Sono ufficialmente chiuse le indagini sulla morte dell'orsa Amarena, uccisa a fucilate mentre si trovava in un pollaio di San Benedetto dei Marsi. Dopo 10 mesi nel registro degli indagati per il 57enne si potrebbe profilare l'accuse di uccisione di animali con l'aggravante della crudeltà.
Si chiude così, dopo quasi un anno, l'indagine della Procura di Avezzano, titolare del fascicolo relativo alla morte dell'orsa marsicana più famosa e amata del Parco d'Abruzzo. Per l'aggravante della crudeltà potrebbe essere determinante la perizia condotta sul corpo di Amarena che ha confermato che l'orsa non era in posizione d’attacco quando è stata uccisa, era quindi innocua mentre il proiettile calibro 12 le trapassava una spalla, perforandole il polmone e provocandone la morte per emorragia.
Secondo quanto ricostruito, quella notte Amarena è stata sorpresa da Leombruni all'interno del pollaio adiacente alla sua abitazione, situata in un'area rurale della periferia di San Benedetto dei Marsi, fuori dai confini del Parco. Allertati dallo sparo, subito sono giunti sul posto i Guardiaparco che già da tempo monitoravano gli spostamenti dell'orsa. Sono stati loro a ritrovare il corpo di Amarena non lontano dall'abitazione di Leombruni che dopo essere stato identificato non ha potuto fare altro che ammettere, spiegando di aver agito per timore dell'animale.
La pena prevista in questi casi è di circa due anni di detenzione, così com'è previsto dall'articolo 544 bis Codice Penale che punisce proprio il reato di uccisione di animale. Una pena che però, allo stato attuale della legge italiana, rischia di non corrispondere a neanche un giorno di carcere.
Eppure il bene giuridico che la legge dovrebbe tutelare in questo caso è estremamente prezioso, non riguarda solo la singola vita di Amarena, ma tutta la popolazione alla quale apparteneva. La notte tra il 31 agosto e il primo settembre infatti è stato ucciso una dei circa 60 orsi marsicani rimasti al mondo. Questa sottospecie di orso bruno è infatti la più rara esistente, ma la sopravvivenza è continuamente minacciata dall'essere umano a causa della frammentazione dell'habitat, degli incidenti stradali, e anche dai colpi di fucile.
Proprio per l'esiguità di questa popolazione Amarena era diventata un simbolo: era riuscita a portare all'età adulta 4 cuccioli, un numero record per un'orsa, e poco dopo aveva avuto una nuova cucciolata, rimasta però orfana precocemente.
Quella notte con Amarena c'erano infatti anche i suoi due cuccioli, i quali si sono ritrovati improvvisamente senza la madre in una fase cruciale della crescita. Le vittime, avrebbero quindi potuto essere tre, e non una. I piccoli però sono riusciti a sopravvivere fino all'ibernazione e al momento del risveglio primaverile sono tornati sulle montagne d'Abruzzo.
L'episodio ha scatenato l'ira della comunità di attivisti e cittadini che avevano a cuore Amarena e il destino degli orsi marsicani. Tuttavia la comunità abruzzese è spaccata in due per ciò che concerne la gestione dei plantigradi, e il segno di questa profonda divisione è la vasta conca appenninica del Fucino che separa l'area delle aree protette da quella a vocazione agricola.
I piccoli allevatori e agricoltori vedono l'orso come un rivale, ma non come un animale da temere. Tra questi c'è anche Sivigliano, vicino e amico di Leombruni che durante il viaggio di Kodami in Abruzzo ci ha spiegato: «Amarena è entrata nel mio pollaio, c’era sangue dappertutto. Me la sono visto davanti che era un gigante alto due metri, e quando ho fatto un po’ di rumore è scappata via. Io non ho paura dell’orso, è l’orso che deve averne di me».