Marengo, il cavallo di Napoleone, è uno dei cavalli più famosi della storia. La sua vita è stata infatti talmente avventurosa che ha ispirato saggi, quadri e film, divenendo simbolo della fedeltà animale. Sono tanti però i cavalli leggendari, diventati famosi tanto quanto gli umani che hanno accompagnato durante la loro vita: Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno, Asturcone, il cavallo di Giulio Cesare, Marsala, la cavalla di Garibaldi.
Ecco le loro storie.
Marengo, il cavallo di Napoleone
Marengo nacque nel 1973 e fu allevato presso la scuderia araba egizia di El Naseri. Era un cavallo grigio di razza araba che fu inviato a Napoleone durante la sua campagna militare in Egitto per poi essere portato in Francia nel 1799 una volta che il condottiero francese decise di ritornare in patria. A differenza di tanti altri destrieri famosi della storia, Marengo all'inizio non era il cavallo preferito di Napoleone né era un cavallo molto possente, visto che era di piccola taglia ed era alto 1,43 metri.
Quando però Napoleone sopravvisse alla cruda battaglia da cui Marengo prese il nome, nella seconda campagna d'Italia, il condottiero rimase impressionato dal coraggio e dall'estrema versatilità in combattimento dell'animale, tanto da non volersene separare mai più e da sceglierlo come simbolo stesso della sua ascesa nel nostro paese. Napoleone stesso infatti commissionò a Jacques-Louis David, uno dei pittori più influenti del tempo, uno dei quadri più famosi dell'Ottocento: Bonaparte che valica il Gran San Bernardo.
Nel corso della sua vita, Marengo sopravvisse ben otto volte a ferite che gli furono procurate in battaglia e trasportò l'imperatore in molte delle sue battaglie più famose come quelle che avvennero a Austerlitz, Jena, Wagram, Mosca e Waterloo. Secondo inoltre alcuni racconti veneziani, Napoleone sarebbe salito sul campanile di San Marco, in groppa a Marengo, per farsi acclamare dal popolo una volta entrati in città.
All'interno del diario di Napoleone, l'imperatore stesso descrisse il comportamento di Marengo come fiero, sicuro di sé e docile per quanto talvolta scalpitasse quando era circondato da persone di cui non si fidava.
Marengo sopravvisse al suo imperatore: fu catturato insieme ad altri cavalli di Napoleone al termine della battaglia di Waterloo da un militare inglese, William Henry Francis Petre. Marengo poi fu condotto in Inghilterra nei pressi di Ely e venduto al tenente colonnello Angerstein dei granatieri,dove rimase fino all'età di 27 anni. Morì nel 1931 alla veneranda età di 38 anni e in onore di quello che aveva rappresentato per il popolo francese e per le sue famose scorribande militare, si decise di conservare il suo scheletro nel Royal United Services Institute, da dove fu poi spostato al National Army Museum di Chelsea, a Londra.
Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno
Marengo non è l'unico destriero famoso. Anche altri cavalli infatti hanno ottenuto celebrità storica, diventando delle vere e proprie leggende e strumento di propaganda dei propri cavalieri. Fra i destrieri più famosi c'è sicuramente Bucefalo, il mitico cavallo di Alessandro Magno che durante l'epoca ellenistica e romana assunse fama anche di "animale terribile" e degno di essere cavalcato solo dal figlio di un dio.
Alessandro scelse il suo fedele compagno quando era molto giovane e decise presto di portarlo in battaglia, dove dimostrò un'intelligenza straordinaria per gli stessi esseri umani. Anni dopo infatti, ai confini del mondo all'epoca conosciuto, Bucefalo fu fra i primi ad allarmare Alessandro nei confronti dell'avanzata degli allora misteriosi elefanti indiani, nitrendo in risposta ai barriti e alle vibrazioni del suolo provocati dai passi dei pachidermi. Durante la stessa campagna, inoltre, durante la battaglia dell'Idaspe, Bucefalo fu ferito mortalmente durante gli scontri e secondo i racconti tramandati dagli storici greci, prevedendo la sua morte, disubbidì al suo cavaliere e mentre veniva strattonato lo portò in salvo.
Alessandro fu così tanto scosso da questo evento che nel 326 a.C mantenne il lutto per mesi e decise di fondare in segno di rispetto una città in suo onore in Pakistan, Alessandria Bucefala, che oggi viene chiamata Jhelum.
Asturcone, il cavallo di Giulio Cesare
Il cavallo di Giulio Cesare invece si chiamava Asturcone e per gli autori classici e medievali rappresentò l'esempio perfetto di cavallo fedele. Spesso, gli storici e letterati latini, cercarono di descriverlo come un "doppio" dello stesso Cesare, partendo dalle sue stesse peculiarità fisiche. A differenza infatti di tutti gli altri cavalli dell'esercito romano, secondo Svetonio Asturcone aveva lo zoccolo fesso ed era sensibile all'eccessivo caldo, risultando fisicamente fragile come Cesare. Per quanto fosse debole e menomato, tuttavia Asturcone combatté per oltre 20 anni insieme alla cavalleria romana e quando nacque gli aruspici dichiararono che chiunque lo avesse scelto, consapevole dei suoi limiti, sarebbe diventato comunque "Signore del mondo", pagando solo un piccolo prezzo nei confronti del destino.
Asturcone accompagnò Cesare nelle Gallie, in Svizzera e addirittura nella sua spedizione in Inghilterra, ma risultò fondamentale durante il famoso passaggio del Rubicone, convincendo Cesare che era giunto il momento di attraversare il fiume con il suo esercito. Si rivelò un amico così importante per il generale romano che alla sua morte Cesare decise di fare costruire un'imponente statua in suo onore di fronte al tempio privato della sua famiglia e di usare i suoi figli come riproduttori delle sue stalle personali. Uno dei suoi ultimi figli, di cui si è perso il nome, fu probabilmente anche il primo cavallo che fu utilizzato da Ottaviano durante le campagne contro gli assassini di Cesare, una volta divenuto dittatore.
Incitatus, il cavallo di Caligola
Rimanendo sempre in epoca romana, Incitatus fu il famoso cavallo da corsa che rischiò di diventare console dell'impero romano, durante l'impero di Caligola. Ed è anche da ricordare Dorkon, il cavallo resistentissimo e furente dell'imperatore bizantino Eraclio. Secondo Teofane Confessore, Dorkon venne impiegato dall'imperatore alla battaglia di Ninive del 627, dove fu ferito varie volte senza battere ciglio. Dopo aver ricevuto diversi colpi al muso ed essere stato ferito ad una coscia, Dorkon continuò inoltre a lottare inferocito anche quando l'imperatore scese dalla sua sella, tanto che dovettero legarlo per impedirgli di assalire da solo nuove truppe nemiche.
Marsala, la cavalla di Garibaldi
Ritornando ad epoche più recenti, Garibaldi amava cavalcare una giovane cavalla grigia di nome Marsala che gli fu regalata appena sbarcò in Sicilia, all'inizio del Risorgimento. Durante l'intera impresa dei Mille, Garibaldi comandò le sue truppe in sella alla giovane puledra siciliana che l'accompagnò anche una volta conclusa l'impresa dell'unificazione d'Italia. Marsala fu responsabile della salvezza di Garibaldi, durante la battaglia dell'Aspromonte e giunta a Caprera venne personalmente accudita dal generale fino alla sua morte, avvenuta nel 1876.