Una madre che non si decide a lasciare andare il suo piccolo perché ha bisogno di tempo per elaborare il lutto: è questa la scena che si sono trovate davanti due guide del Twyfelfontein Country Lodge, in Namibia, domenica mattina.
Le guide hanno riferito che il cucciolo fin dalla nascita, avvenuta solo due giorni prima, appariva troppo debole per sopravvivere, una realtà evidentemente inaccettabile per la madre che ha portato con sé il piccolo per diverse ore prima di scomparire alla vista delle guide.
Il luogo dove è avvenuto questo avvistamento è la Twyfelfontein Valley, il primo sito Patrimonio dell'Unesco in Namibia. Il riconoscimento, arrivato nel 2007, si deve alle 2.500 incisioni e pitture rupestri straordinariamente antiche presenti nella zona. In questa parte della Namibia gli animali coesistono da sempre con le prime popolazioni di cacciatori-raccoglitori, e intorno a natura e archeologia si è sviluppata anche un'industria turistiche che ha portato alla costruzione del Lodge a cui appartengono le due guide che hanno avvistato l'elefante.
Non è possibile sapere con certezza perché la madre trasportasse il corpo senza vita di suo figlio, tuttavia non sarebbe la prima volta che in natura vengono osservati comportamenti di dolore negli animali colpiti da un lutto. Nel 2018 i ricercatori del Center for Whale Research hanno osservato la femmina di orca Tahlequah trasportare la figlia, morta poche ore dopo il parto, mantenendone il corpo a filo d’acqua con il rostro. Solo dopo 17 giorni la madre si è rassegnata, e dopo aver nuotato per nell'Oceano pacifico Tahlequah ha lasciato andare la figlia, affidandola agli abissi.
Episodio analogo è avvenuto un anno dopo in Italia, nel porto di Genova, dove ancora una volta una mamma orca ha continuato a portare in superficie per giorni il suo piccolo senza vita. Anche in quel caso la femmina si è presa del tempo per elaborare il lutto per poi lasciare il cucciolo.
Se gli animali soffrono per un lutto è una domanda che le persone si fanno da molto tempo, e alla quale la scienza ha più volte provato a rispondere. Associare comportamenti umani agli altri animali è sempre sbagliato, ma anche credere che la nostra specie sia l'unica a provare sensazioni ed emozioni è una credenza egualmente errata, smontata da esperti come il primatologo Frans de Waal che in una videointervista a Kodami ha sottolineato come l'empatia appartenga agli umani così come a tutti gli altri mammiferi.
Non è neanche la prima volta che vengono riprese scene di questo tipo con protagonisti gli elefanti. Questi animali sono stati osservati impegnarsi in rituali di morte espliciti, tra cui coprire il corpo del defunto con rami e terra, sollevare e manipolare le ossa e tornare da lui. Nel 2016, in Africa, è stata videoripresa una scena molto intensa: i membri di tre diverse famiglie di elefanti si recarono a visitare il corpo di una matriarca defunta, annusandolo con la proboscide, toccandolo e passando ripetutamente vicino ad esso.
Elefanti ed orche, come noi, sono mammiferi e i loro comportamenti davanti alla perdita di un conspecifico sono dei rituali parte dell'elaborazione del lutto.