A volte ritornano. Ma a volte ritornano sempre. Sono i video virali che, lungi dall’essere delle notizie verificate come dovrebbero, vengono rilanciati per un clic in più.
È esattamente quello che sta succedendo in questi giorni con il maiale al guinzaglio ripreso alla Stazione Centrale di Milano con la sua pet mate mentre scende le scale verso l’uscita, davanti agli sguardi perplessi e sorpresi dei viaggiatori che affollano ogni giorno i binari.
Ogni Natale, o giù di lì, il video si ripresenta puntualmente online trasformando ogni volta il maiale in una star. Che non sia recente, però, è facile dimostrarlo. Basta fare un semplice ricerca su Google per scoprire che il video viene pubblicato ogni anno e ogni anno le testate lo fanno passare come novità.
Diciamo che in questo caso, però non si tratta di fake news vera e propria, nel senso che il maiale dalla stazione di Milano c’è passato, ma quando e perché, sono ancora un segreto. Ma siccome a Kodami piace informare dando notizie certe, il maiale della Stazione Centrale lo abbiamo trovato e la sua storia è decisamente interessante.
Il maiale si chiama Dior ed è uno dei maiali che stava per essere abbattuto alla Sfattoria degli Ultimi, il rifugio a Nord di Roma che ad ottobre ha vinto il ricorso presentato contro la notifica di abbattimento per i 140 animali ospiti della sua struttura ricevuta dall'Asl a causa delle peste suina. Noi di Kodami siamo andati nei momenti di più alta tensione per raccontare la vita all'interno del rifugio.
«Oggi è l’ultimo giorno che l’Asl ha per presentare un nuovo ricorso e non sappiamo se l’abbia fatto o meno. Quindi ancora non possiamo dire di essere sereni. Diciamo però che dopo la sentenza, sicuramente viviamo in maniera diversa, anche se ancora non tiriamo un sospiro di sollievo definito», ci spiega Paola Samaritani che del rifugio è la fondatrice.
Ma torniamo un attimo a Dior, perché anche lui è uno dei protagonisti della lotta che Samaritani con tutti i volontari, portano avanti quotidianamente per salvare più animali possibili dalla furia umana.
«I giornali sui cui è apparso il video di Dior a Milano riportano informazioni non corrette. Ci descrivono habitué dei Parioli, la zona chic di Roma, ma noi siamo di Testaccio. A parte questo, il viaggio è stato una vera avventura. A partire dal biglietto che non esiste per i maiali viaggiatori, ovviamente. L’addetta dello sportello, a parte rimanere leggermente sorpresa dal tipo di animale con cui viaggiavo, devo dire che non si è persa d’animo, ha stampato il biglietto come se con me ci fosse un cane poi ha tirato una riga su cane e a penna ha scritto maiale».
Quel viaggio a Paola è costato una follia: «Ho pagato molto di più il suo biglietto del mio. Devo dire però che Dior mi ha dato grandi soddisfazioni, è stato ineccepibile. Tanto che mi hanno fatto i complimenti tutti. Ma ancora più bello è stato il ritorno da Milano: mi si avvicina un signore con la divisa di Italo dicendomi espressamente che avrebbero avuto piacere che Dior viaggiasse sui loro treni. E così è stato: vagone di prima classe, salottino, 4 posti liberi solo per noi, il pacchetto benvenuto con noccioline, crocchette e acqua fresca».
Dior e Paola, sono molto conosciuti a Roma e soprattutto molto amati: «I testaccini salutano prima lui di me, i turisti mi dicono che torneranno a Roma solo per salutarlo, una ragazza di Londra che andava non so dove, ha fatto scalo in città per salutarlo. Che posso dire, un vero fans club che lo segue anche sul suo profilo Instagram, ha più di 5000 follower. Mica male. Non ti dico ora che non lo vedono più, è un continuo chiedermi come sta e cosa fa».
Dior, da quando è scoppiato il caso della Sfattoria, vive al rifugio, perché chiaramente con la questione della peste suina non può più stare in giro per strada o a casa a Roma: «Ma questa cosa non gli va giù. È arrabbiatissimo. Abituato alla città, qui con i suoi cugini di campagna non ha alcuna voglia di stare, non gli piace proprio, i maiali non gli sono simpatici, vuole stare con i cani. È offesissimo, non accetta proprio di godersi questa vacanza in campagna in mezzo al verde. È il suo lockdown praticamente, e lo vive come lo abbiamo vissuto noi».
Dior è parte integrante di tutta la storia della Sfattoria, perché dei tantissimi salvati negli anni da Paola, lui è il primo: «Lo salvai che era piccolissimo. Ma il mio grande amore per questa specie arriva da lontano, da quando come terapia alternativa al mio compagno, che stava morendo di cancro, fu affidata una maialina vietnamita con cui fare pet terapy. Ci regalò una breve felicità, ma talmente grande che diventò la motivazione più forte per battermi per loro»..
Ecco com’è nata la Sfattoria degli ultimi: «Iniziai a voler salvare tutti questi animali che trovavo in difficoltà, ma non sapevo nemmeno dove metterli. Poi venni a sapere di quest’area pubblica abbandonata e sottratta ad una speculazione edilizia. E ho deciso di prenderla, entrando di notte e dando un rifugio a questi animali. Ne è passato di tempo da allora, parecchio, e ogni giorno ci siamo dedicati anima e corpo per realizzare questo posto, per renderlo accogliente per loro».
Si può immaginare cosa provò quando arrivò la notifica dell’Asl che chiedeva di ammazzare tutti i suoi animali: «Follia. Oltretutto mi dissero, chissà poi per quale motivo, "puoi salvarne due, metti il nome di Dior". Capisci, solo perché era conosciuto. Ho risposto che li avrei salvati tutti o nessuno, non c’erano preferenze. Per questo quando è arrivata la sentenza ho detto che era la più bella pagina dell'animalismo nel nostro paese che i magistrati avessero mai scritto».
In pratica la Sfattoria è stati legittimata dal TAR come rifugio per animali in difficoltà: «È la prima volta assoluta che succede in Italia e questo inevitabilmente apre la porta anche agli altri rifugi esistenti che, per un vuoto normativo, sono sempre stati considerati allevatori, cosa che volevano fare anche con noi. Detto ciò, nonostante questo importante passo avanti, io non mi arrenderò mai fintanto che si continuerà a fare questa persecuzione nei confronti degli ultimi, e mi riferisco ai cinghiali in particolare modo, visto il protocollo ancora più cruento messo in atto per allontanarli dalle città. Cosa giusta, per carità, ma si possono trovare modi diversi. Tenendo conto, anche, che le stesse persone che non vogliono trovarseli al parco mentre portano a spasso il cane, sono coloro che inorridiscono davanti a quei metodi e vorrebbero soltanto che venissero ospitati in un luogo idoneo, senza crudeltà. Finché sarà così io sarò in campo a lottare».