sottigliezza tecnica che permetterà da qui in avanti ai veterinari di somministrare i giusti dosaggi di antidolorifici, quanto anche prendersi maggiormente cura di quei esemplari che temono persino di finire sulla superficie di un semplice tavolo d'ambulatorio, migliorando complessivamente l'esperienza e l'eventuale recupero, fisico e mentale».