Leggiamo sempre più spesso notizie di lupi avvistati in città, osservazioni che evocano in alcune persone un senso di paura e insicurezza, facendo spesso perdere di vista l'obiettività dei fatti. In questo scenario è quindi di fondamentale importanza fare una corretta informazione basata su dati reali ed è qui che si inserisce un nuovo studio condotto dai ricercatori dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Gli studiosi hanno analizzato il primo monitoraggio nazionale del lupo dell'anno 2020/2021 e, alla luce dei risultati conseguiti e delle criticità emerse, hanno fornito indicazioni utili per l'indagine che si terrà quest'anno come, ad esempio, aumentare lo sforzo di campionamento intensivo sulle Alpi e ripeterlo circa ogni otto anni.
«Il lupo non è pericoloso per l’uomo ma se sviluppa un comportamento confidente potrebbe aumentare il rischio di incidenti – spiega a Kodami Paola Aragno, consulente per la gestione faunistica dell'ISPRA – È importante impedire che questo comportamento si sviluppi, evitando che ci siano elementi attrattivi che possono causare un cosiddetto “condizionamento positivo”, ovvero quando il lupo o qualsiasi altro animale selvatico associa all’uomo la presenza di cibo facilmente accessibile».
L'esperta, quindi, rassicura subito sull'entità del fenomeno, non solo illustrando la possibilità di optare per pratiche consone alla convivenza con i selvatici e sottolinea subito i dati reali della sua presenza in Italia: «Nella zona alpina sono presenti in media 946 lupi; nell'Italia peninsulare, invece, 2388. In totale quindi stiamo parlando di circa 3307 individui in tutta la Penisola. Per quanto riguarda la distribuzione sul sito di ISPRA sono disponibili le mappe che indicano con precisione il suo areale ma comunque possiamo dire che nel settore peninsulare la specie risulta aver occupato circa il 74% della zona, circa 108.500 km quadrati, ovvero la quasi totalità del territorio della Penisola. Nel contesto alpino, invece, la specie è risultata presente in circa il 37% del territorio, ovvero 41600 km quadrati».
Questi dati hanno permesso agli studiosi di tarare meglio i monitoraggi futuri e il prossimo avverrà proprio quest'anno sulle Alpi. «La prima indagine realizzata su scala nazionale nella stagione 20-21 ha richiesto uno sforzo notevole – continua Paola Aragno – Sia per quanto riguarda il personale in campo, circa 3000 persone fra operatori istituzionali e volontari, sia per quanto riguarda lo sforzo di coordinamento da parte di ISPRA e del LIFE WolfAlps EU, un progetto che si occupa di migliorare la coesistenza fra il lupo e le persone che vivono e lavorano sulle Alpi. Per questo motivo, ma anche e soprattutto per poter rilevare un eventuale cambiamento nella distribuzione e consistenza della popolazione, risulta appropriato dalle analisi di simulazione realizzate effettuare i monitoraggi con un intervallo temporale di circa 8 anni. Quindi i prossimi nell'Italia peninsulare saranno effettuati nel 2027-28. Nel contesto alpino, invece, dove la specie è ancora in fase di crescita e dove è in essere il progetto LIFE WolfAlps EU, il monitoraggio verrà replicato nel 2023-24».
Nonostante fosse solo il primo monitoraggio nazionale, dunque, l'impegno costante e profuso ha dato come risultato un campionamento preciso, restituendo un dato piuttosto puntuale. Uno sforzo iniziale così grande, inoltre, ha permesso di rimodulare l'area di indagine che, come spiega l'esperta, nell'Italia peninsulare potrà essere ridotta: «La realizzazione di simulazioni condotte sulla base dello sforzo applicato nell’indagine 20-21 e dei risultati ottenuti ha evidenziato che si
potrà ridurre lo sforzo di campionamento estensivo, mentre lo sforzo di campionamento intensivo, ovvero ad esempio la raccolta di campioni biologici da analizzare geneticamente, dovrà essere aumentato. Nel contesto alpino invece, dove è in corso il progetto LIFE, si proseguirà nell’indagare tutte le zone in cui la specie è risultata presente, integrando con gli avvistamenti occasionali».
In sostanza, uno dei dati più importanti dell'ultimo monitoraggio è il forte aumento della presenza del lupo sulle Alpi, che andrà monitorato in maniera ancor più puntuale, mentre nell'Italia peninsulare si ritiene sia in aumento lieve ma costante. Per questo motivo l ’obiettivo del prossimo monitoraggio è ben chiaro alla ricercatrice: «Nel prossimo sarà fondamentale rilevare un eventuale cambiamento nella popolazione indagata. Riteniamo che senz’altro nel contesto alpino si avrà un aumento dell’areale occupato. Nel contesto appenninico, invece, si avrà probabilmente la conferma che la specie è ormai presente ovunque, andando ad occupare anche ambienti dove un tempo non era osservato, quali aree di pianura e maggiormente antropizzate».
Una volta ottenuti i dati, però, il passo successivo e forse più complesso, è studiare un piano d'azione per una gestione della fauna selvatica che punti soprattutto alla sensibilizzazione della popolazione, proprio come spiega la consulente dell'ISPRA: «Gli operatori dell'ISPRA avevano ricevuto un mandato dall’allora Ministero dell’Ambiente per realizzare un’indagine che fornisse una stima solida della presenza della specie poiché allora erano disponibili solo dati
frammentati e disomogenei. Il nostro compito è stato quindi quello di fornire una base che potesse essere utile ai decisori politici e che permettesse poi in futuro di valutare i trend anche derivanti dalle scelte gestionali che verranno fatte».
Su Kodami abbiamo parlato di azioni concrete per sensibilizzare la popolazione e di gestione del lupo con diversi esperti, fra cui Luigi Molinari, studioso di lupi e tecnico faunistico del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano. L'esperto conferma proprio come ormai l'espansione del lupo non sia un fenomeno da prendere sotto gamba e come le interazioni fra essere umano, animali domestici e questi carnivori saranno sempre più all'ordine del giorno.
Ad oggi, però, di iniziative concrete per diminuire la confidenza del lupo nei confronti dell'uomo e dei domestici ce ne sono poche. Fra queste quella che ha fatto più discutere è senza dubbio il progetto con a capo Sarah Marshall Pescini, etologa del Konrad Lorenz Institute dell'Università di Veterinaria di Vienna, che ha spiegato a Kodami come per contrastare il fenomeno della predazione dei cani da parte dei lupi, la Regione Emilia-Romagna abbia avviato un progetto sperimentale con dei cani di peluche che rilasciano una leggera scossa elettrica.Una ricerca controversa che ha generato un grande dibattito che, essendo al suo inizio, non può ancora fornire dati utili per confermare che si tratta di uno strumento efficace.
In ogni caso siamo solo all'inizio. Sarà la politica a prendere provvedimenti seri a riguardo, ma già la disponibilità di dati concreti e l'azione stessa degli operatori dell'ISPRA hanno scalfito l'iceberg del pregiudizio nei confronti del lupo. «Durante il periodo dell’indagine 20-21 – spiega ancora Aragno – Abbiamo svolto una costante opera di formazione e informazione relativamente a quanto stavamo realizzando e ai risultati ottenuti. Riteniamo sia stato uno sforzo importante e che possa aver contribuito a diffondere la conoscenza di questa specie. Il fenomeno della presenza della fauna selvatica negli ambiti antropizzati è un tema a parte ed è vasto, riguarda la fauna selvatica in generale che oggi è più ampiamente diffusa sul nostro territorio rispetto a epoche passate. Senz’altro è necessario che le amministrazioni locali operino in maniera preventiva eliminando tutti gli elementi che possono essere attrattivi per la fauna selvatica, a partire da una appropriata gestione dei rifiuti. Inoltre, la cittadinanza deve essere educata alla convivenza, ad esempio non devono essere lasciati cibi per animali domestici in situazioni in cui potrebbero essere accessibili per la fauna selvatica».
I dati sono disponibili e gli esperti pronti a fornire supporto per un tema così delicato. Ora la palla passa alle amministrazioni, ma nell'attesa sono diversi i progetti già approvati che tenteranno di affrontare il tema. «Ad esempio è partito da poco il progetto LIFE WILD WOLF, co-finanziato dalla Comunità Europea, che affronterà specificatamente la questione e al quale gli operatori dell'ISPRA collaboreranno – conclude l'esperta – Nell’ambito del progetto è prevista la comprensione e la riduzione dei fattori che possono causare l’aumento di confidenza del lupo nei confronti dell’uomo e anche il coinvolgimento dei portatori d’interesse e attività di comunicazione».