«Siamo qui per dare voce a chi non ce l'ha». È questo lo slogan che unisce tutte le persone che oggi hanno partecipato alla manifestazione contro le nuove disposizioni regionali per la tracciabilità dei cani.
Davanti alla sede della Regione Campania, in via Santa Lucia a Napoli, si sono dati appuntamento centinaia di attivisti e semplici cittadini per protestare contro le nuove regole di registrazione dei cani in anagrafe, regole che secondo i volontari porteranno un gran numero di cani nei canili di una regione non ancora adeguatamente attrezzata. «La nuova procedura deve essere modificata perché così com'è non fa altro che riempire i canili», spiegano a Kodami i manifestanti presenti sul posto fin da questa mattina.
I volontari stavano attendendo l'arrivo della consigliera Roberta Gaeta, che nelle ore della manifestazione era impegnata in un incontro negli uffici della Regione per lavorare su una modifica della procedura di tracciabilità. Nonostante la sospensiva decisa il 27 gennaio 2024 ancora molte Asl continuano ad andare in ordine sparso.
In strada, a fare sentire la propria voce, c'erano persone di tutte le età e provenienti da ogni provincia, tra loro ci sono anche alcuni tra i volti più noti dell'animalismo campano, a cominciare da Dorothea Friz, 72 anni, tedesca di nascita e campana d'adozione che ha dedicato la sua vita a cani e gatti liberi.
«Con questa legge siamo punto e a capo: i canili sono più pieni oggi di quanto non lo erano 4o anni fa. Cittadini, animalisti, istituzioni devono collaborare insieme senza le follie della burocrazia», dice la veterinaria che conosce bene l'evoluzione del randagismo in Italia nel corso dei decenni. Dopo essere arrivata in Italia negli anni Ottanta ha deciso di aiutare i cani vaganti nel luogo più difficile della Campania: la zona di Castel Volturo. Kodami ha raccontato la sua storia in un video.
In prima fila c'era anche Luigi Carrozzo: «I canili attuali non sono in grado di offrire il giusto servizio per la tutela degli animali. Sono qui per manifestare contro questa procedura e per dare supporto alle associazioni, perché le Asl senza noi volontari non potrebbero operare in questo settore. È quindi da rivedere proprio il ruolo delle associazioni, vogliamo una collaborazione più stretta con le istituzioni». E conclude dando voce al pensiero di molti giunti a Napoli questa mattina: «Degli animali ci si prende cura usando la ragione, ma solo questa non è sufficiente, come non lo è il nostro cuore, c'è bisogno di entrambi».
Carrozzo ha fondato a Santa Croce, a nord di Napoli, il rifugio "L'emozione non ha voce", dove da anni mette in pratica con successo l'utopia del canile senza sbarre. Soprattutto in Campania però il rifugio dal volto umano di Carrozzo è un ideale ancora inattuabile: le pagine di cronaca sono piene di storie di canili e allevamenti lager dove muoiono nell'anonimato decine di cani. È per la presenza di strutture così che i volontari vogliono evitare il passaggio dei cani, soprattutto dei cuccioli, in canile.
In strada c'erano anche i referenti delle maggiori associazioni di tutela animale: Lndc, Oipa, e tanti altri. Sono proprio le associazioni riconosciute che potrebbero beneficiare di un cambio di passo nella gestione dei cani vaganti. La legge infatti dispone che solo i volontari di associazioni iscritte nell'albo regionale, che collaborano con le ASL o delegate dai Comuni potranno vedersi affidati i cani privi di microchip trovati sul territorio. Un'occasione per creare reti organizzate di volontari sul territorio, ma che è stata sprecata a causa dell'artificiosità della procedura elaborata dalla Regione.
Ci sono poi le piccole ma organizzate realtà della provincia e delle isole. Da Ischia è arrivata Annamaria Mazzella, 22 anni: «Sono venuta apposta oggi. Non riesco a immaginarli in canile, soprattutto perché non esistono canili a Ischia». Con la Laai-Lega animali&ambiente delle isole del Golfo si occupa del recupero di cani vaganti, ma con la nuova legge tutto cambierà: non c'è un canile comunale a Ischia e con la nuova procedura gli animali verrebbero trasferiti sulla terra ferma. I volontari non potrebbero seguirli, e di conseguenza neanche trovare un'adozione consapevole.
I volontari che abbiamo incontrato in piazza non chiedono che la gestione dei cani vaganti e del randagismo resti sulle loro spalle, ma che i cambiamenti vengano fatti tenendo conto del benessere dei cani e della realtà del territorio, in un rapporto di collaborazione tra persone e animali e tra associazioni e istituzioni.