Nel modo di dire “can che abbaia non morde” è racchiusa tutta la saggezza non tanto dei detti popolari ma di quella che appartiene a una specie che si è coevoluta con gli esseri umani. Un cane che abbaia, infatti, sta comunicando le sue intenzioni e sta facendo un passo importante in termini di relazione per far sapere all’altro individuo, conspecifico o meno che sia, che qualcosa non gli sta bene e lo comunica in questo modo per evitare di passare eventualmente a quella che è solo l’extrema ratio, il morso, qualora l’altro proprio non comprenda l’antifona.
L’abbaio, infatti, è “la voce del cane” inteso proprio come mezzo attraverso il quale Fido esprime la sua opinione in base alle emozioni che sta provando, alla sua mente che analizza il contesto e a ciò che sta accadendo nel momento e nell’ambiente in cui si trova, nonché in conseguenza anche alle esperienze che ha maturato.
Nell’espressione popolare, in particolare, si intende così descrivere situazioni accadute talmente tante volte, ovvero valutate in base all’esperienza empirica di chiunque, che hanno portato a forgiare un detto: qualcosa accaduto in situazioni simili ma vissute da persone diverse e che è replicabile per tutti.
Eppure, nonostante nella realtà un cane che abbaia e poi non morde è un animale che possiamo definire alla fin fine “gentile” nei confronti di quella che comunque rappresenta la fonte di un fastidio se non di un pericolo, nel linguaggio umano questo detto è stato ampiamente antropomorfizzato. Lato relazione con il cane, dunque, è bene comprendere prima di tutto perché il cane può mettere in atto questo comportamento e sapere che non va sempre a finire così.
In tempi remoti, del resto, questo detto è nato basandosi effettivamente sulla osservazione del comportamento canino ma poi è stato mutuato sulle persone in epoca “moderna” attribuendo pure al cane una descrizione con accezione negativa perché in realtà gli è stata associata la reazione come se fosse un essere umano arrogante e pavido.
Da dove arriva il detto?
L’origine di questo modo di dire, infatti, arriva da molto lontano. Il primo a cui si attribuisce la paternità è uno storico romano del Primo Secolo a.C. che si chiamava Quinto Curzio Rufo, almeno secondo quanto riportato dall’Oxford Dictionary che rimanda a quell’epoca prima di precisare che poi fu sdoganato nel linguaggio comune in Inghilterra nel XVI Secolo. L’importante vocabolario così definisce l’espressione: «Le minacce rumorose spesso non presagiscono un pericolo reale». La terminologia latina con cui veniva però usato questo modo di dire era: “Canis sine dentibus vehementius latrat”, ovvero “un cane senza denti, abbaia più forte, ma non è pericoloso”.
Nel tempo la parte relativa alla mancanza della dentatura è stata modificata e poi con “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni l’attenzione sul comportamento del cane è passata del tutto in secondo piano: il luogo comune si è trasformato in una metafora per sottolineare attitudini umane e non canine. Nel romanzo, infatti, è Perpetua a usare il detto per “bacchettare” Don Abbondio e la sua proverbiale codardia in uno scambio tra i due che si incontra praticamente subito, a pagina 28 del primo capitolo, in cui la collaboratrice del prelato così si rivolge a lui:
“Eh! le schioppettate non si danno via come confetti: e guai se questi cani dovessero mordere tutte le volte che abbaiano! E io ho sempre veduto che a chi sa mostrare i denti, e farsi stimare, gli si porta rispetto; e, appunto perché lei non vuol mai dir la sua ragione, siam ridotti a segno che tutti vengono, con licenza, a…”
Ancora oggi, così, il significato viene usato per descrivere persone che alzano il tono della voce, che hanno un atteggiamento bellicoso e poco impavido perché poi non hanno il coraggio di "passare ai fatti” e dunque fanno, per usare un altro modo di dire, “molto rumore per nulla”.
Ciò, però, non ha più a che fare con il comportamento dei cani o, meglio, non può essere del tutto generalizzato così come il proverbio vuole se non si conoscono le motivazioni specie specifiche che portano un animale sociale come il cane ad abbaiare prima di decidere se passare o no a un’altra strategia per uscire da una situazione che non gli fa piacere.
Abbaiare e mordere si escludono a vicenda?
Questo comportamento da parte del cane non porta necessariamente a una non aggressione fisica perché il punto della questione è che ciò dipenderà dalla capacità del ricevente di aver compreso o meno il messaggio che possiamo tradurre in un banale “tieni le distanze da me”. Inoltre, a seconda dell’individuo e del contesto in cui ci si trova si avrà una reazione differente anche da parte del cane stesso.
In generale possiamo dire, come abbiamo subito sottolineato a inizio articolo, che il cane usa la voce per avvisare l’altro di non andare oltre, ovvero per manifestare il suo disagio che può nascere da motivazioni differenti e che se non ascoltato può portare anche all'uso del morso.
I due comportamenti, in breve, non si escludono a vicenda e sono direttamente correlati nel caso in cui nonostante il cane abbia chiaramente manifestato il suo disappunto l’altro soggetto non abbia voluto o non abbia saputo interpretare il messaggio.
Un cane che abbaia può anche mordere
Il detto, dunque, non rispecchia la realtà o, meglio, sebbene sembri empiricamente valido bisogna invece sempre tenere presente che c’è l’eccezione che non conferma la regola: cosa della quale, del resto, dovremmo ricordarci per tutti i luoghi comuni tanto del mondo canino che in generale delle relazioni tra noi umani e tra la nostra specie e le altre.
Ciò che è importante fare proprio da questo modo di dire è che l’abbaio è un avviso e che ha sfumature, intensità e modulazioni di suono diverse e ognuna con il suo significato. Sta a noi che conviviamo con questa specie da migliaia di anni fare uno “sforzo in più” nel segno del rispetto e provare a stabilire una comunicazione chiara anche da parte nostra nei confronti di Fido.
Nell’abbaiare, dunque, in casi come questo che stiamo analizzando, ovvero in occasioni in cui il cane produce un suono con intento di manifestare che qualcosa dal suo punto di vista non sta andando come vorrebbe, è compito nostro evitare una excalation che potrebbe portare a un comportamento aggressivo che diventa l’unica e ultima carta per l’animale per uscire da una situazione che gli causa emozioni stressanti.