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25 Settembre 2023
16:04

Meta accusata nuovamente di non bloccare i video che mostrano violenze sugli animali

Sostenuta da tutti coloro che difendono i diritti degli animali, Yahoo News Australia ha sollevato la questione direttamente con META inviandogli alcuni di quei video dove si vedono cuccioli legati, soffocati, annegati e torturati. Ma la risposta non è stata quella sperata.

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Allattamento, foto in bikini, seni operati per il cancro: secondo Facebook e Instagram questi sarebbero buoni motivi per “bannare” gli utenti dalle due piattaforme, sulle quali però non hanno alcun problema, invece, coloro che pubblicano video che mostrano assurde crudeltà perpetrate dagli esseri umani sugli animali.

Sostenuta da tutti coloro che difendono i diritti degli animali, primi fra tutti la PETA e World Animal Protection, Yahoo News Australia ha sollevato la questione scrivendo direttamente a META e inviandogli alcuni di quei video dove si vedono cuccioli legati, soffocati, annegati e torturati. Ma nonostante le critiche da più parti, il gigante dei social media ha dichiarato a Yahoo News che, sebbene effettivamente alcuni di quei filmati fossero stati ritenuti inquietanti anche da alcuni membri dello staff, i video non sarebbero stati rimossi poiché non violavano le linee guida dell’azienda.

«Per favorire un dialogo libero e aperto, permettiamo alla comunità di parlare e di interagire liberamente. Comprendiamo che questi contenuti possano essere offensivi in alcuni contesti e che le nostre regole non siano perfette». Una risposta, quella dell'azienda, definita da alcuni come "disgustosa" soprattutto se messa in confronto con le ragioni per cui solitamente vengono bannati o bloccati da Meta altri contenuti molto meno sconvolgenti.

Il tema dei maltrattamenti sugli animali postati via social è molto dibattuto anche perché il numero di persone che guarda e condivide questi video dell’orrore è incredibilmente spropositato. A dirlo non è una generica stima, ma un rapporto prodotto dalla Smacc, la Social Media Animal Cruelty Coalition, dal quale emerge che tra luglio 2020 e il mese di agosto 2021, YouTube, Facebook e TikTok insieme hanno accumulato 5.3 miliardi di visualizzazioni su immagini in cui si vedono torture e vessazioni nei confronti di esseri viventi di specie diverse da quella umana.

Secondo le associazioni animaliste, ma parere condiviso da molti, questa ultima tragica frontiera dello sfruttamento animale resa possibile grazie a una pioggia di like deve essere fermata al più presto perché non è dannosa solo per i poveri animali coinvolti, ma lo è per la società intera, poiché porta a normalizzare la violenza e la mancanza di empatia. E chiaramente, per riuscire a farlo necessitano leggi che puniscano severamente chi pubblica tali brutalità e le aziende che lo permettono.

La Gran Bretagna, in questo senso, si è già mossa e da pochissimo ha modificato la normativa sulla sicurezza online obbligando le società proprietarie dei principali social network a rimuovere o rendere inaccessibili ai loro utenti entro poche settimane, tutti i contenuti che contengono crudeltà nei confronti degli animali pena il rischio di ricevere multe salate fino a 18 milioni di sterline.

I grandi colossi social però si sono dichiarati contrari a queste disposizioni in nome della privacy, le cui tutele esistenti verrebbero violate accedendo o visualizzando i messaggi degli utenti. Risposta che, però, non ha fatto però altro che convincere ulteriormente il governo britannico e i diversi ambientalisti inglesi della bontà della legge.

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Simona Sirianni
Giornalista
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