La Procura di Catanzaro ha presentato appello nei confronti della decisione del gup di ridurre significativamente la pena nei confronti di Pietro Rossomanno, il pastore che per aver lasciato i suoi 13 cani senza supervisione ha cagionato la morte della giovane Simona Cavallaro.
«Illogica e contraddittoria». È in questi termini che la Procura di Catanzaro ha definito la sentenza con la quale Rossomanno si è visto ridurre la pena da 15 a 3 anni di carcere per la morte di Simona Cavallaro, uccisa a Satriano a soli 20 anni da un gruppo di cani da pastore maremmani.
Il 46enne Rossomanno, secondo le ricostruzioni fornite dagli inquirenti a Kodami e accolte nell'impianto accusatorio della Procura, aveva lasciato da soli i cani a guardia del proprio gregge all'interno della Pineta Montefiorino di Satriano, cagionando così la morte della giovane. Un rischio che doveva essere stato previsto dal pastore, il quale aveva però deciso di non modificare il proprio comportamento.
Una ipotesi respinta dalla gup Sara Merlini che aveva invece riqualificato il reato da omicidio volontario a omicidio colposo, accogliendo le argomentazioni difensive dei legali di Rossomanno. Una decisione che non è andata giù alla pm Irene Crea che ha presentato appello.
La riduzione significativa della pena ha lasciato scontenta anche l'avvocata Valentina De Pasquale che nel procedimento civile rappresenta la madre e il fratello gemello della giovane vittima: «L'appello della Procura non ci sorprende – spiega a Kodami – perché ci sono tutti gli estremi perché possa essere riconosciuto l'omicidio volontario con dolo eventuale».
Si parla di omicidio volontario con dolo eventuale quando colui che pone in essere la condotta illecita ne accetta anche le conseguenze, ricorda l'avvocata: «Portare il gregge al pascolo con al seguito 12 cani soli può permettere di prefigurare l'evento che si potrà verificare, compresa la morte di una persona». È questo il rischio che Rossomanno ha implicitamente accettato quando ha scelto di non seguire il suo gregge mentre pascolava in un'area pic-nic aperta al pubblico.
Simona Cavallaro si trovava lì in compagnia di un amico proprio per organizzare una gita per la domenica successiva. Un evento felice che però non c'è stato e non ci sarà mai. Per motivi che forse non sarà mai possibile definire con certezza, i cani hanno ferito a morte la giovane che è deceduta sul posto. A nulla sono valsi i tentativi di richiamare l'attenzione del pastore: Rossomanno era troppo lontano per poter sentire le richieste di aiuto.
Abbiamo ricostruito quanto accaduto in una puntata de “L’ora blu”, la serie di video inchieste di Kodami, dal titolo "Satriano, analisi di una tragedia" con l'istruttore cinofilo Luca Spennacchio e la direttrice di Kodami Diana Letizia.
Ma non è tutto, perché Rossomanno era anche accusato anche introduzione e abbandono di animali e di invasione e occupazione abusiva di terreni, poiché secondo l'accusa aveva lasciato pascolare in sua assenza il gregge di ovini e il branco di cani al seguito su un terreno di proprietà del Comune di Satriano, che a sua volta si è costituito parte civile contro il pastore. La stessa abitazione di Rossomanno sorgeva su un terreno demaniale, e per questo è stata condannata a 8 mesi di reclusione anche la madre del pastore, Maria Procopio, di 69 anni, per invasione e occupazione abusiva di terreni.
Un contesto di assoluta illegalità del quale però il gup non ha tenuto conto, e che ha dato speranza a Rossomanno e Procopio di ottenere un nuovo sconto di pena. «Anche gli imputati hanno proposto un loro appello per avere una ulteriore concessione delle attenuanti generiche, sia Rossomano che la madre hanno chiesto l'assoluzione rispetto ad alcuni reati urbanistici», sottolinea De Pasquale.
Ancora non è stata fissata l'udienza in cui si discuteranno gli appelli, ma la famiglia Cavallaro non intende fare passi indietro: «Continueremo ad andare avanti in questo caso come parte civile sostenendo i motivi dell'impugnazione che ha proposto la Procura – conferma la legale – e cercheremo di sostenere la tesi del pubblico ministero».
Aperta resta anche la questione della responsabilità proprio in capo al Comune di Satriano e dell'Asp di Catanzaro, i due enti che avrebbero dovuto vigilare sulla condotta del pastore. Ne è convinta De Pasquale che parallelamente al procedimento in corso ha presentato un esposto contro i due enti: «Crediamo che oltre al pastore ci siano altre responsabilità. È stato consentito che questo avvenisse da chi sul territorio aveva un obbligo di vigilanza, sia per quanto riguarda il territorio, sia per la gestione degli animali. Doveva esserci una vigilanza più accurata che però non c'è stata».
Nel frattempo, però, una giovane è morta, e a due anni da quel tragico episodio nulla è cambiato. Come aveva confidato a Kodami il padre di Simona, Alfio Cavallaro: «Nella superficialità delle istituzioni si perde una figlia. Non penso che il pastore volesse causare la morte di un essere innocente, così come non lo volevano il Sindaco di Satriano, le Forze dell'Ordine, le Asl e i Vigili urbani. Nessuno voleva la morte di Simona. Ma la superficialità porta a queste tragedie».
Alfio ha raccontato dell'amore di Simona per la natura e per gli animali, del suo coraggio di ventenne, e ha anche mostrato un volto oscuro della sua Calabria, fatto di una gestione poco oculata del randagismo e dei fenomeni correlati, come i mancati controlli sui cani padronali delle campagne.
Si tratta di cani, simili a quelli di Rossomanno, che non vengono mai registrati né sterilizzati, ma trattati come veri e propri strumenti di lavoro dai pastori. Una bomba a orologeria che nel 2021 è scoppiata a Satriano, ma che domani potrebbe esplodere in uno dei tanti comuni del Catanzarese se le autorità preposte sul territorio non scelgono di intervenire per monitorare lo stato di salute degli animali e la loro situazione giuridica.
Proprio questa ambiguità rispetto al loro stato ha cagionato un fine pena mai per i cani di Satriano che da oltre due anni si trovano ancora in canile, senza la possibilità di avviare percorsi di recupero. Proprio come a tanti altri cani da pastore, anche loro non erano stati registrati da Rossomanno, ad eccezione di una femmina adulta. La microchippatura è stata quindi eseguita con una procedura di imperio da parte dell'Asp solo dopo la morte di Simona Cavallaro.
Il pastore, tuttavia, dopo aver compreso che la responsabilità sui cani equivaleva alla responsabilità dell'omicidio, ha negato che quegli animali fossero i suoi, escludendo di poterli dare in affido alle associazioni di tutela animale che negli anni hanno avanzato richiesta nei loro confronti.
Lo stesso Comune di Satriano, nella persona del sindaco Massimo Chiaravalloti, pur provvedendo al mantenimento degli animali in canile, non ha dato il via libera all'affido che gli era stato richiesto. Sollecitato da Kodami, il Primo cittadino si è trincerato nel silenzio: «Essendoci un procedimento penale in corso dove il Comune è costituito come parte civile, i miei legali consigliano di non rilasciare dichiarazioni che potrebbero essere travisate in queste situazioni».
Intanto, i 12 cani di Satriano restano gli unici condannati all'ergastolo, il pastore Rossomanno spera di ridurre ulteriormente i suoi tre anni di pena, e la situazione dei cani da pastore in Calabria continua a passare sotto traccia. Un fallimento per tutte le istituzioni coinvolte.