L’uso dei veleni, di qualsiasi genere e tipo, dovrebbe essere riservato a pochissimi casi in cui non si possa operare diversamente, privilegiando prima altre possibili alternative e l’uso di metodi ecologici. Una cautela giustamente pensata per difendere cittadini, animali domestici e fauna selvatica dai danni che un uso sconsiderato di sostanze tossiche può costituire.
Senza dimenticare come il confezionamento e lo spargimento di bocconi e esche avvelenate sia un fenomeno molto diffuso, anche in Italia, e molto subdolo, come dimostra la grande difficoltà di arrivare all’identificazione dei responsabili di azioni intenzionali di avvelenamento.
L’Europa ha da tempo normato il settore per evitare che vi possa essere un uso indebito delle varie tipologie di veleno, prevalentemente rivolti al contenimento dei topi, ma questi provvedimenti si sono dimostrati insufficienti per garantire la salute pubblica e la difesa della biodiversità.
Con il Regolamento (UE) n. 528/2012, recepito in Italia con il Decreto del Ministero della Salute del 28 luglio 2004 e le successive modificazioni, si è inteso cercare di limitare i danni stabilendo, fra l’altro, divieti alla commercializzazione dei più pericolosi, limitando la vendita al pubblico ai soli prodotti con minor concentrazione di tossici (meno di 30 parti/milione) e solo in confezioni ridotte.
La cessione e l’impiego dei veleni più potenti viene riservato agli utilizzatori professionali che dovrebbero – l’uso del condizionale è d’obbligo – adottare una serie di cautele nell’impiego, specie quando si tratti di luoghi aperti al pubblico. I veleni, infatti, rappresentano una fonte di pericolo per tutti gli esseri viventi, specie quando vengono utilizzati non come strumento di contrasto su presenze accertate, ma come arma di prevenzione per evitare la proliferazione di specie indesiderate come i topi e non soltanto.
Un recente studio da poco pubblicato su Science Direct dal titolo “First evidence of widespread positivity to anticoagulant rodenticides in grey wolves (Canis lupus)” ("Prima evidenza di una diffusa positività ai rodenticidi anticoagulanti nei lupi grigi”) realizzato da Carmela Musto (ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna) e Jacopo Cerri (ricercatore presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Sassari) con molti altri contributori, ha evidenziato la dimensione del problema: la capillare presenza di rodenticida negli organi di un numero rilevante di lupi rinvenuti morti.
Lo studio ha preso in esame tre regioni italiane (Emilia-Romagna, Lombardia e una parte di Toscana) per verificare scientificamente la presenza di rodenticidi in questi carnivori: su un campione di 168 animali esaminati ben 115 sono risultati positivi ai rodenticidi, con una percentuale pari al 61,8% del campione.
Non in tutti i casi il veleno è stato identificati come causa della morte, ma la presenza del tossico nei cadaveri dei lupi rappresenta un segnale preoccupante per molteplici ragioni. Aver rilevato una presenza così rilevante di sostanze rodenticide, sul più importante super predatore presente nel nostro paese, solleva molti interrogativi sia sull’uso indiscriminato di sostanze tossiche, sia sullo sconsiderato impiego dei topicidi per compiere atti di bracconaggio, ma anche sull’uso illegale di esche per contrastare la presenza di altri roditori che possono costituire una preda non secondaria per i lupi: le nutrie.
In ambito agricolo, pur essendo una pratica illegale, uno dei metodi di contenimento delle popolazioni di nutrie è proprio lo spargimento di esche topicide che provocano l’avvelenamento di questi animali, che per taglia, possono essere molto interessanti per un giovane lupo solitario affamato. Una provvista di proteine facile da raggiungere, sia che si tratti di un animale in difficoltà perché avvelenato, sia del cadavere di un soggetto già morto.
L’uso illegale o irresponsabile dei veleni costituisce una grave minaccia per la biodiversità -poco importa che questo avvenga in aree naturali o agricole piuttosto che in zone verdi cittadine- alimentando una pericolosa catena che coinvolge prede e predatori, costituendo così un pericolo per molte specie animali. Sarebbe importante e urgente rivedere la normativa, mettendo paletti più efficaci contro l’uso preventivo dei veleni ma anche per limitare ulteriormente la libera vendita di questi prodotti, che possano con grande facilità essere utilizzati in modo irresponsabile quando non criminale.
Il veleno è uno strumento che non colpisce solo le specie bersaglio, topi e ratti, ma rappresenta un potenziale pericolo per molti altri esseri viventi anche quando viene utilizzato in modo corretto. I principi attivi dei topicidi sono gli anticoagulanti, che causando emorragie interne portano questi animali a cercare scampo all’aperto, dove intossicati possono diventare facile di preda di volpi, rapaci, gatti, cani e altri piccoli carnivori. Per questo gli esperti si raccomandano di limitare l’uso dei topicidi solo in specifici e ben delimitati casi, cercando di privilegiare sistemi di cattura e di uccisione rapida, che possano raggiungere il doppio obbiettivo di evitare inutili sofferenze agli animali e i moltissimi pericoli che derivano dal loro spargimento.