Maurizio De Giovanni nella notte ha purtroppo avuto un infarto ed è stato portato all'ospedale Cardarelli di Napoli, dove si trova tutt'ora ricoverato in condizioni non gravi. De Giovanni è tra gli scrittori più amati in Italia e i suoi libri sono costantemente in vetta alle classifiche, tanto che questa estate avrebbe dovuto condurre un tour in tutto il Paese per la promozione della sua ultima serie di romanzi gialli.
Tra i protagonisti dei suoi racconti ci sono figure indelebili come il commissario Ricciardi, il personaggio che gli ha dato la fama nel 2006 trasformando De Giovanni da impiegato in scrittore di professione.
De Giovanni però è anche un personaggio pubblico conosciuto per la passione per la squadra calcistica della sua città e amatissimo per le sue attività in favore del riconoscimento del patrimonio culturale partenopeo: dalla lingua alle tradizioni. Ma molti assidui lettori avranno colto che suoi racconti è spesso presente un'attenzione nei confronti degli animali. «Gli animali lo capiscono, quando non gli si vuole bene», è il commento che Sara, la protagonista della sua nuova serie di romanzi gialli, rivolge all'ispettore Davide mentre questi si lamenta del carattere irruente del suo Boris, un Bovaro del Bernese di oltre sessanta di chili.
Come nei libri e nella vita di Raffaele La Capria, gli animali non sono solo animali, ma portatori di valori e metafore che per De Giovanni hanno a che fare con l'innocenza e la purezza. Il cane Boris è diffidente nei confronti degli estranei, ma comprende al primo sguardo che di Sara ci si può fidare, e Davide, l'umano di riferimento, agisce di conseguenza perché colpito dal giudizio di Boris. Questo "triangolo" è uno dei motori dell'azione di "Sara al tramonto".
Il cane è presente con un ruolo attivo nella narrazione anche nei primi romanzi di De Giovanni, appartenenti alla serie del commissario Ricciardi, l'ispettore di Polizia che a causa di un dono-maledizione è in grado di vedere e ascoltare gli ultimi istanti di vita delle vittime su cui è chiamato a indagare. Ricciardi è condannato ad avere nelle orecchie il loro lamento fino a quando non assicura il carnefice alla giustizia.
In un caso, però, il morto non si palesa. Si tratta di Tettè, un orfano balbuziente trovato senza vita nelle vicinanze dell'orfanotrofio in cui viveva. Per lui non c'è nessuno spirito vendicatore, solo un meticcio che a testa bassa veglia il cadavere incurante della pioggia nell'autunno partenopeo degli anni Trenta. Il cane è senza nome, come gli orfani che all'epoca venivano registrati come «figli di nessuno», ed è il solo a chiedere giustizia per la giovane vita lasciata sulla strada.
Nonostante l'importanza che i cani rivestono sin dall'inizio della produzione letteraria di De Giovanni, lo scrittore convive con due gatti, uno bianco e l'altro nero, che spesso gli fanno compagnia durante le lunghe giornate di lavoro davanti al pc. Il grande gatto nero dagli occhi giallo, che ricorda alcune delle creatura tratteggiate dalla penna di Edgar Allan Poe, gli fa da "assistente" per l'invio delle copie autografate da spedire ai lettori.
I gatti di De Giovanni, così come i migliaia di lettori in tutto il mondo, attendono il ritorno dello scrittore davanti al pc per una nuova storia.