Maiali presi a calci e colpiti più volte con un teaser elettrico, ma anche l’uccisione di una scrofa malata percossa con una mazza di ferro per decine di minuti fino al sopraggiungere della morte. È iniziato questa settimana, finalmente, al Tribunale di Ancona il processo a carico del titolare e di due operai di un allevamento di Senigallia dove un attivista sotto copertura di Essere Animali aveva documentato con una telecamera nascosta una serie di violenze inaudite su questi poveri suini, presentando immediatamente denuncia.
I fatti risalgono al 2018 e quel materiale agghiacciante raccolto portò al blitz del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale Carabinieri di Ancona dentro l’allevamento e al sequestro di un pungolo elettrico, di attrezzature per la castrazione dei suinetti e della mazza di ferro con cui venivano colpiti i maiali malati. Dopo che le immagini erano passate sui telegiornali nazionali, le proteste dei cittadini e le cittadine di Senigallia contro quella struttura ribattezzata “degli orrori” furono talmente forti, che il titolare aveva deciso di chiudere i battenti e l’allevamento risulta ancora chiuso.
«Nel rinvio a giudizio si legge che i tre sono imputati in concorso fra loro sia del reato di uccisione di animale (544 bis c.p.) per la morte di suini non commerciabili perché non deambulanti, procurata attraverso ripetuti colpi di mazza al cranio – spiega Simone Montuschi presidente di Essere Animali – sia del reato di maltrattamento (544 ter c.p.) perché procuravano sofferenze agli animali allevati nell’azienda "per crudeltà e senza necessità", sottoposti a sevizie attraverso l'utilizzo ingiustificato di bastoni in metallo o altri strumenti con cui venivano violentemente colpite anche scrofe incinta o suinetti di pochi giorni. Noi siamo stati riconosciuti come parte civile nel processo e quindi continueremo a chiedere la condanna penale nei confronti degli autori di questi comportamenti, i quali non potevano non sapere di commettere un'azione non solo illegale, ma che provoca dolore e sofferenza prolungata agli animali».
Negli allevamenti intensivi gli animali non sono considerati esseri viventi, né tantomeno senzienti: per quanto riguarda i maiali, vengono brutalmente strappati alle madri quando hanno meno di una settimana di vita e vengono mutilati senza anestesia, tra grida atroci di dolore e spavento. Qualche anno fa, anche la LAV presentò al Parlamento Europeo di Strasburgo nel corso di un incontro dell’Intergruppo per il benessere e la protezione degli animali una sua indagine al quanto scioccante. L’inchiesta era stata condotta ovviamente “sotto copertura” in alcuni allevamenti delle province di Brescia, Cremona, Lodi e Mantova, dove la squadra investigativa della LAV era riuscita a raccogliere testimonianze senza precedenti sulla pratica cruenta della castrazione dei suinetti.
Questa mutilazione, incredibilmente consentita dalla legge, così come il taglio della coda o la troncatura dei denti da latte, viene effettuata da semplici operatori dell’allevamento senza il ricorso all’anestesia e senza la presenza di un medico veterinario entro il settimo giorno di vita dei cuccioli. Dopodiché, i piccoli vengono letteralmente lanciati nei box, con il rischio di provocare loro ulteriori lesioni o traumi, in aggiunta allo stress e al dolore delle mutilazioni.
Gli allevamenti di suini in Italia sono circa 27 mila e i maiali allevati a scopo alimentare sono quasi 9 milioni, di cui la quasi totalità si trovano in strutture di tipo intensivo nel nord Italia, nello specifico in Lombardia, dove viene allevata la metà di tutti i suini presenti nel territorio nazionali. Questi animali in Italia vengono impiegati per la maggior parte per la produzione salumi e altri insaccati considerati una delle eccellenze italiane, nonostante le numerose criticità che questa industria presenta sul piano ambientale e sanitario, oltre che sul piano della protezione degli animali.
A livello europeo la legislazione per la protezione dei suini, recepita anche in Italia, ha tra i suoi capisaldi l’obbligo di fornitura ai suini di materiali come la paglia per consentire loro di esprimere il loro comportamento naturale di esplorazione, il divieto di mozzare loro le code come operazioni sistematiche e l’obbligo di alloggiare i suini in locali forniti di una zona confortevole e pulita. Di tutto questo molto spesso negli allevamenti non vi è traccia in palese violazione delle disposizioni della Direttiva europea e, anzi, al contrario, la vita di questi poveri animali non solo è estremamente lontana da ciò di cui hanno bisogno, ma viene resa impossibile dalle atroci sofferenze che devono subire.