Nelle highlands scozzesi, un ambizioso progetto di rewilding sta per riportare in vita, almeno simbolicamente, uno degli animali estinti più imponenti che abbiano mai calpestato il continente europeo: l'uro. Sebbene sia ormai scomparso da secoli, l'antenato selvatico di tutti i bovini domestici vive ancora, in un certo senso, all'interno delle razze attuali, un po' come il lupo e il cane. E ora, grazie alla selezione e all'allevamento mirato di alcuni gruppi di bovini simili al loro antenato estinto, un gruppo di tori tornerà a ricoprire quella nicchia ecologica ormai vuota.
Il progetto Tauros, promosso dall'organizzazione Trees for Life, prevede a breve l'introduzione di una mandria di tori a Dundreggan, una riserva naturale di 4.000 ettari situata vicino al famoso lago di Loch Ness. Questi animali, allevati in Olanda a partire da razze bovine molto antiche, sono stati incrociati e selezionati per somigliare geneticamente ed etologicamente agli antichi uri, per cercare di ricostruire quello che fu il loro ruolo ecologico ormai perso all'interno degli ecosistemi attuali.
Questa ambiziosa iniziativa potrebbe avere conseguenze potenzialmente molto importanti sia per l'ambiente che per le comunità locali. Steve Micklewright, amministratore delegato di Trees for Life, ha spiegato l'importanza di questa operazione: «Introdurre dei tori nelle Highlands, a quattro secoli dall'estinzione degli uri, ci permetterà di osservare come questi bovini possano diventare alleati formidabili nella lotta contro le emergenze climatiche e della biodiversità. Stiamo restituendo al paesaggio un tassello fondamentale».
L'uro (Bos primigenius), tra i più grandi mammiferi d'Europa dopo il mammut e il rinoceronte lanoso, scomparve dal Regno Unito intorno al 1.300 a.C. Caccia e perdita di habitat hanno poi condotto la specie all'estinzione definitiva avvenuta nel 1627, quando l'ultima femmina rimasta al mondo morì in Polonia. Tuttavia, il suo patrimonio genetico resiste ancora oggi in alcune razze bovine molto antiche, dando ai ricercatori l'opportunità di tentare un "ritorno" alle origini attraverso studi genetici e incroci mirati a favorire e fissare determinata caratteristiche.
Partendo dalla mappatura del DNA dell'uro, completata nel 2011, gli scienziati olandesi hanno infatti iniziato a selezionare e a incrociare bovini che potessero comportarsi in maniera simile ai loro antenati selvatici. Il risultato sono un gruppo di tori imponenti che raggiungono dimensioni impressionanti, con i maschi adulti che superano i 180 cm di altezza al garrese, decisamente più grossi dei comuni bovini domestici scozzesi, come la famosa razza Highlander.
Uno degli aspetti più interessanti di questi animali è il loro comportamento. Studi recente hanno dimostrato che i tauros sono molto più attivi rispetto alle razze bovine domestiche. Si spostano in gruppi sociali e trasformano il paesaggio in cui vivono, creando nuovi habitat per altre specie. Le loro "arene combattimento", depressioni scavate con le corna e gli zoccoli durante i rituali di accoppiamento, diventano piccole oasi per invertebrati e piante pioniere, contribuendo così a un ecosistema più dinamico e diversificato.
«Il progetto tauros – ha aggiunto Micklewright – rappresenta un ponte tra passato e futuro. Stiamo restaurando paesaggi ricchi di natura che supportano sia la fauna selvatica che le persone, rendendoli più resilienti di fronte alle sfide ambientali future. Vogliamo anche offrire alle persone l’opportunità di vivere l'emozione di trovarsi vicino a un animale che trasmette una sensazione di vera selvaticità».
Questo ritorno simbolico dell'uro, seppur attraverso bovini domestici e selezionati da noi esseri umani, non solo rientra nella più ampia filosofia del rewilding – ovvero ripristinare ecosistemi e biodiversità andati perduti -, ma potrebbe rappresentare anche un importante svolta nella lotta alle attuali crisi ambientali. Ritornando a occupare la nicchia ecologica che fu dell'uro, con la loro attività di pascolo, calpestio del terreno e brucando la vegetazione, questi bovini possono ricostruire habitat ormai persi e favorire il ritorno di animali e vegetazione da tempo scomparsi.