Un altro animale simbolo dell’Abruzzo morto nello stesso punto in cui è stato travolto e ucciso l’orso Juan Carrito: un lupo, trovato senza vita lungo la Statale 17, all’altezza di Castel di Sangro, lungo lo stesso tratto in cui lo scorso 23 gennaio è morto l’orso marsicano famoso in tutta Italia (e anche fuori dai confini nazionali) per le sue incursioni urbane.
Il lupo, un individuo adulto, è stato notato a bordo strada lo scorso 29 gennaio: sul corpo diverse ferite che lasciano pensare si sia trattato di un investimento. Nessuno, però, ha segnalato l’incidente, di fatto commettendo un reato: se l’animale è stato travolto, il veicolo che lo ha investito è fuggito senza chiamare i soccorsi, un crimine punito dal Codice della Strada, che all’articolo 189 sottolinea che «in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, da cui derivi danno a uno o più animali d'affezione, da reddito o protetti, l’automobilista ha l'obbligo di fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso agli animali che abbiano subito il danno. Chiunque non ottempera agli obblighi di cui al periodo precedente è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma (da euro 421 a euro 1.691)».
Le associazioni: «Le istituzioni facciano la loro parte»
Al netto delle responsabilità penali, l’accaduto riaccende il dibattito sulla necessità di mettere in sicurezza una strada ad alto scorrimento, estremamente trafficata, che miete moltissime vittime tra la fauna selvatica. La vicinanza con i confini del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise comporta che diversi animali si trovino a percorrerla e attraversarla durante gli spostamenti, e dalle associazioni animaliste continuano ad arrivare richieste affinché vengano adottate misure efficaci nel tutelare la fauna selvatica, come per esempio i corridoi faunistici o recinzioni rinforzate.
«Continuiamo a ripetere che questo non è un caso, che tutto questo si può e si deve evitare – attacca la Lega Nazionale per la Difesa del Cane – Non è accettabile che queste creature, che andrebbero protette, rimangano uccise nell’indifferenza generale. È necessario prendere provvedimenti a livello di viabilità, le strade vanno messe in sicurezza per favorire gli spostamenti di questi animali a casa loro. Basta, abbiamo bisogno che le istituzioni facciano la loro parte e agiscano ora a tutela della fauna selvatica».
La SS 17, "strada della morte" per la fauna selvatica: cosa si è fatto sinora
Il direttore dell'Ente Parco, Luciano Sammarone, a pochi giorni dalla morte di Juan Carrito, aveva affidato a Kodami una riflessione sulle difficoltà della gestione e della tutela dei selvatici in un territorio così complesso come quello dell'Appennino Centrale: «La Statale 17 si è trasformata in una strada della morte per tutta la fauna selvatica, e quindi anche per gli orsi. Quello che negli anni Settanta succedeva con la ferrovia poco lontana, dove venivano recuperati di frequente i corpi di animali, oggi avviene su quella strada. Questo perché gli snodi si trovano in una zona che per i selvatici è un corridoio importante che collega il Parco d'Abruzzo e quello della Maiella. Consapevoli di questo avevamo già avviato un progetto per migliorare le condizioni di sicurezza ed educare i guidatori a moderare la velocità, nonostante la Statale sia fuori dai confini del Parco».
Il progetto in questione si chiama LIFE Safe-Crossing e ha portato, in collaborazione con Salviamo l’Orso e il WWF, a realizzare il primo lotto per la messa in sicurezza della strada, con una recinzione metallica di 1100 metri per invitare la fauna a utilizzare i sovrappassi e i sottopassi esistenti: «Purtroppo, su quella strada ci sono molti tratti da mettere in sicurezza e anche complessi perché ci sono strade e abitazioni – sottolineano dal Parco – Carrito, purtroppo lo abbiamo perso, ma quello che invece non dobbiamo perdere è la lezione che ci deve venire da questa storia. Carrito è il testimone della nostra incapacità di riconoscere che non siamo i padroni della Terra e che per coesistere con le altre specie bisogna conoscere, perché dalla conoscenza viene la consapevolezza delle scelte e la responsabilità delle stesse, piccole e grandi. Ma tutto questo bisogna prima di tutto volerlo, rinunciando, se serve, al nostro egoismo. Bisogna avere il coraggio di fare scelte, spesso impopolari, ma che alla lunga premiano. Noi, nel sistema che si è fatto carico di gestire Carrito in questi anni, la nostra responsabilità di scelte apparentemente impopolari, la dissuasione, la continua richiesta di non alimentare Carrito con cibo facile e gestire meglio i rifiuti, gli appelli a non farlo diventare un trofeo da social, ce la siamo presa, insieme ai rischi di possibili incidenti con le persone e gli indennizzi alle attività economiche».
«Spero che Carrito possa insegnare a tutti quanto sia importante considerare gli animali selvatici con rispetto e non come fenomeni da baraccone – ha detto il presidente della Comunità del Parco, Antonio Di Santo – Carrito merita questo, per quello che è stato e per quello che rappresenterà da oggi in poi: un ambasciatore di quel mondo selvaggio che è costretto a vivere con noi umani e a cui ognuno di noi dovrà imparare a rapportarsi con il dovuto rispetto e la dovuta responsabilità».