Nella notte del 2 febbraio 2021, durante una perlustrazione, una coppia di guardiaparco del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise si è imbattuta nel corpo senza vita di un lupo adulto e in buona salute. L'animale sarebbe stato colpito a morte da un proiettile. «Si tratta di un atto veramente difficile da spiegare – sottolinea a Kodami il direttore del Parco Luciano Sammarone, ancora turbato dalla notizia – In questa zona non esistono conflitti tra uomini e lupi da più di dieci anni». L'abitato di Villetta Barrea infatti, è noto per la grande capacità dei cittadini nel dimostrare che una convivenza pacifica con la fauna selvatica è possibile, e così, in questo paese di 700 abitanti lupi, cervi e orsi attraversano le strade del paese senza generare problemi per la popolazione. «A Villetta abitano anche alcuni allevatori – continua il direttore – ma grazie alla possibilità di ricevere rimborsi per i danni al bestiame causati dalla fauna selvatica la presenza del lupo non rappresenta un problema neanche per loro. Quindi, sebbene sia necessario attendere le verifiche sul corpo, mi sembra difficile da credere che a causare la morte dell'animale sia stato qualcuno del posto».
I lupi del parco
A partire dagli anni '70 il lupo, precedentemente a rischio di scomparsa sul territorio italiano, ha iniziato un processo di riconquista della Penisola partendo proprio da questi boschi. «Uno degli ultimi nuclei rimasti, quando ancora si trattava di un animale a rischio di estinzione, era proprio qui, tra le montagne dell'Abruzzo – racconta il direttore del parco – infatti la nostra popolazione di lupi è particolarmente vivace e vitale. Nelle settimane scorse abbiamo incontrato un branco di addirittura 11 capi, ma nonostante il numero, il rapporto con l'uomo al momento è sano e sereno». Il direttore però ci tiene comunque a sottolineare che non è sempre tutto "rose e fiori": «Il nostro non è un parco grande, ma è molto diversificato, e ovviamente esistono anche da noi zone "calde", dove il conflitto con gli allevatori è più acceso rispetto a come viene vissuto a Villetta Barrea, ma la situazione è davvero diversa rispetto ad altre zone d'Italia, dove il bracconaggio è un fenomeno più diffuso. Proprio questo è il motivo per cui ci sentiamo sconfortati dalla notizia». Luciano Sammarone conclude ricordando che per avere certezza riguardo l'uccisione del lupo «bisognerà attendere gli esiti della necroscopia e scoprire con che arma sia avvenuto il reato. Contiamo inoltre molto sul fatto che anche gli abitanti del posto, compresi i contadini più anziani, reputino l'uccisione del lupo un gesto ignobile e se dovessero essere loro a scoprire che il colpevole fa parte della comunità, questa persona verrebbe sicuramente isolata da tutti i concittadini».
Uccisione di specie protette: pene fino a 4000 euro
Se davvero si riuscisse a risalire all'autore del terribile gesto, le conseguenze potrebbero essere estremamente gravi. Il lupo infatti, dopo il declino durato fino agli anni '70 a causa della persecuzione umana, è stato sempre più tutelato, raggiungendo lo status di specie integralmente protetta nel 1976. Il lupo inoltre è stato inserito nel 2003 nella cosiddetta Lista Rossa redatta dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) come specie “vulnerabile”. Nel 1992 a legiferare riguardo la protezione delle specie a rischio è stata anche l'Unione Europea con la Direttiva Habitat del 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Sul piano nazionale la Legge 11 febbraio 1992 n. 157 ,“Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, inserisce il lupo tra le specie particolarmente protette. La normativa italiana vieta quindi la cattura e l’uccisione, il disturbo, il possesso, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione del lupo (D.P.R. 357/97, art. 8, cc. 1 e 2). e secondo l'art. 727 bis del Codice Penale «chiunque uccida, catturi o detenga esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta è punito con l'arresto da uno a sei mesi o con l'ammenda fino a 4.000 euro».