Il muflone trovato morto da alcuni volontari della Lipu nel promontorio di Capo Figari, nel Comune di Golfo Aranci (Olbia), riporta ferite compatibili con i morsi dei cani. Lo conferma l’autopsia eseguita in questi giorni sul corpo dell’animale, presso il centro di recupero della Fauna selvatica ferita di Bonassai, dove era stato trasportato subito dopo il ritrovamento e il recupero in mare.
«Sul collo e sulle zampe posteriori erano presenti lacerazioni tali che ne hanno causato la morte per emorragia, facendo quindi escludere la morte per annegamento che era stata ipotizzata all’inizio», spiega a Kodami Marco Muzzeddu, il veterinario del Centro che ha analizzato l’animale.
Alcuni testimoni, infatti, avevano visto il muflone seguito sino in mare da due, tre cani, probabilmente non randagi ma "di proprietà", sfuggiti al controllo, uno dei quali era anche caduto in acqua ed era stato recuperato da alcuni canoisti.
«La predazione da parte di piccoli animali come la volpe o cani vaganti, magari di allevatori che fanno branco, a volte capitano – specifica Muzzeddu – Sui daini per esempio, nella zona di porto Conte, capita abbastanza spesso, purtroppo. Capita anche negli areali dove abbiamo i cervi, verso monte Lerno e giù nel cagliaritano. Sono i cani di diverse aziende agro-pastorali che possono attaccare una preda. Per fortuna sia le popolazioni di mufloni che di cervi godono di ottima salute, anzi stanno raggiungendo numeri che cominciano ad essere preoccupanti, sui quali bisognerà attuare piani di gestione per il controllo delle popolazioni».
Di parere diverso, rispetto all’incidenza e alle conseguenze di questi eventi, Francesco Guillot, coordinatore Lipu della Regione Sardegna, che era presente al Centro di Bonassai all’arrivo del muflone morto. «Ho inviato subito una segnalazione alle autorità competenti, affinchè vengano svolte le opportune azioni per individuare le responsabilità- spiega– perché se ad uccidere il muflone sono stati cani liberi di razze problematiche, il pericolo esiste non solo per i mufloni ma anche per le persone. Questo esemplare aveva un giro completo di corna, quindi era un maschio adulto, in buone condizioni di salute, che si vedeva regolarmente in quella zona». Non è la prima volta che a Capo Figari vengono trovati mufloni uccisi da cani, continua Guillot: «La situazione è grave, perchè stanno letteralmente decimando la popolazione presente nella zona. Il 26 giugno di quest’anno una femmina di questa specie era stata trovata morta, sempre da una nostra socia, in prossimità della costa».
I mufloni, presenti nella zona di Capo Figari da decenni, negli anni Cinquanta sono stati trasportati anche nell’isola del Giglio e all’isola d’Elba, e hanno mantenuto i loro caratteri ancestrali, originali. «Ora il parco dell’arcipelago toscano vorrebbe abbatterli, ma c’è un movimento forte di apposizione a questo progetto, anche da parte di scienziati. Questi animali vanno mantenuti, perché sono portatori di un patrimonio genetico da conservare». Capo Figari è una zona di protezione speciale, e i mufloni che vivono anche sulla prospiciente isola di Figarolo vengono aiutati dai pescatori, con cibo e acqua, portati loro appositamente. «Chiediamo – conclude Guillot – che venga creato quanto prima dalle istituzioni un tavolo tecnico per la salvaguardia degli animali di questa zona».
Il muflone sardo, considerato simbolo dell’isola, è una delle numerose specie autoctone della Sardegna. Sono circa 6 mila i capi presenti nella regione. A causa del rischio di estinzione al quale questa specie è andata incontro negli anni Settanta a causa di bracconaggio, incendi e concorrenza degli allevamenti zootecnici, oggi è ancora protetta.