Le estinzioni sono un fenomeno naturale che avviene da sempre, ma è giusto ribadire come il comportamento umano abbia accelerato in maniera eccessiva questo fenomeno, aggravando le condizioni di alcune specie già sensibili per altri motivi, dalla competizione con altre specie al ridimensionamento del loro areale, oppure a causa di cambiamenti ambientali che si stanno avvenendo troppo rapidamente.
Giunti al 2023, secondo molti studiosi ci stiamo quindi avvicinando pericolosamente a un punto di non ritorno, ovvero al momento in cui le condizioni climatiche influenzate dall'uomo saranno così imprevedibili ed estreme tanto da spazzare via molte specie viventi e probabilmente siamo già in grado di identificare le prime vittime in ta senso.
Tra queste specie, secondo i ricercatori dell‘Università dell'East Anglia c'è il Setophaga flavescens, un piccolo uccello noto anche come silvia delle Bahamas o "bahama warbler" in inglese. Questa specie, infatti, sopravvive quasi esclusivamente su un'unica isola dell'arcipelago dei Caraibi, dopo essersi estinta su quasi tutte le altre in seguito alla devastazione dell'uragano Dorian nel 2019, che ha distrutto ciò che rimaneva delle foreste presenti nell'arcipelago.
L'isola in questione si chiama "Isola di Abaco" ed ha rappresentato la salvezza per questo uccello solo perché risulta essere la più settentrionale e la meno esposta all'uragano Dorian del 2019. Secondo i ricercatori però basterebbe solo un altro evento distruttivo equiparabile che passasse anche solo leggermente più a Nord per condannare definitivamente questa specie.
Il lavoro di monitoraggio sulla specie è stato condotto da due studenti, David Pereira e Matthew Gardner, che hanno trascorso tre mesi per ispezionare l'isola. Il loro lavoro però è stato supervisionato dalla professoressa Diana Bell, che ha dichiarato: «Sebbene più della metà degli uccelli endemici delle Bahamas siano giudicati in pericolo di estinzione globale, c'è stato poco impegno internazionale per aiutare a porre rimedio alla situazione».
Ovviamente non è solo colpa degli uragani se questa specie di uccelli, insieme a molti altri, ora avranno difficoltà nel sopravvivere a un eventuale nuovo evento catastrofico. Infatti, il suo habitat ideale, che prima ricopriva tutte le isole caraibiche, è stato pesantemente colpito dallo sviluppo urbano. Soprattutto dagli incendi provocati dall'uomo, dall'uso di pesticidi che hanno sterminato le mosche di cui si nutriva e dal pesante disboscamento avvenuto su le altre isole delle Bahamas. L'isola di Abaco risulterebbe così l'ultima spiaggia per una specie che solo pochi secoli fa era molto più diffusa anche in altre isole maggiori.
Nello specifico, Pereira e Gardner hanno cercato tracce della specie in 464 pinete a Grand Bahama, tramite richiami acustici. I risultati sono stati però sconfortanti. Nell'isola principale dell'arcipelago gli esemplari sono ridotti davvero all'osso e si possono contare sulle dita di un paio di mani, mentre su Abaco Island hanno trovato un totale di 327 esemplari presenti in 209 dei 464 punti censiti. Il 71% degli avvistamenti si è verificato nelle foreste al centro dell'isola e il 29% a Est.
«Abbiamo scoperto che era più probabile che i Warblers fossero presenti in siti con meno alberi maturi, privi di aghi e vegetazione bruciata – hanno dichiarato gli studenti – Sembra infatti che preferiscano vivere tra le palme più alte e più mature. Probabilmente perché questi alberi sono in grado di resistere agli incendi boschivi e ospitano anche insetti di cui si nutrono».
Proprio sul pericolo rappresentato dagli uragani, il co-supervisore degli studenti, il professor Nigel Collar, di BirdLife International, ha infatti dichiarato: «Presumiamo che l'uragano Matthew, che ha colpito Grand Bahama solo 18 mesi prima dell'inizio del nostro sondaggio del 2018, abbia ucciso una parte significativa degli uccelli presenti sull'isola. Ed è possibile che le nostre scoperte sulle preferenze degli uccelli riflettono in gran parte l'habitat che ha fornito il miglior riparo».
Da queste deduzioni, il piccolo team di biologi ha così dedotto che buona parte della popolazione della silvia delle Bahamas sull'isola Grande Bahama sia stata spazzata via dalla violenza dell'uragano Matthew, per poi venire quasi cancellata l'anno successivo dall'uragano Dorian. La popolazione dell'isola di Abaco è invece sopravvissuta poiché era l'unica rimasta che potesse offrire alla specie una foresta sufficientemente resistente alla violenza delle fiamme e del vento. Questa però non è una buona notizia per i biologi della conservazione, poiché basterebbe davvero poco per dire definitivamente addio a questa specie.
«Speriamo che le nostre intuizioni ecologiche aiutino la gestione della conservazione su Abaco, ma ora entrambe le isole devono essere esaminate per verificare se esistono anche altre popolazioni che ci sono sfuggite», conclude Bell. La scoperta di nuove popolazioni, infatti, permetterebbe di avviare nuove politiche di gestione – anche lontano dall'arcipelago – che potrebbero aiutare la specie a resistere alla minaccia rappresentata dal cambiamento climatico e dall'espansione urbano.