Andare a lavoro con il cane, trascorrere le ore di servizio con il proprio compagno a quattro zampe senza la preoccupazione di doverlo lasciare per troppo tempo da solo. L’Università del Salento ha avviato una sperimentazione per scoprire i vantaggi del Pet Working, ossia la possibilità di portare in ufficio il proprio animale domestico. Un’idea che si è rafforzata durante la pandemia che, grazie anche all'apertura a forme di lavoro agile, ha aperto alla prospettiva di far trascorrere più tempo al lavoratore con i propri affetti, senza dover rinunciare per questo alla produttività.
Il progetto è stato approvato all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo salentino, su proposta della Consulta del Personale Tecnico Amministrativo, che a sua volta si era ispirata a esperienze già maturate in altre realtà, sia italiane che estere. Prima di procedere all’approvazione sono stati valutati i pro e i contro e si è deciso di fissare una serie di regole per garantire non solo la corretta riuscita della proposta ma anche il rispetto di tutto il personale presente in università.
Tra i primi a sfruttare questa opportunità ci sono stati Angela Mercuri, dipendente dell’Ateneo, e Pongo, un Jack Russell di 8 anni che è diventato letteralmente il “cane copertina” del progetto: una sua fotografia con la scritta “Scusatemi, devo andare in ufficio” è stata utilizzata per illustrare l’idea prima di portarla all’approvazione. Un modo simpatico per sottolineare la sovversione del punto di vista che normalmente confina l’animale tra le mura e gli ambienti domestici.
«Il primo giorno, quello della sua presa di servizio, l’ho presentato al Rettore – ha raccontato a Kodami Angela Mercuri – Insieme l’abbiamo ringraziato per aver appoggiato questa proposta. Finora sta andando molto bene, anzi, sono quasi meravigliata da come stanno procedendo le cose. Anche io avevo qualche remora, l’idea di tenerlo tante ore in ambienti che non conosce. Pongo è un Jack Russell, caratterialmente uno spirito libero. Eppure a lavoro è bravissimo. Rimane nel suo spazio, ascolta le mie indicazioni, non scappa nei corridoi e non disturba gli altri colleghi. È un’attrattiva per tutti, chiunque passi gli fa le carezze».
Queste prime sensazioni possono suggerire come la presenza di un animale abbia sortito subito degli effetti positivi. Ma a beneficiarne sono anche il lavoratore e lo stesso animale: «Questa nuova situazione – prosegue la Mercuri – mi fa stare molto più tranquilla. Io vivo sola con lui. Per esempio non ho più l’ansia di dover rientrare a casa per le sue passeggiate quotidiane o di doverlo affidare a pet sitter o amiche che gli debbano far compagnia. Prima era spesso un problema, anche perché con i rientri ci sono giorni in cui passiamo anche 9 ore a lavoro. In più, come effetto mentale, in ufficio riesco a lavorare molto più serenamente e anche lui è più tranquillo perché sta tutto il giorno con me. Chiaramente tutto avviene nel rispetto dei colleghi con cui si condividono gli spazi, valutando allergie o fobie. Siamo stati attenti nel normare questa sperimentazione».
In effetti il progetto è stato approvato con un apposito regolamento che delimita le facoltà d’uso della sperimentazione, fissando diritti e doveri di chi fa richiesta di adesione. Secondo quanto stabilito possono accedere al luogo di lavoro cani di piccola e media taglia e gatti dei dipendenti che siano iscritti all’anagrafe regionale, dotati di libretto sanitario, sottoposti a controlli veterinari e a regolari profilassi vaccinali e trattamenti antiparassitari, puliti, spazzolati e che non palesino oggettive disfunzioni comportamentali. E' fondamentale che la presenza dell’animale non disturbi il lavoro e che al contempo sia garantito per lui il benessere negli spazi di lavoro. Altra cosa necessaria è che il dipendente, facente parte del personale docente, ricercatore, o tecnico-amministrativo contrattualizzato a tempo indeterminato, stipuli apposita polizza assicurativa per danni a cose o a terzi causati dal proprio animale. L’ingresso dell’animale, infine, dovrà essere autorizzato proprio per consentire la verifica dei requisiti su indicati.
Per ora la sperimentazione durerà un anno al termine del quale sarà fatta una attenta valutazione dei risultati ottenuti. Tra i più soddisfatti c’è anche il Rettore dell’Università del Salento Fabio Pollice, che ha subito sposato questa idea: «Si tratta di una sperimentazione frutto della sensibilità del nostro personale – ha spiegato a Kodami – in questo progetto è stata individuata una possibilità di miglioramento del livello di benessere durante le ore di lavoro con un'attenzione, allo stesso tempo, per gli animali domestici che magari resterebbero soli tutto il giorno. Il regolamento prevede una serie di garanzie per tutti, anche in materia di igiene. Consideriamo la nostra Università un "faro culturale" per il territorio e, anche con questa iniziativa, speriamo di avviare una buona prassi che possa essere adottata da altre istituzioni e organizzazioni».
Del resto i presupposti da cui parte questa idea sono chiari. La presenza del proprio animale domestico in ufficio può contribuire a ridurre lo stress lavorativo e ad aumentare la produttività, la creatività, favorire la socializzazione e generare empatia, nel rispetto delle regole fondamentali della convivenza sociale e di tutela del benessere degli animali. Inoltre, nella più ampia visione della conciliazione vita-lavoro, consente al dipendente una maggiore capacità organizzativa con effetto di maggiore serenità lavorativa e conseguente aumento di produttività.
La stessa Università ha riportato i risultati di studi che evidenziano i benefici della pet therapy nei luoghi di lavoro. Uno studio promosso tra il 2015 e il 2016 dal programma Purina Human-Animal Bond Studies e condotto dall’University of Lincoln (UK), per esempio, ha evidenziato che: coloro che portano il proprio cane in ufficio sono più soddisfatti di chi non usufruisce di questa opportunità (+ 22%); si registra un aumento della concentrazione sul proprio lavoro (+33,4%); si registra un aumento della dedizione verso il lavoro stesso (+16,5%); si registra un aumento della soddisfazione nella gestione delle attività casa-lavoro (+14,9%); si migliora la qualità della vita lavorativa (+16,9%). Analoghi risultati sono stati prodotti anche da HABRI Research on Mental Health and Wellness , che hanno rimarcato come la presenza degli animali domestici sul luogo di lavoro favorisca sia la produttività che la fidelizzazione dei dipendenti, i quali sperimentano un netto calo dello stress.
Del resto quella proposta dall’Università del Salento non è affatto una novità assoluta: in Italia è a partire dal 2017 che sono in fase di formulazione specifici decreti-legge. Nelle more dell'approvazione di queste proposte, il Rapporto Assalco-Zoomark 2018, ad esempio, ha fatto riferimento alle realtà lavorative italiane nelle quali è già da tempo consentito portare il proprio animale domestico. L’assessore alla cultura del comune di Genova, ad esempio, consente ai dipendenti dell’Ufficio cultura di portare il proprio cane all’interno del Palazzo Ducale durante l’orario di lavoro. Ma si registrano esperienze positive anche presso il Comune di Crema, l’ Università di Verona, l’Università della Basilicata e in tantissime, importanti, società private di noti brand nazionali, internazionali e mondiali. Da citare anche la scelta della Polizia Locale di Brindisi che ha recentemente adottato un cucciolo all'interno del Comando. All'estero è da sottolineare invece l'esperienza della Svizzera. Del tema, peraltro, vi avevamo già parlato in occasione della Giornata del cane in ufficio, che si celebra l'ultimo venerdì di giugno.
L’auspicio contenuto nello stesso progetto è che la sperimentazione “Pet Working – Gli animali di affezione in ufficio”, avviata dall’Università del Salento, contribuisca in qualche modo al progresso morale della società: la proposta di modelli esemplari, già avviati per esempio con altre buone pratiche come la realizzazione di un nido interno per i bambini, sono passi fondamentali per essere realmente una Comunità Accademica all’ avanguardia.