Se dovessimo perdere l'incredibile biodiversità di mammiferi del Madagascar, quanto tempo ci vorrebbe affinché si sviluppino nuovamente forme di vita così complesse e uniche? Potrebbe sembrare una domanda retorica o quantomeno peculiare, ma non lo è. Dei ricercatori hanno esaminato quanto tempo ci è voluto ai mammiferi moderni del Madagascar per differenziarsi come specie, hanno stimato quanto tempo ci vorrebbe affinché altri animali presentino gli stessi tratti nuovamente e hanno fornito una risposa precisa: 23 milioni di anni.
I ricercatori hanno scelto per lo studio la meravigliosa isola africana non a caso. Il Madagascar è un vero e proprio sogno per un biologo, una sorta di esperimento naturale per scoprire quali possono essere gli effetti dell'isolamento geografico sugli animali e come questo possa stimolare i processi evolutivi. Il tasso di endemismo di questa regione, infatti, è impressionante: circa il 90% delle piante e degli animali che si trovano sull'Isola non possono essere incontrati altrove sulla Terra. Piante e animali, però, sono in grave difficoltà per colpa della perdita di habitat, alla caccia eccessiva e al cambiamento climatico. Un esempio concreto di questa crisi di biodiversità è rappresentato dal numero di specie di mammiferi in pericolo: delle 219 specie di mammiferi conosciute sull'Isola, tra cui 109 specie di lemuri, più di 120 sono a rischio d'estinzione.
Riuscire a restituire un quadro completo della situazione in questi casi non è mai facile: come è possibile spiegare efficacemente quanto sia grave perdere delle specie animali senza dover necessariamente pensare alla relativa perdita economica? Gli scienziati del Field Museum of Natural History, a Chicago negli Stati Uniti, hanno dunque provato a rispondere a questa domanda pubblicando uno studio su Nature Communications dove hanno quantificato quanto tempo servirebbe per "rimpiazzare" le specie perse.
23 milioni di anni è una quantità di tempo che fa impallidire i pochi anni di vita che ognuno di noi passa su questo pianeta. Basti pensare che 23 milioni di anni fa iniziava il periodo Neogene dove si ebbe una incredibile proliferazione specie di mammiferi e uccelli simili a quelli moderni con un progressivo raffreddamento della Terra che culminò nelle glaciazioni del Quaternario e l'apparizione dei primi ominidi.
Pensare seriamente di poter aspettare nuovamente tutto questo tempo è chiaramente una provocazione, un modo per poter risvegliare le coscienze di tutti su quelli che sono le principali minacce che gravano sugli animali malgasci. Al primo posto fra le minacce c'è sicuramente la sovrappopolazione umana, specialmente dopo l'esplosione demografica che nel corso degli ultimi 1000 anni ha visto il numero di esseri umani dell'Isola salire da poche centinaia a 30 milioni di persone.
Ad oggi le specie animali scomparse sono già molte, eppure se fossimo stati lì 1000 anni fa, fra le foreste piovose orientali e l'area semi-desertica della regione centrale, avremmo potuto ammirare molti grandi vertebrati. Ad esempio ippopotami pigmei che sguazzano nel fiume Betsiboka, testuggini di terra giganti e, con un po' di fortuna, persino un lemure gigante delle dimensioni di un gorilla e il così detto "uccello elefante", simile allo struzzo che poteva raggiungere 3 metri di altezza. Una volta giunto l'uomo sull'Isola, però, questi grandi animali iniziarono a sparire, utilizzati come fonte di cibo o perché in competizione per territori e risorse alimentari.
Un'esplosione demografica così grande deriva sicuramente in parte dall'abbondante quantità di risorse che offre il Madagascar, la quinta isola più grande del mondo con dimensioni circa paragonabili a quella della Francia. In termini di diversità ecosistemica, però, il Madagascar, sembra un vero e proprio "mini-continente": da quando la regione si è scissa dal continente africano e dal subcontinente indiano, rispettivamente 150 e 80 milioni di anni fa, le piante e gli animali hanno intrapreso i loro percorsi evolutivi tagliati fuori dal resto del mondo. Avendo a disposizione una quantità di habitat estremamente diversa e una buona plasticità genetica, gli animali di diverse specie hanno iniziato a differenziarsi molto più rapidamente rispetto ai loro cugini continentali.
Ma questa incredibile biodiversità ha un costo: l'evoluzione avviene più velocemente sulle isole, ma anche l'estinzione. Le popolazioni non possono espandersi all'infinito, ma hanno un spazio ben definito in cui poter accrescersi. Di conseguenza rimangono spesso piuttosto piccole e quindi più vulnerabili alle minacce. Ecco perché più della metà dei mammiferi del Madagascar sono inclusi nella Lista Rossa delle Specie Minacciate dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura.
Data la delicata situazione ambientale studi come quello del team del Field Museum of Natural History sono sempre più necessari. Gli scienziati hanno scoperto che delle 219 specie di mammiferi malgasci conosciuti oggi, oltre 30 si sono estinti negli ultimi due millenni, tra cui un lemure delle dimensioni di un gorilla, Archaeoindris fontoynontii, che si stima si sia estinto tra 500 e 2000 anni fa.
I ricercatori hanno quindi costruito alberi genealogici su base genetica per stabilire come tutte queste specie sono correlate tra loro e quanto tempo è stato necessario affinché si potessero considerare specie diverse dai loro antenati. Da qui la stima che piove su di noi quasi come una sentenza: per ricostruire la diversità dei mammiferi terrestri che si sono estinti negli ultimi 2500 anni, ci vorrebbero circa 3 milioni di anni. Se tutti i mammiferi attualmente in pericolo dovessero estinguersi, però, ci vorrebbero almeno 23 milioni di anni per ricostruire quel livello di diversità.
I ricercatori pongono lo studio in maniera quasi provocatoria e più che un'analisi filogenetica è quasi un avvertimento. Gli studiosi, infatti, tengono a specificare che la loro stima non sta a significare che, se lasciassimo estinguere tutti i mammiferi malgasci, l'evoluzione li ricreerebbe allo stesso modo, quasi come farebbe un'entità sovrannaturale con uno schiocco di dita. Il senso dello studio è quantificare il tempo necessario ai processi evolutivi naturali per ricreare una tale complessità biologica. Recuperare le specie estinte è impossibile perché dall'estinzione non si può tornare indietro.