Sei secoli di carcere alle 91 persone ritenute responsabili di aver intascato illecitamente i fondi europei destinati all'agricoltura. Così la sentenza del Tribunale di Patti mette il punto al maxiprocesso dei Nebrodi e all'attività della "mafia dei pascoli".
Secondo i giudici gli imputati avrebbero intascato illecitamente oltre 10 milioni di euro di fondi pubblici, a partire dall'anno 2013. Le truffe si sono consumate nei confronti dell'Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, da parte di due clan mafiosi di Tortorici, Comune del Parco dei Nebrodi in provincia di Messina.
Il Parco dei Nebrodi è l'area naturale protetta più grande della Sicilia. Nonostante le sconfinate bellezze naturalistiche, era proprio questa l'area maggiormente interessata dal business della mafia dei pascoli. Per questa ragione si sono costituti come parte civile al Processo una serie di enti preposti alla difesa non solo della legalità, su tutte l'associazione Libera, ma anche dell'ecosistema e dei suoi animali come l'assessorato regionale Ambiente, il Comune di Tortorici, e ovviamente il Parco stesso.
Dopo la lettura della sentenza è arrivato il plauso del presidente dell'Ente Parco, Domenico Barbuzza, il quale ha dichiarato: «L'auspicio è che parlare di Nebrodi evidenzi le bellezze naturalistiche che hanno dato vita all'istituzione dell'omonimo Parco regionale, la laboriosità della popolazione residente, il desiderio di dar vita a progetti di sviluppo da parte dei giovani. Il desiderio unanime è di veder riconosciuto questo territorio come fucina di operosità e collaborazione con l'Ente, guida del comprensorio: la ripartenza che vogliamo vede al primo posto la tutela dei valori naturali dell'area protetta».
Sull'ampio territorio del Parco sorgono infatti ben 24 Comuni, 19 dei quali nella sola area metropolitana di Messina. In quest'area il conflitto tra uomo e natura ha portato alla scomparsi di cervi, daini, caprioli e lupi, soprattutto a causa del bracconaggio. In tempi recenti, tuttavia sono iniziati lavori di reintroduzione di alcune specie, come i grifoni, che sono tornati in Sicilia sia sui Nebrodi che nel parco delle Madonie.
L’aggravante dell’associazione mafiosa è stata riconosciuta solo per uno dei due filoni d'indagine, per il resto si è trattato di associazione semplice. I reati contestati a vario titolo riguardano l'associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento a seguito di incendio, uso di sigilli e strumenti contraffatti, falso, trasferimento fraudolento di valori, estorsione e truffa aggravata. L'accusa aveva chiesto 1.045 anni di carcere e 30 milioni di euro di confische per 101 imputati, 10 di questi sono stati però assolti.
Era il gennaio 2020 quando è partita l'operazione della Direzione distrettuale antimafia di Messina che ha portato all'arresto di 94 persone, 48 in carcere e 46 ai domiciliari, e al sequestro di 151 imprese, oltre a conti correnti e rapporti finanziari. L'accusa aveva formulato per i 101 imputati richieste per 1.045 anni di carcere e 30 milioni di euro di confische, nella sentenza del Tribunale è stato confermato l'impianto accusatorio, pur assolvendo 10 imputati.
Gli inquirenti, nel corso dell'inchiesta durata quasi due anni, hanno accertato l'esistenza di un sistema che permetteva agli imputati di ricevere milioni di euro lasciando i pascoli incolti, oppure in alcuni casi, ricevere i fondi senza avere alcun terreno reale. Ciò era possibile grazie a una lunga lista di prestanome e società fittizie, ma anche attraverso l'intimidazione nei confronti di agricoltori e allevatori dei Nebrodi.
Per la Procura si tratta dell'evoluzione di una mafia prettamente rurale a una capace di forzare i meccanismi di finanziamento europei, ottenendo benefici illeciti non più solo da racket ed estorsioni, ma anche dalla burocrazia, e che vede il proprio core business nella compravendita dei terreni.