Una brutta notizia, la peggiore, arrivata proprio pochi giorni prima di Natale: la piccola lupa soccorsa dai volontari della Lipu nella Riserva Naturale del Litorale Romano lo scorso 10 dicembre non ce l’ha fatta. È morta con tutta probabilità a causa di un’infezione gastro-intestinale contro cui nulla hanno potuto le cure mediche cui è stata subito sottoposta al Centro Veterinario Specialistico in cui era stata ricoverata.
A dare l’annuncio, addolorati, sono stati proprio i volontari della Lipu di Castelguido, che l’avevano trovata riversa a terra, praticamente immobile, nella riserva, e che avevano aspettato per diverse ore, sotto la pioggia, il via libera della Regione Lazio a recuperarle. L’avevano quindi trasferita in clinica e poi al Parco Faunistico Piano dell'Abatino, dove avrebbe dovuto trascorrere alcuni giorni di convalescenza per riacquistare le forze per poi essere liberata nella stessa area dove era stata recuperata in fin di vita. Il decorso non è però andato come sperato: «La giovane lupa nel nuovo centro, seppur si alimentasse da sola, non si è mai alzata sulle zampe, e nonostante terapie antibiotiche mirate per l'infezione gastro-intestinale che si era palesata durante i primi esami, ha continuato a non mostrare segni di miglioramento – hanno spiegato i volontari della Lipu – Una mattina i veterinari del centro hanno trovato la lupa in uno stato di semi-incoscienza, e nonostante le terapie e le cure fornite tempestivamente, è deceduta dopo poche ore».
A fare luce sulle esatte cause della morte sarà l’autopsia, ma è molto probabile che a ucciderla sia stata appunto l’infezione, arrivata a uno stadio ormai troppo avanzato e contro cui l’organismo di un esemplare così giovane – massimo 7 mesi d’età – non è riuscito a lottare. Un epilogo che ha spinto i volontari Lipu a riflettere sull’assenza di un protocollo di recupero per la fauna selvatica, in particolare per predatori come il lupo, che ormai da diverso tempo sono tornati in pianta stabile nel territorio della Riserva Naturale del Litorale Romano.
«Nonostante il lupo sia definito dalle direttive comunitarie come specie prioritaria, e ogni stato membro dell'UE abbia l'obbligo rigoroso della sua conservazione, non esiste alcuna norma che individui chiaramente soggetti responsabili e procedure di emergenza – hanno sottolineato – In questi casi i soggetti pubblici che comunque hanno una competenza generica sulla questione fauna selvatica (CCFF, ASL, Riserva, ecc.) dichiarano invece la propria non competenza, anche perché di fatto non sanno che cosa fare. Perciò spesso tutto finisce per gravare sulla passione dei volontari, sul buon senso di qualche funzionario che si adopera per trovare una soluzione, e sulla generosa disponibilità di strutture come la clinica e i Centri di Recupero della Fauna Selvatica, senza i quali non si sarebbe potuto salvare né questo animale né i precedenti. Centri che peraltro, per la funzione pubblica che svolgono (perché ricordiamo che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato) non ricevono neanche i contributi previsti dalla legge».
«Noi proseguiremo, come da quasi dieci anni a questa parte, il nostro lavoro di monitoraggio – hanno concluso i volontari della Lipu – finalizzato da un lato ad ampliare le conoscenze sulla presenza di questa preziosa specie nelle nostre aree, e dall'altro a migliorare l'accettazione sociale di questo animale da parte della popolazione, sperando di dare un concreto e importante contributo alla coesistenza tra uomo e lupo».