A due passi dal caos e dalla frenesia del centro di Napoli, c'è un fitto e rigoglioso bosco secolare di 250 ettari, custodito all'interno di un antico vulcano: il cratere degli Astroni. Riserva Naturale Statale e Oasi WWF, il vulcano e il suo bosco sono stati zona di caccia borbonica a lungo, prima di diventare un vero e proprio scrigno verde all'interno di una fitta area metropolitana. Sul suo fondo sorgono tre piccoli specchi d'acqua, merito di antichi fenomeni vulcanici, dove oggi trovano rifugio centinaia di specie animali, tra migratori, svernanti e stanziali.
Una biodiversità sorprendentemente alta per un'area metropolitana così densamente abitata e per questo da tutelare a ogni costo. Incastrato com'è nel tessuto urbano, il cratere è stato spesso sotto attacco da parte di bracconieri, piromani e taglialegna senza scrupoli. Ma tra lecci e farnie secolari il bosco e i suoi abitanti hanno da oggi un alleato in più: i "Guardiani della natura". Non stiamo parlando di una nuova squadra di ranger, ma di un sofisticato sistema che consente al bosco, grazie all'intelligenza artificiale e alla tecnologia, di ascoltare e registrare tutto ciò che succede in oasi.
"Ombrellini" che ascoltano e proteggono la natura
«Il progetto è nato grazie alla collaborazione con Huawei Italia e con Rainforest Connection, una ONG che utilizza la tecnologia al servizio della conservazione e della natura, con lo scopo tutelare le foreste e la biodiversità» – racconta Fabrizio Canonico, direttore dell'Oasi WWF Cratere degli Astroni. E in effetti i guardiani, che sembrano dei piccoli ombrelli hi-tech nascosti tra le chiome degli alberi, si sono già dimostrati piuttosto efficaci per contrastare illeciti e altri crimini contro la natura.
«Il sistema di sensori è stato utilizzato per la prima volta in Costa Rica – spiega Canonico – Per contrastare la deforestazione che stava minacciando l'habitat della scimmia ragno. Ogni guardiano copre circa un chilometro e mezzo quadro e, grazie a un sensore acustico collegato in cloud con l'intelligenza artificiale, è in grado di registrare e riconoscere specifici suoni, come per esempio il rumore una motosega. Una volta rilevato il suono, il sistema invia una notifica ai ranger, che così possono intervenire tempestivamente».
Il sistema di ascolto intelligente si è rivelato particolarmente efficace per contrastare gli illeciti e col tempo "ha imparato" a riconoscere molti altri suoni, come i colpi d'arma da fuoco o i veicoli. Si è così diffuso anche in Africa, Asia e in Europa, con Napoli e gli Astroni come capifila. «Al momento nel bosco abbiamo installato quattro sensori a circa 20 metri dal suolo e i risultati sono arrivati immediatamente – sottolinea il direttore – In pochi mesi ci sono state oltre 15 azioni di verifica, tra cui un intervento della Polizia Provinciale per sequestrare un richiamo elettroacustico illegale per attirare e abbattere gli uccelli».
L'intelligenza artificiale anche per studiare la biodiversità
Inizialmente i sensori sono stati utilizzati soprattutto per contrastare gli illeciti, ma col passare del tempo la piattaforma si è evoluta è imparato anche a riconoscere i versi degli uccelli, con una precisione paragonabile a quella di un orecchio umano esperto. In questo modo il servizio offerto è ora duplice: sorveglianza contro i fenomeni illegali e monitoraggio della biodiversità e anche qui si stanno raccogliendo i primi frutti.
«Grazie alla collaborazione con Gianni Pavan dell'università di Pavia, uno dei massimi esperti di bioacustica in Italia – spiega Fabrizio Canonico – Stiamo già ottenendo risultati interessanti per lo studio delle biodiversità. Abbiamo scoperto, per esempio, che la popolazione di rapaci notturni dell'oasi è maggiore di quella che stimavamo, così come quella dei picchi. A breve però dovremmo pubblicare risultati molto più approfonditi».
Siamo agli albori di una nuova era per lo studio e la tutela della biodiversità e grazie alla tecnologia e all'intelligenza artificiale possiamo accelerare processi che prima richiedeva molto più tempo e risorse. Non dobbiamo però commettere l'errore di considerare questa tecnologia all'avanguardia come un sostituto del fattore umano. «La tecnologia non è la panacea di tutti i mali – conclude Fabrizio Canonico – Va gestita e affrontata con un approccio critico, ma va però provata, testata e messa al servizio della conservazione. In passato c'è stata una certa resistenza da parte del mondo della conservazione più tradizionale, ma piano piano anche i più restii si stanno aprendo».
Non possiamo di certo fare affidamento esclusivamente sulle tecnologie e sulle intelligenze artificiali, ma i guardiani possono senza dubbio rendere più efficiente la raccolta e l'elaborazione dei dati, la parte più faticosa e complessa, così come la ricerca, che può essere così ancora meno invasiva riducendo del tutto il fattore disturbo umano, soprattutto quando si studiano animali o ecosistemi particolarmente protetti.
Scienziati, conservazionisti e ricercatori hanno quindi un'arma in più da giocare non solo per proteggere biodiversità e foreste, ma anche per svelare i segreti che le aree selvagge del mondo ancora custodiscono, persino a due passi da una città con oltre 3 milioni di abitanti come Napoli.