Colpito con una lancia e ferito ad una zampa, il vecchio e maestoso Tolstoj, vera e propria icona del Parco Amboseli in Kenya, è morto dopo sei settimane. Non sono servite a nulla le cure disperate per guarirlo da una brutta infezione alla zampa ferita. L'anziano elefante, 51 anni trascorsi nella grande riserva africana, si è lasciato andare poggiato su un fianco e non si è più rialzato.
Inutili gli ultimi sforzi per aiutarlo da parte dei veterinari del Kenya Wildlife Service: come sopraffatto da un’ultima insuperabile stanchezza, il maestoso elefante è morto. Con lui scompare un altro tassello del grande mosaico africano e con lui si conta l’ennesima morte causata da quel conflitto uomo/animale che continua a insanguinare la terra rossa di Africa. Quella lotta all’ultimo sangue tra gli animali delle grandi riserve africane e le comunità locali che, con le loro coltivazioni e i loro allevamenti, premono e spesso invadono o si avvicinano troppo alle aree in cui gli animali hanno trovato rifugio dal bracconaggio che li massacra per rubargli corna e ossa.
L’antico conflitto tra uomo e animali per il dominio sul territorio
«La pressione umana sulle aree che dovrebbero essere dedicate agli animali selvatici come Parchi e Riserve Nazionali aumenta sempre più a causa dello sviluppo demografico – spiega Massimo Vallarin vicepresidente di AIEA Associazione Italiana Esperti d'Africa e Honorary Warden del Kenya Wildlife Service, nata con l'obiettivo di conservare, gestire e migliorare in modo sostenibile la fauna selvatica del Kenya e i suoi habitat. – I locali arrivano a coltivare la terra fino ai confini dei parchi che, non essendo recintati, vengono razziati dagli elefanti che distruggono i raccolti. I pastori, per difendere i loro campi, tirano ai pachidermi lance e frecce, spesso avvelenate. E a loro non resta che andare a morire chissà dove o a causa del veleno o a causa delle infezioni causate dalle lance nel corpo. Questo è stato il caso di Tolstoj che, malgrado le cure, è morto circa un mese dopo essere stato ferito». Una vera strage che coinvolge anche i leoni, soprattutto nelle riserve del Masai Mara e di Amboseli.
L'anziano elefante Tolstoj è l'ultima vittima
La morte di Tolstoj è stata annunciata dai ranger di Big Life nel operano nel santuario di Kimana. «È così doloroso», ha scritto Daudi Ninaai facendosi portavoce della sensazione di lutto vissuta con i suoi colleghi alla morte dell’elefante che avevano imparato a conoscere ed amare in molti anni di convivenza. «È stato colpito con una lancia circa sei settimane fa, quasi sicuramente da un contadino che difendeva il suo raccolto da uno dei suoi raid notturni. La ferita è stata curata, ma l'infezione alla fine ha avuto le peggiori conseguenze possibili».
I ranger di Big Life nel Santuario di Kimana avevano monitorato Tolstoj durante tutto il periodo delle cure. Sono loro che hanno assistito alle ultime ore di vita del vecchio elefante. «L’altra mattina lo avevamo trovato steso. Questo non era insolito per un elefante che faceva frequenti pisolini orizzontali nonostante le sue enormi dimensioni, ma, avvicinandosi, avevamo potuto vedere i segni della sua lotta fallita per rialzarsi – raccontano. – Sapevano che questa volta era diverso. Tolstoj era ancora vivo e due unità veterinarie di Kenya Wildlife Service sono arrivate a soccorrerlo. E' stato sottoposto a ulteriori cure, ma rimetterlo in piedi è stato improbabile fin dall'inizio. Per ore ranger e veterinari hanno cercato di tirarlo su con mezzi e corde, senza successo. Un caricatore frontale è stato usato come ultimo disperato tentativo, ma Tolstoj era semplicemente troppo debole per stare in piedi. Con l’arrivo della notte, Tolstoj finalmente ha finito le forze ed è morto, circondato dai ranger che gli sono stati accanto per così tanto tempo».
Sono gli stessi ranger a sottolineare come la fine di Tolstoj sia l’ennesimo tragico epilogo del conflitto uomo-animale in Africa. «La sua casa è stata trasformata dalla specie umana, e sono le conseguenze della rapida espansione dei terreni agricoli che alla fine lo hanno ucciso. La sua morte ricorda la vulnerabilità del più grande degli animali, nonché l'urgente necessità di proteggere l'habitat della fauna selvatica e gestire l'interfaccia tra animali selvatici e attività umane. Le soluzioni ci sono, e stiamo facendo progressi nonostante una tragica battuta d'arresto come questa».
Vallarin: «Fondamentali le conservancy per la protezione e la sensibilizzazione di giovani e anziani»
La convivenza tra uomo e animali non è impossibile e, se ben gestita, può essere proficua per entrambi. Ne è convinto Massimo Vallarin che, come guida safari, considera le recinzioni dei parchi e delle riserve africane come una possibilità in grado di arginare il fenomeno. Parallelamente però è importantissimo il ruolo delle conservancy, cioè di quelle realtà che si adoperano per la conservazione della fauna locale in accordo con le comunità del territorio. «La nascita delle conservancy, che servono a fare da cuscinetto tra i Parchi d le Riserve Nazionali, è fondamentale per arginare il fenomeno. Anche se, prima o poi, si dovrà pensare di recintare i parchi e le riserve anche in Kenya come in Sudafrica. La recinzione terrebbe gli uni dentro e gli altri fuori in maniera che non vengano mai in contatto ma fare un safari non sarebbe più come adesso. Lo dico da guida: ora sai che gli animali sono liberi. Mentre sapere che un parco è recintato, ti darebbe l’impressione di essere in un enorme zoo safari».
Coinvolgere le popolazioni locali: Elisabetta Levis e le donne Masai
Un altro passaggio importante è quello della sensibilizzazione delle popolazioni locali sull’importanza della salvaguardia della fauna locale anche come asset di rilancio dell’economia del territorio basato su quel concetto di turismo etico e sostenibile che vede nei safari e nel patrimonio faunistico una risorsa fondamentale.
Proprio in quest’ottica Elisabetta Levis, che oltre ad essere Honorary Warden del KWS e guida professionista di safari, è cofondatrice dell’Associazione Italiana Esperti d’Africa (AIEA), un paio di settimane fa ha accompagnato in safari con un bus, nel Parco Nazionale di Nairobi, 60 donne Masai che vivono nelle aree limitrofe al parco. «Donne che non hanno ovviamente mai avuto la fortuna di visitare il parco dall’interno – racconta Elisabetta – Ma grazie a questo educational hanno potuto conoscere la meravigliosa natura del loro Paese con i suoi animali selvatici sotto un altro punto di vista: quello della conservazione e non quello del pericolo incombente su di loro e sul loro bestiame».
La morte di Tolstoj sarebbe stata quindi evitabile se le comunità locali avessero conosciuto le potenzialità che la presenza di un elefante iconico come lui rappresentava e se avessero compreso quanto invece la sua morte si sia tradotta in una perdita per tutti i kenyoti. «Purtroppo, a volte le vittime di questo conflitto sono gli esseri umani – spiega Elisabetta – ma, molto più spesso, chi ne fa le spese con la vita sono gli elefanti che vengono uccisi con lance e frecce dai coltivatori e i leoni che vengono avvelenati dagli allevatori. Il KWS da anni sta facendo molti sforzi per educare le comunità che vivono in queste aree. Il Parco Nazionale di Nairobi è una delle aree dove l’equilibrio tra uomini e animali è molto fragile. Per questo, così come è importante portare i bambini delle scuole in safari per parlare di conservazione, altrettanto importante è portare le donne e gli anziani. Sono loro che contribuiranno a educare i giovani».
Foto di copertina di @Josh Clay per Big Life Foundation