Nel Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise sono presenti 721 camosci appenninici, 115 nuovi nati e 88 giovani individui al primo anno. È il risultato del monitoraggio condotto nel 2023 all'interno del Pnalm. In totale sono stati conteggiati 53 camosci in meno rispetto al 2021. Questa differenza complessiva è principalmente imputabile alla differenza nel settore de Le Gravare, dove quest’anno sono stati conteggiati 58 camosci in meno.
«Si ritiene probabile che tale differenza possa essere dovuta alla mancata intercettazione di camosci durante il conteggio. Particolare attenzione dovrà essere posta nell’area nei conteggi del prossimo anno», fa sapere il Parco.
Nonostante la flessione nella zona de Le Gravare, analizzando i dati, la curva dell’andamento complessivo della popolazione si mostra stabile, lievemente positiva. Picco significativo si registra nel settore Marsicano.
Un censimento importante perché nel Parco è presente una della 5 colonie di camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata) presente in Italia, il “nucleo originale” da cui sono stati prelevati gli individui poi immessi Maiella, sul Gran Sasso, sui Sibillini e sul Sirente a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila.
«Il camoscio appenninico è un endemismo dell'Appennino Centrale, un animale unico al mondo che ha rischiato l'estinzione nel secolo passato», spiegano dal Parco sottolineandone il «forte valore conservazionistico». Il camoscio presente in Centro Italia è una sottospecie differente da quella alpina (Rupicapra rupicapra), e per preservarne l'unicità viene monitorato regolarmente dal personale del Servizio Scientifico, Guardiaparco, Carabinieri Parco e anche dai volontari del Servizio Civile.
I risultati per il 2023 sono incoraggianti: la popolazione si mantiene stabile. Andando a osservare i dati più nel dettaglio è possibile notare che alcuni nuclei di camosci mostrano un forte accrescimento. «Questo avviene in modo particolarmente evidente sul Monte Marsicano, dove possiamo ancora parlare di una “popolazione giovane”; ma in misura minore anche in altri settori dell’areale, come Rocca Altiera, la Serra del Le Gravare e le Mainarde. Questi nuclei, che si accrescono, controbilanciano la staticità tipica delle popolazioni mature che osserviamo nel settore “storico” (Camosciara; Val di Rose; Monte Amaro), contribuendo quindi a mantenere comunque lievemente positivo l’andamento complessivo».
Per quanto riguarda il tasso di sopravvivenza dei capretti, ovvero quanti nuovi nati sopravvivono al primo anno di vita, per l’areale storico, questo si attesta intorno al 54%, in linea con quanto riportato in letteratura per popolazioni mature. La popolazione del settore Marsicano continua invece a mostrare tassi di sopravvivenza estremamente alti, anche al di sopra dei valori generalmente riportati in letteratura, con punte vicine al 90%.
«L’elevata sopravvivenza dei giovani generalmente indica da un lato l’assenza di fattori di regolazione densità-dipendenti, una situazione che è tipica delle popolazioni giovani, e dall'altro la qualità e la disponibilità elevata delle risorse alimentari» è l'analisi del Pnalm.
Nel corso del monitoraggio è emersa l’importanza del nucleo della Terratta, dove quest’anno sono stati avvistati 17 camosci. «Un nucleo che vediamo accrescersi di anno in anno e che vediamo comporsi anche di femmine con piccoli. Questo è un segnale molto importante perché ci dimostra che questa popolazione ha ancora in sé le potenzialità di accrescersi e colonizzare nuove aree».
«Sta a noi assecondare questa dinamica naturale assicurando a questi pionieri la tranquillità di cui hanno bisogno per insediare nuclei stabili, preziosissimi per assicurare la conservazione della popolazione nel lungo termine».