Gli elefanti africani (Loxodonta africana) sono animali particolarmente intelligenti e sociali che utilizzano un vasto repertorio di vocalizzazioni per comunicare con gli altri e scambiarsi le informazioni. Ad esempio le utilizzano per avvisare i compagni sulla presenza di una minaccia nelle vicinanze o sul proprio stato riproduttivo. Tra queste vocalizzazioni ce n'è una particolarmente intrigante: il brontolio a bassa frequenza. Questi si propagano sia nell'aria, come onde acustiche, sia nel terreno come "piccoli terremoti" che vengono rilevati dagli altri individui per ottenere alcune informazione tra cui ad esempio dov'è posizionato il mittente. Uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Journal of The Royal Society Interface ha registrato le onde acustiche e sismiche generate dai brontolii dimostrando che le rilevazioni sismiche possono essere un sistema innovativo per monitorare gli animali.
Lo studio: i segnali sismici sono più affidabili
I ricercatori dell'Università di Oxford e del Centro di ricerca Mpala in Kenya hanno registrato per tre settimane sia la componente acustica che quella sismica dei brontolii degli elefanti sull'altopiano di Laikipia nel Kenya centrale. Per farlo hanno utilizzato quattro sismografi e quattro sensori acustici collocati in posti diversi. I ricercatori volevano infatti verificare se la differenza di velocità con cui arrivano le onde sismiche e quelle sonore potessero essere utilizzate per stimare al meglio la distanza dal mittente. Hanno quindi registrato i dati separatamente e li hanno poi confrontati con l'obiettivo di capire quali dati, sismici o acustici o integrati insieme, erano più efficaci nel rilevare la posizione degli animali. Dopo aver analizzato le registrazioni si sono resi conto che i soli segnali sismici erano sufficienti e addirittura più affidabili rispetto a quelli acustici per capire dove era localizzato l'elefante che ha prodotto il brontolio, mentre la combinazione con quelli acustici non dava alcuna informazione aggiuntiva.
Monitoraggio sismico per la fauna selvatica
I ricercatori suggeriscono quindi che l'utilizzo dei sismografi potrà essere in futuro un nuovo metodo per il monitoraggio degli elefanti che presenta inoltre vantaggi rispetto alla rilevazione acustica o quella mediante fototrappole. I sismografi infatti vengono interrati facilmente e non sono esposti alle condizioni atmosferiche, risultando anche meno "invasivi" per la fauna. Lo sviluppo di un monitoraggio degli animali da remoto, il meno invadente possibile, è molto importante dato l'alto numero di specie in pericolo che potrebbero aumentare a causa della perdita di habitat e del cambiamento climatico. Questo nuovo approccio potrà essere utilizzato anche per i singoli elefanti e aiutare a rilevare le minacce a cui è sottoposta questa specie come il bracconaggio. Inoltre, questo studio può rappresentare la base per sviluppare successivamente degli strumenti che inviino segnali sismici agli elefanti per scoraggiarli ad avvicinarsi nelle zone antropiche e prevenire così il conflitto uomo-animale. Ulteriori studi potranno inoltre dirci qualcosa in più riguardo le informazioni che vengono trasmesse attraverso i brontolii.
Gli elefanti africani, una specie in pericolo
L'elefante africano vive ad oggi in 23 paesi africani, ma un tempo era diffuso in tutto il continente. Si stima infatti che occupi attualmente solo il 15% del suo areale storico, risultando estinto in Burundi e Mauritania. È classificato come "in pericolo" dalla IUCN (International Union for Conservation of Nature) ed è minacciato soprattutto dal bracconaggio per l'avorio, ma anche la perdita e la frammentazione dell'habitat a causa dell'utilizzo del suolo da parte dell'uomo. Anche la costruzione di infrastrutture, l'aumento della popolazione umana con conseguente sviluppo residenziale e commerciale rappresentano un'importante minaccia per questa specie, che spesso si avvicina alle zone antropizzate aumentando il conflitto uomo-animale.