Nel 2021 sono stati migliaia gli incidenti stradali che hanno coinvolto animali sulle strade italiane, di cui oltre 200 (213, nello specifico) molto gravi, con persone ferite o decedute.
Il bilancio arriva dall’Asaps (Associazione Amici della Polizia Stradale), che ha istituito un apposito osservatorio per la sicurezza stradale. Tredici le vittime umane, 261 i feriti, innumerevoli gli animali deceduti. Quasi 200 incidenti sono avvenuti su strade statali e provinciali e hanno coinvolto animali selvatici, 14 sulle autostrade. Nel 2020 gli incidenti erano stati 157 (+35,7%) e 164 nel 2019. La maggior parte degli incidenti è avvenuta di giorno, e le regioni che ne registrando di più sono la Toscana, il Lazio e la Lombardia.
Asaps: «In molti casi l'automobilista non denuncia l'incidente»
Numeri già alti, che sono però soltanto la punta dell’iceberg: «È evidente che gli incidenti nei quali muore o rimane ferito solo l'animale con danni ai soli mezzi e non alle persone sono parecchie migliaia ogni anno – ha detto il presidente dell'Asaps, Giordano Biserni – ed è difficile fare un calcolo, perché in molti casi gli automobilisti coinvolti non denunciano il sinistro sapendo che difficilmente verranno poi rimborsati i danni. Quello degli incidenti con il coinvolgimento di animali, in particolare selvatici, specie in alcune zone ad alta frequenza per questo tipo di sinistri, richiede l'adozione di ulteriori e più efficaci strumenti difensivi per la sicurezza della circolazione».
Asaps ha quindi fornito una serie di consigli per cercare di mettere freno a un fenomeno in costante crescita per diversi fattori, primo tra tutti l’invasione dell’habitat della fauna selvatica da parte dell’uomo, sia con insediamenti urbani sia con infrastrutture che gli animali sono costretti ad attraversare per spostarsi all’interno di quello che è il loro territorio.
L'importanza dei corridoi faunistici e del rispetto della segnaletica
L’associazione consiglia in particolare l’istituzione degli ormai noti corridoi faunistici, passaggi sotterranei o sopraelevati riservati agli animali che consentirebbero il passaggio in modo sicuro per loro e per gli automobilisti, oltre che una vera mappatura dei luoghi più a rischio, l’installazione di reti ad alto impatto lungo le principali arterie a una manutenzione periodica accurata per evitare pericolosi buchi a ridosso della carreggiata in cui potrebbero infilarsi gli animali.
«Va valutata – prosegue Asaps – anche la presenza di catarifrangenti che funzionano da dissuasori per il passaggio della fauna, come sperimentato in alcune province italiane o come in Lussemburgo, dove sono in funzione catarifrangenti che riflettono la luce dei fari ortogonalmente al percorso stradale, verso la campagna. I riflettori colpiti dalla luce dei fari producono una barriera di delimitazione ottica. In questo modo gli animali selvatici sono abbagliati e bloccati momentaneamente fuori dalla strada, e non la attraversano quando sta passando un autoveicolo».
Ci sono poi consigli diretti esclusivamente a chi le strade le percorre in auto o in moto: moderazione della velocità di notte e al mattino presto, orari in cui è più facile che gli animali circolino, rispetto della segnaletica stradale con moderazione della velocità nei punti in cui indica la possibile presenza di animali, prudenza quando si vedono mezzi impegnati nello sfalcio dell'erba ai bordi della strada «perché gli animali potrebbero fuggire all'improvviso proprio in mezzo alla carreggiata».
L’investimento è una delle principali cause di morte della fauna selvatica insieme con il bracconaggio. In alcune regioni come il Trentino o l’Abruzzo sono gli orsi e i lupi a farne le spese, ma su numerose strade italiane che sorgono vicino ai boschi e riserve naturali e che attraversano montagne e campagne il rischio d’impatto con cervi, caprioli, volpi e tassi è elevato, soprattutto di notte, quando le specie selvatiche sono particolarmente attive e la visibilità per noi umani diminuisce.
La resistenza antropica, lo studio dell'impatto dell'uomo sull'ambiente
L’istituzione di corridoi faunistici potrebbe fare realmente la differenza per tutelare le specie selvatiche. Senza questi passaggi gli animali potrebbero estinguersi a causa del comportamento dell’uomo, e resterebbero isolati e incapaci di riprodursi. Lo hanno ben dimostrato i ricercatori dell’Università di Göttingen e dell’Università Humboldt di Berlino, che hanno introdotto il concetto di resistenza antropica, ovvero tutti quegli impatti dei comportamenti umani che influiscono sul movimento delle specie e che viene valutata anche sulla base di tre fattori del mondo animale: la capacità di muoversi in un'area, la sopravvivenza e il costo fisiologico dello spostamento.
In un articolo pubblicato sulla rivista scientifica One Earth, in particolare, gli esperti concentrano la loro attenzione su alcuni fattori legati all'impatto antropico sull'ambiente, tra cui la rapida urbanizzazione, la deforestazione, le attività agricole. A incidere anche la densità di popolazione, la distanza degli insediamenti urbani e le strade: lo studio approfondito di questi fattori potrebbe aiutare a garantire una mobilità sostenibile per la fauna selvatica e a preservarla.
«La resistenza antropica – ha detto Trishna Dutta, autore senior dello studio – è un pezzo importante del puzzle per la pianificazione della connettività per garantire la funzionalità dei corridoi per la fauna selvatica e le persone».