Tra due settimane i brasiliani eleggeranno il nuovo presidente tra Jair Bolsonaro, presidente uscente, e Luiz Inácio Lula da Silva. Chi vincerà giocherà un ruolo importante non solo sul destino dei cittadini ma anche su quello di ambiente e animali visto che il Paese sudamericano da solo produce circa 10 milioni di tonnellate di carne e ospita il 60% dell’area totale della foresta Amazzonica.
È risaputo che in quanto a interesse ecologico il presidente uscente non sia mai stato molto convincente, tanto che durante il suo Governo sono state approvate una serie di misure per deregolamentare il settore dell’agricoltura e indebolire le norme in vigore a tutela degli animali e dell’ambiente.
E proprio per restare in tema, giusto di recente, è stata presentata una legge per porre fine alle ispezioni governative all’interno dei macelli. cosa che, se approvata, lascerebbe all’industria della carne brasiliana la possibilità di non avere controlli esterni e dunque di decidere autonomamente come regolarsi all'interno degli allevamenti.
Una proposta di riforma che allarma gli animalisti di Animal Equality, visto che metterebbe in grave pericolo oltre 6 miliardi di animali, rendendoli più esposti ad abusi e crudeltà all’interno di questi luoghi di tortura come è stato dimostrato in una recente inchiesta realizzata dall'associazione.
Ma il dramma di questa normativa è che non si fermerebbe solo ai maltrattamenti sugli animali ma comporterebbe anche gravi rischi per l’ambiente. Per questo motivo Animal Equality, insieme ad altre organizzazioni animaliste e ambientaliste, ha partecipato all’incontro all’Assemblea dello Stato di San Paolo, sede decisionale importante in Brasile, per discutere di quale impatto potrebbe avere tale legge sugli animali.
«La proposta di legge mette a serio rischio animali, ambiente e persone – scrive l’associazione animalista – Noi eravamo lì per sostenere che animali ed esseri umani devono essere protetti. Come documentato dalla nostra inchiesta "Perché il Brasile brucia", nel Paese gli allevatori appiccano incendi per trasformare la foresta in nuovi terreni da destinare ai bovini da carne, in larga parte esportata verso altri Paesi, Italia inclusa».
Con le sue circa 30 mila tonnellate acquistate ogni anno, l’Italia è il primo importatore europeo di carne bovina fresca e surgelata dal Brasile e, secondo diverse stime, produrre questa quantità avrebbe indotto in media una deforestazione compresa fra i 5.900 e gli 11.153 ettari all’anno.
Il grande timore, e nemmeno troppo poco giustificato, è quindi che la continua crescita delle esportazioni verso Paesi terzi in più senza opportuni controlli, diventi un incentivo ad allevare e uccidere un numero sempre più alto di animali e a disboscare sempre di più.
Un rischio che si aggrava con l’accordo di libero scambio Ue-Mercosur grazie alla riduzione tariffaria incondizionata per i prodotti di origine animale prevista tra i Paesi coinvolti e di cui il Brasile fa parte.
Questo accordo, infatti, come sottolineato dalla FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura e da Eurogroup for Animals, gruppo di pressione di cui Animal Equality fa parte, sta già provocando un impatto negativo sull’ecosistema e sugli animali sfruttati nell’industria alimentare.
Per questo Animal Equality attraverso un appello internazionale indirizzato al governo brasiliano e ai suoi partner commerciali, chiede di rivedere gli accordi UE-Mercosur, in modo che gli accordi che regolano i rapporti tra Unione europea e Brasile diventino più vincolanti e stringenti.
«Contrastare l'aumento di violenze e abusi sugli animali riguarda tutti, perché è qualcosa che sta avendo conseguenze drammatiche anche sul nostro pianeta». Ma, in ogni caso concludono gli attivisti «l’impegno di Animal Equality per contrastare lo sfruttamento e la violenza estrema sugli animali allevati a scopo alimentare in Brasile continuerà senza sosta. Qualunque sarà il risultato elettorale».