L'ossitocina è implicata nella creazione di legami sociali tra uomini e bovini. Per la prima volta, un team di biologi e veterinari dell'Università di Napoli sono riusciti a dimostrare tale correlazione grazie ad un esperimento di impossible task condotto su alcune vacche di un allevamento estensivo.
I risultati del loro studio sono stati pubblicati sulla rivista Animals.
L'ossitocina, l'ormone dell'amore
Gli ormoni sono delle speciali molecole presenti negli esseri viventi che fungono da messaggeri interni per "avvertire" determinati organi bersaglio. Sono prodotti principalmente da ghiandole e vengono immessi nel flusso sanguigno dove arriveranno alle giuste zone corporee, producendo cascate di effetti fisiologici e comportamentali.
L'ossitocina (o "oxitocina", abbreviato OXT) è un ormone dei mammiferi che viene fisiologicamente implicato in molti aspetti sociali intraspecifici come nel parto, nell'allattamento e nel facilitare il legame madre-figlio nelle specie che mostrano cure parentali. Per questi suoi effetti, le femmine hanno in genere il 30% di ossitocina in più dei maschi.
A seguito di numerose analisi, si è visto che alti livelli di OXT portano un comportamento materno in femmine non gravide, mentre bassi livelli portano le madri a dimenticarsi dei piccoli se questi si allontanano. Ugualmente, nei maschi bassi livelli di ossitocina provocano amnesia sociale e chi ne è totalmente privo presenta aggressività, indifferenza al distacco dalla madre e assenza di attaccamento sociale.
Nella nostra specie stimola l'interazione sociale ed i legami e la fiducia tra persone, e per questi motivi è stato soprannominato "ormone dell'amore".
«Questa volta però – spiega a Kodami il professor Biagio D'Aniello, zoologo presso l'Università Federico II di Napoli e autore principale dello studio – l'elemento rivoluzionario del nostro lavoro è il fatto che abbiamo rilevato la relazione tra questo ormone ed i comportamenti sociali animale-uomo in organismi che non sono stati selezionati per la socialità». Infatti in precedenza alcuni studi avevavno dimostrato questa relazione nei cani, animali con una storia selettiva molto differente rispetto a tutte le altre specie.
Superare un compito impossibile in presenza di umani
Per riuscire a dimostrare la loro tesi, i ricercatori hanno ideato un esperimento etologico a cui hanno sottoposto 29 vacche di un allevamento semi-estensivo. I bovini dovevano inizialmente riuscire a scoperchiare una ciotola al cospetto di due umani sotto la quale era nascosto un premio alimentare. Le due perone che eseguivano il test erano il caregiver ed uno sconosciuto.
Nella fase successiva dell'esperimento, il compito diventava però "impossibile": l'animale si trovava infatti davanti una ciotola chiusa ermeticamente. «E'stato messo di fronte ad una violazione dell'aspettativa – spiega il dottor Alfredo Di Lucreazia, coautore dell'articolo – un paradigma di compito non risolvibile».
In questa situazione sono state registrate e cronometrate le risposte dell'animale: «Abbiamo rilevato frequenza (quante volte l'animale fa quel comportamento), durata (per quanto tempo) e latenza (dopo quanto tempo) di ogni comportamento del bovino, costruendo un etogramma, creando una tabella comportamentale».
La vacca poteva cercare così un contatto con uno dei due umani, perseverare nel cercare di scoperchiare la ciotola o, ancora, rimanere passiva alla situazione.
I prelievi di sangue per analizzare i livelli ormonali
Non appena conclusa la parte comportamentale, il team di veterinari coordinato dal professor Pietro Lombardi ha prelevato un campione di sangue dai soggetti di studio: «Il prelievo effettuato dopo pochi minuti dalla fine del test ci offre un'istantanea della condizione fisiologica ormonale degli individui». Lombardi sottolinea che questa rapida operazione, facilitata dalla grandezza dei vasi sanguigni dei bovini, «non rappresenta uno stress per l'animale e non è condizionata dalle attività svolte a causa della latenza dei picchi ormonali».
I risultati
Le analisi statistiche conclusive hanno mostrato una correlazione lineare positiva tra comportamenti diretti verso i due umani presenti e ossitocina nel sangue delle bovine: gli individui più propensi a "cercare" un contatto con gli umani presenti erano quelli che mostravano livelli di ossitocina maggiori.
Altri ormoni come il cortisolo, associato invece allo stress, non hanno mostrato correlazioni significative. «Gli animali non erano stressati, erano tranquilli – conclude il professor Lombardi – E gli studi etologici sono così: bisogna fare in modo che la situazione sia quanto più naturale possibile. Ci sono innumerevoli variabili da poter approfondire: i prossimi passi saranno confrontare animali da allevamenti di tipo diverso, oppure osservare una reale interazione con l'uomo».
I ricercatori ritengono che questo tipo di approfondimenti condotto su animali domesticati potrà aiutarci a verificare il loro benessere, fondamentale sia da un punto di vista etico che per il loro allevamento.