Sono 48 milioni gli uccelli abbattuti negli stabilimenti colpiti tra il 2021 e il 2022 dall'influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI). Si tratta della più grande mai osservata fino ad ora in Europa. A dirlo è il report congiunto EFSA, ECDC e Laboratorio di referenza europeo (EURL) per l’influenza aviaria dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.
Oltre ai milioni di volatili abbattuti, secondo i ricercatori ci sono stati 2.467 focolai nel pollame, mentre 187 rilevamenti negli uccelli in cattività e 3.573 eventi HPAI negli uccelli selvatici. Anche l’estensione geografica dell’epidemia è senza precedenti: l'ondata epidemica ha colpito 37 paesi europei, dalle isole Svalbard al Portogallo meridionale e ad est fino all’Ucraina.
Già ad ottobre del 2021 l'influenza aviaria aveva destato preoccupazione in Europa, portando il Ministero della Salute italiano a dire stop agli allevamenti all’aperto. Come aveva segnalato a Kodami il direttore del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria presso l’IZSVe, Calogero Terregino: «L'elevato numero di animali allevati negli allevamenti intensivi non è alla base dei nuovi focolai di questo periodo. A testimonianza di ciò basta vedere l'ultimo report sui casi di influenza aviaria dell'EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), in cui emerge che moltissimi degli allevamenti colpiti in Europa negli ultimi mesi sono di tipo rurale o free-range».
Secondo gli esperti, l'epidemia di aviaria sarebbe da attribuire agli uccelli migratori che entrano in contatto con il pollame d'allevamento, un contatto reso più semplice proprio negli allevamenti rurali. Tra gli animali che potenzialmente possono contribuire di più alla diffusione di questa zoonosi ci sono i Germani reali, specie spesso cacciata che ha un'ampia diffusione europea, e italiana.
Il picco di aviaria però è stato registrato ultimi tre mesi, tra giugno e settembre 2022, è stato segnalato in Europa un numero mai registrato prima di casi di infezione da virus ad alta patogenicità (HPAI).
«Sono 788 casi di virus HPAI in 16 Paesi dell’UE/SEE e nel Regno Unito: 56, 22 e 710 rispettivamente nel pollame, nei volatili in cattività e in quelli selvatici – Ha comunicato l'EFSA – L’insolita persistenza negli uccelli selvatici si è protratta per tutta l’estate verificandosi in 15 Paesi europei. Il virus ha raggiunto le colonie di riproduzione di uccelli marini sulle coste atlantica settentrionale e del Mare del Nord, causando una massiccia mortalità, in particolare in Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito».
Il timore però riguarda soprattutto la capacità del virus di compiere il salto di specie, passando dall'animale all'uomo. Un rischio al quale sono esposti coloro che lavorano con pollame o ai cacciatori. Un dato sottolineato dal report congiunto sui test per il rilevamento delle infezioni da virus dell’influenza zoonotica negli esseri umani. Il documento mira a fornire una guida su come identificare tempestivamente le infezioni umane trasmesse da virus influenzali animali, al fine di fornire un’allerta rapida e implementare le necessarie misure di prevenzione e controllo. Illustra inoltre gli obblighi dei datori di lavoro per la protezione dei lavoratori dall’infezione o in caso di focolai.
Sui rischi per l'essere umano di una così massiccia epidemia di aviaria è intervenuto Calogero Terregino: «Nonostante la situazione eccezionale che si è verificata in Europa, al momento il rischio di spillover di un virus influenzale aviario dagli animali all’uomo è basso. Ma la situazione necessita di essere costantemente monitorata perché il virus è molto diffuso e può evolvere in senso negativo in ogni momento».
Infatti i virus zoonotici dell’influenza animale, principalmente aviaria e suina, possono trasmettersi dagli animali all’uomo e causare epidemie o addirittura pandemie, come aveva spiegato a Kodami David Quammen, giornalista e autore del libro "Spillover".