Nel pomeriggio del 4 febbraio, sulla Strada Provinciale 1 "Sinistra Piave", all'altezza di Levego, nei pressi di Belluno, è stata investita una lupa che, a causa dello scontro, ha subito gravi ferite e traumi interni.
Inizialmente è stata visitata nell'ambulatorio di Marco Martini, il veterinario che opera anche al Cras di Treviso ma, una volta condotte le analisi, è stata trasferita al centro provinciale di recupero fauna selvatica con l'intento di tutelarla al meglio durante la degenza.
La notizia del trasferimento si è diffusa rapidamente tra gli abitanti della zona, i quali hanno iniziato a telefonare al centro di recupero chiedendo di poterlo visitare per vedere la lupa da vicino. Alcune persone si sono addirittura recate direttamente al Cras nel tentativo di entrare senza il permesso dei gestori.
Questi comportamenti hanno spinto Stefano Marcon, Presidente della Provincia di Treviso a pubblicare un post sul proprio profilo Facebook in cui riassume la vicenda, descrive la condizione di ripresa dell'animale e chiede, infine, di interrompere le richieste di visite: «Si invita a non recarsi presso il centro ed evitare curiosità che possono influire sul recupero e reinserimento di un animale selvatico. Chi ama davvero gli animali, queste cose le sa».
Il Cras non è uno zoo: «Oltre alla sofferenza per l'animale, bisogna preoccuparsi anche per il comportamento umano»
La struttura in cui è stata trasferita la lupa è situata nel Parco dello Storga, poco a Nord del capoluogo ed è gestita dalla Provincia con la collaborazione della Polizia Provinciale.
«Una persona ha addirittura cercato di scavalcare le transenne del centro insieme alla sua bambina, giustificando il comportamento dicendo che voleva semplicemente mostrare l'animale alla figlia – racconta a Kodami il veterinario Marco Martini – Ci troviamo in una situazione che considero al limite dell'assurdo e che dimostra come le persone possano mettere davvero in difficoltà la salute degli animali».
Della stessa idea è anche Maria Teresa Miori segretario generale della Polizia Provinciale e direttrice del Cras: «Siamo stupiti per il fatto che alcuni individui non riescano ad intuire che un animale in condizioni di sofferenza abbia bisogno di calma e tranquillità e non possa essere osservato come se fosse un lupo nato in cattività all'interno di uno zoo. Oltre al dolore nel vedere un animale soffrire, quindi, dobbiamo preoccuparci anche di questi gesti incomprensibili».
Come ogni vicenda che riguarda un grande carnivoro ospitato in un Cras, la priorità degli esperti è quella di ridurre al minimo il contatto con gli esseri umani, in modo che il soggetto non si abitui eccessivamente alla nostra presenza e, di conseguenza, possa mostrare comportamenti confidenti. «Questa specie ha olfatto e udito infinitamente più sviluppati dei nostri, quindi bisogna prestare estrema attenzione quando ci si avvicina – spiega il veterinario – Inoltre si tratta di un animale selvatico che ha subito un trauma e appartiene ad una specie contraddistinta da comportamenti estremamente complessi che vanno tutelati in ogni modo affinché quanto avvenuto non abbia conseguenze anche sul suo futuro».
«Migliora ma la prognosi rimane riservata»
In Provincia di Treviso gli investimenti di lupi non sono un fatto raro ma, purtroppo, gli animali vengono quasi sempre segnalati solo dopo il loro decesso: «Si tratta del primo soggetto che viene ospitato all'interno di questo Cras – spiega Marco Martini – Ora il suo stato di salute sembra migliorare, ma non me la sento ancora di sciogliere la prognosi, perché devo valutare con attenzione il decorso».
In seguito alla liberazione, probabilmente la lupa verrà munita di radiocollare ed entrerà a far parte del gruppo di soggetti monitorati nell'ambito del progetto veneto di gestione proattiva della specie coordinato da Marco Apollonio, Responsabile scientifico del Dipartimento di medicina veterinaria dell'Università degli studi di Sassari.
Negli ultimi anni gli operatori del progetto hanno già radiocollarato altri 8 lupi, l'ultimo dei quali, chiamato Leonardo, è stato liberato a fine gennaio in un luogo non molto distante da quello in cui è stata investita la lupa ospitata al Cras.
Grazie ai radiocollari gli esperti stanno ottenendo numerosi dati riguardo l'utilizzo del territorio da parte dei lupi sull'arco alpino, con l'obiettivo di ridurre i possibili conflitti con le attività antropiche: «Per avere la certezza che entri a far parte dei lupi radiocollarati dobbiamo ancora pazientare, curarla, rispettarla e tutelarla, nella speranza di poterla guardare mentre torna in libertà», conclude il veterinario.