L’Unione Europea sta valutando di abbassare la tutela garantita al lupo da decenni, grazie alla Direttiva Habitat, valutando che l’incremento della popolazione di predatori abbia raggiunto una consistenza tale da non poter essere messa in pericolo da eventuali limitati prelievi.
Una scelta inspiegabile, considerando che la direttiva europea già consentirebbe azioni mirate di contenimento dei lupi, purché non mettano in pericolo la sopravvivenza della specie, siano l’ultima misura possibile dopo aver provato tutte le altre alternative ecologiche, dimostrando che le rimozioni (catture o abbattimenti) sarebbero utili per risolvere la pressione del predatore su alcune attività umane, leggi allevamenti. Quanto già previsto dalla direttiva Habitat è quindi un prelievo controllato e motivato, che già potrebbe essere attuato, non come attività di caccia ma come pratica di gestione.
Il declassamento dello status di protezione del lupo invece costituirebbe un altro tipo di decisione e aprirebbe la via a scenari pericolosi. Un provvedimento che di fatto consentirebbe agli Stati membri di modificare lo status di protezione del lupo nelle leggi nazionali, rendendolo ad esempio cacciabile sulla base di quote. Questo, al di là di ogni altra considerazione di opportunità, deve essere visto come un pericolo non tanto e non solo per il lupo ma per lo stesso mantenimento degli equilibri naturali.
Il lupo, infatti, come predatore apicale della catena alimentare, svolge un ruolo importante e fondamentale nella gestione delle popolazioni di ungulati e in particolare dei cinghiali, che sono la specie più predata dal lupo. Rendere cacciabile il lupo, senza pensare di mettere in atto tutti gli strumenti di dissuasione per evitare predazioni, rischia infatti di allontanare l’Europa proprio dal principio di ristorazione ambientale previsto dalla recente Nature Restoration Law. Non si può poi dimenticare che i lupi abbiano un’organizzazione sociale ben definita, che prevede ruoli familiari precisi, utili anche nell’esercizio della caccia in branco. Andare a modificare questi equilibri porterebbe a una destrutturazione dei branchi, che aprirebbe la strada a una minor efficienza nella caccia, con conseguente possibilità di portare i lupi a rivolgersi maggiormente verso prede più facili, come gli animali domestici e quelli di allevamento.
Scientificamente diverrebbe la replica di quanto fatto per decenni con le campagne di contenimento dei cinghiali, che hanno ottenuto l’effetto opposto, facendo crescere a dismisura la loro presenza proprio a seguito dell’attività venatoria. Quasi sempre i provvedimenti di gestione faunistica sono presi con la presunzione che possa essere l’uomo il miglior bioregolatore del pianeta, ma questo concetto esaminato con criteri scientifici, fornirebbe un giudizio decisamente negativo sulle capacità della nostra specie di guarire le ferite e le lacerazioni del pianeta. L’attività più intelligente da intraprendere sarebbe quella di mettere in atto strategie di protezione dei territori per poter ricreare le migliori condizioni necessarie al ripristino degli equilibri, come peraltro previsto e caldeggiato a livello planetario dalle stesse Nazioni Unite,
«La concentrazione di branchi di lupi in alcune regioni europee è diventata un pericolo reale per il bestiame e potenzialmente anche per gli esseri umani», ha dichiarato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea in un comunicato. Una dichiarazione che in questo momento, con le elezioni europee alle porte, sembra proprio una ricerca di consenso negli universi elettorali che si sono sempre dimostrati più inclini a ricompensare la politica per gli aiuti ricevuti: quelli degli agricoltori e allevatori e della componente del mondo venatorio. Che naturalmente hanno subito mostrato il loro apprezzamento verso questa apertura, che i maligni giustificano anche con l’uccisione da parte dei lupi del pony preferito della presidente. Certo se questo fosse il reale motivo della improvvida dichiarazione della presidente von der Leyen ci sarebbe da preoccuparsi, ma vogliamo credere che la guida della Commissione basi le sue dichiarazioni su criteri di valutazione più seri.
Nel campo della conservazione invece la European Alliance for Wolf Conservation (EAWC) inviato una nota “appellandosi affinché lo status di protezione del lupo rimanga quello attuale, ma allo stesso tempo chiedendo un deciso cambio di passo nel lavoro di promozione e difesa della coesistenza con i grandi predatori. Incentivando diverse azioni, come protocolli di monitoraggio condivisi a livello europeo – poiché questi animali non conoscono frontiere -, aumentando l’uso di misure preventive non letali e assicurando che esse siano attuate correttamente e adattate al contesto specifico, nonché sostenendo l’accettazione e la tolleranza nei confronti del lupo attraverso l’educazione e l’informazione sarà possibile garantire la conservazione a lungo termine di questa specie chiave. menti climatici e alle crisi naturali”.