Lonkiito con i suoi 19 anni era considerato il leone più anziano e iconico del Parco Nazionale di Amboseli in Kenya. E' stato ucciso mercoledì scorso da un gruppo di pastori locali che lo hanno attaccato e trafitto con le lance nel tentativo di difendere la mandria già gravemente decimata dalla siccità. Lonkiito è così, malgrado la sua straordinaria possenza e l’enorme attrattiva esercitata sui turisti di safari fotografici, l’ennesima vittima del conflitto uomo-natura che ormai insanguina l’Africa almeno quanto il bracconaggio.
«Si tratta chiaramente della lotta tra uomo e natura – ha dichiarato Daniel Sampu, coordinatore della Big Life Foundation, che si occupa di ricompensare i pastori i cui capi di bestiame vengono sbranati dai predatori – la gente locale ha vissuto con gli animali selvatici per anni. L’allerta da parte dei pastori è aumentata dopo la recente, prolungata siccità. Bisogna scoraggiare queste azioni».
Secondo quanto riportato da alcuni giornali locali, Lonkiito è stato trafitto dai pastori nel villaggio di Olkelunyiet intorno alle nove di mercoledì sera dopo aver depredato il bestiame. Il villaggio confina con il Parco Nazionale di Amboseli verso la città di Kimana e il vecchio leone si era avvicinato in cerca di cibo, molto probabilmente da solo.
Fino al 2017 il carismatico esemplare di leone africano era stato il capobranco di un gruppo di femmine e cuccioli. Da allora si era separato dal gruppo, iniziando a condurre una vita solitaria. Nel 2017 suo fratello Ambogga era morto in una rissa territoriale e lo stesso Loonkito era stato gravemente ferito, pur riuscendo a sopravvivere. Per tutti i turisti in cerca dello scatto immortale nell’Africa kenyota, Lonkiito era la “preda” perfetta: solitario e maestoso, riconoscibile per la criniera vistosa e i bellissimi occhi ambrati ormai cerchiati dalla vecchiaia, era una delle grandi attrattive del Parco Amboseli, l’habitat dominato dal Monte Kilimangiaro cioè la vetta più alta del continente africano. Il Kenya Wildlife Service (Kws), confermando la sua morte, ha ricordato che nel parco kenyota sono rimasti poco più di un centinaio di leoni.
«Purtroppo, dobbiamo apprendere che Lonkiito non è morto pacificamente dominando il suo vasto territorio, ma è stato trafitto dalla popolazione locale quando ha cercato di uccidere il bestiame in un villaggio. Quindi i suoi ultimi minuti in vita sono stati orrendi» sottolinea Massimo Vallarin socio onorario del KWS e ranger italiano in Kenya da molti anni.
A differenza di Scarface, il leone riconoscibile per la profonda cicatrice che segnava il suo volto proprio sotto l’occhio che si era spento a 15 anni alla Masai Mara National Reserve dopo una vita libera e selvaggia nel suo habitat naturale, Lonkiito ha trovato la morte in una dimensione sempre più frequente in Africa soprattutto per leoni e elefanti. In questa zona, infatti, sono frequenti anche le uccisioni di elefanti che invadono i campi e minacciano i raccolti. Lo scorso dicembre, nel villaggio di Esaronoto, oltre 200 persone si accanirono con armi da fuoco contro un gruppo di pachidermi, responsabili a loro dire di aver attaccato e ucciso una persona in bicicletta.
Il conflitto che scaturisce dalla contesa del territorio tra i suoi abitanti umani e quelli animali è un conflitto antico come il mondo. Negli ultimi decenni, quello che è una naturale contrapposizione alla ricerca di spazi da cui trarre il proprio sostentamento, si è trasformato in una vera e propria guerra per la diminuzione dell’habitat per entrambe i gruppi. Gli animali soffrono la diminuzione del territorio in cui vivere e procacciarsi naturalmente le prede, gli umani continuano a sottrarre a quel territorio ampi spazi per coltivazioni e per una antropizzazione abitativa sempre più importante. Il Kenya, da qualche anno, subisce anche una fortissima siccità che non ha fatto altro che polarizzare ulteriormente la situazione. L’ultimo esempio era stato, qualche tempo, l’assalto di duecento babbuini ad una scuola nei pressi della cittadina kenyota di Loitokitok, a pochissima distanza dal confine con la Tanzania e a qualche ora di macchina dal Parco Nazionale di Amboseli. Il cospicuo gruppo di scimmie era alla ricerca di cibo e di acqua secondo quanto aveva affermato la preside della scuola Catherine Mwaniki, confermando la stretta connessione tra l’accaduto e la drammatica siccità.
Solo alla fine del 2022 la ministra kenyota Peninah Malonza aveva indetto una conferenza stampa per rendere ufficiali gli impatti dell'attuale siccità sulla fauna selvatica in Kenya. «Confermo che diverse specie di fauna selvatica sono state colpite dalla siccità, con un totale di 14 diverse specie di fauna selvatica colpite tra febbraio e ottobre 2022 – aveva annunciato. – La siccità ha provocato la morte delle seguenti specie di fauna selvatica: 512 gnu, 381 zebre comuni, 205 elefanti, 49 zebre di Grevy, 51 bufali e 12 giraffe. Le aree più colpite includono gli ecosistemi di Amboseli, Tsavo e Laikipia-Samburu. Gli elefanti nelle regioni di Amboseli e Laikipia-Samburu sono i più colpiti dalla siccità poiché gli ecosistemi hanno registrato più di 70 morti di elefanti. L'ecosistema Amboseli ha perso 510 gnu, 358 zebre comuni, 76 elefanti e 19 bufali tra le altre specie».