È stata una volpe a mordere Albert Stocker, il 73enne morto a causa di una grave ipotermia a Velturno, frazione del Comune di Bressanone, nella Provincia Autonoma di Bolzano. L'uomo era stato trovato privo di sensi il 22 febbraio in un prato poco distante dalla fermata dell'autobus, con segni di ferite provocate da un canide.
Le indagini genetiche condotte dalla Fondazione Edmund Mach hanno chiarito che a mordere non è stato né un lupo né un cane, come inizialmente ipotizzato, bensì una volpe. Già l'autopsia aveva chiarito come l'uomo non fosse morto in conseguenza dell'attacco di un animale ma per assideramento, rilevando anche come come i segni provocati dal canide fossero «piuttosto superficiali, ovvero non interessavano strutture vascolari/nervose di significativa importanza vitale e, pur avendo permesso una certa perdita ematica per lesione di vasi periferici».
La volpe (Vulpes vulpes) è un predatore opportunista e adattabile sia nella scelta dell’habitat che del cibo. In natura preda piccoli e medi mammiferi, uccelli, rettili e insetti, ma si nutre anche di frutta. L'ipotesi più probabile è che il 73enne, ormai privo di sensi e già in stato di assideramento, sia stato avvicinato dalla volpe, forse più per curiosità che per alimentazione vera e propria, e questa abbia dato dei morsi.
Questo però non significa che ora bisogna avere paura di questo carnivoro diffusissimo. Lo spiega Marco Antonelli, divulgatore ed esperto di conservazione del lupo: «Non esistono casi di aggressione di volpe se non in quei paesi dove è diffusa ancora la rabbia silvestre. In Italia questa patologia che snatura il comportamento degli animali selvatici è ormai debellata da diversi decenni. È probabile che la volpe si sia accostata a un corpo pressoché esanime come avrebbe fatto con qualsiasi altra carcassa trovata nel bosco».
Stocker, infatti, pur essendo vivo al momento dell'arrivo dei soccorsi è morto poco dopo l'arrivo in ospedale. Le indagini genetiche hanno quindi scagionato il lupo, primo indiziato nel processo sommario fatto sui quotidiani e sui social network. «Questo episodio è esemplificativo – sottolinea Antonelli – Il fatto che si arrivi a conclusioni tanto affrettate senza un adeguato approfondimento scientifico è il risultato di una rincorsa al titolo volta a fare click e non informazione. Il lupo negli ultimi anni è spesso al centro di questa dinamica dannosa. Si aggiunge poi la strumentalizzazione fatta da associazioni di categoria e da gruppi social che portano avanti campagne d'odio».
«Il lupo esiste, e il rischio quando si frequentano aree boschive non è mai zero – conclude l'esperto – Sono molte più le probabilità di farsi male da soli o per un albero che crolla piuttosto che per l'aggressione di un grande carnivoro. L'allarmismo è sintomo di un disagio sociale che andrebbe affrontato con scientificità e non attraverso processi mediatici».