L’orso marsicano (Ursus arctos marsicanus) è un mammifero onnivoro della famiglia degli Ursidi. Si tratta di una sottospecie dell'orso bruno (Ursus arctos) endemica della zona appenninica dell’Italia centro-meridionale e viene ritratto, infatti, nel simbolo del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise.
Ha dimensioni ridotte rispetto all'orso bruno presente sull’arco alpino e, mediamente, raggiunge i 140/210 chili, per una lunghezza di circa 180 centimetri, contro i 130/250 (per un peso che può superare i 300 chili), dell'orso bruno diffuso sulle Alpi.
Come è fatto l’orso marsicano
Secondo una ricerca pubblicata nel 2017 condotta dal Dipartimento di Biologia e Biotecnologie de La Sapienza di Roma, l’isolamento della popolazione appenninica di orso bruno marsicano risale addirittura a 1.500 anni fa. Ciò ha determinato una significativa differenziazione sia genetica che morfologica e per questo motivo, nel Piano di Tutela della Popolazione di Orso Marsicano (Patom) viene sottolineato come l'orso marsicano vada considerato come un’unità evolutiva e conservazionistica a sé stante.
Ha una corporatura massiccia e più slanciata rispetto a quella dell'orso bruno. Ciò che risulta più evidente, però, è il fatto che le sue dimensioni siano inferiori. Il marsicano, infatti, ha un peso che si aggira intorno ai 140 – 210 chili (anche se le femmine sono più piccole) e una lunghezza massima di 150 – 180 centimetri.
Inoltre, la sottospecie appenninica si distingue anche per la forma del cranio: nelle femmine e nei giovani è simile a quello delle altre popolazioni euro-asiatiche mentre, per quanto riguarda i maschi, il capo è corto, allargato e alto, con una cresta marcata. La forma del muso ricorda quella di altre specie di orso diffuse in Italia in epoca preistorica.
Il mantello è bruno tendente al fulvo, uniforme su tutto il corpo e con la tendenza a scurirsi sugli arti, che sono solidi e potenti. Il tartufo è nero, gli occhi sono color nocciola e le orecchie hanno una forma arrotondata. La coda, infine, non supera i 10 centimetri di lunghezza.
Distribuzione e habitat
Uno studio condotto dall’Università della Sapienza di Roma, in collaborazione con il corpo Forestale dello stato e i Parchi regionali e nazionali interessati (tra cui il Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise), ha permesso di stimare la dimensione dell’areale di distribuzione dell’orso marsicano. Secondo i rilevamenti effettuati tra il 2005 e il 2014, la specie si muove su 492Km2. All’interno dell’areale vi è inoltre un’area più piccola (1640 km2) all’interno del quale si muovono le femmine che si riproducono.
Secondo quanto descritto dalla IUCN, l’orso marsicano ha un forte legame con gli ecosistemi forestali degli ambienti montani che, sulla catena degli Appennini, sono caratterizzati da querceti, faggete e boschi di conifere.
Svolge la maggior parte delle sue attività in questo habitat ma, soprattutto nelle ore notturne, compie frequenti incursioni all’interno delle coltivazioni e dei pascoli, spingendosi anche nelle aree urbane del parco e delle zone limitrofe. L’intervallo di distribuzione altitudinale è piuttosto ampio e varia in base alle stagioni e alla disponibilità alimentare.
Per quanto riguarda le dimensioni della popolazione, grazie ai monitoraggi genetici è stato possibile stimare che nel territorio del Parco e zone limitrofe (ad oggi, nel 2023) vi siano circa 50 esemplari (con un intervallo di variabilità tra 45-69).
Alimentazione
Sebbene venga definito “carnivoro”, l’orso bruno marsicano è di fatto un animale dalla dieta onnivora, essenzialmente di base vegetariana, ma comunque variabile in base alla stagionalità delle risorse alimentari naturali disponibili di cui si nutre. Ciò significa che si può nutrire di vegetali (tra cui erbe, tuberi e frutta) ma può anche predare altri mammiferi, oppure cibarsi delle loro carcasse. Inoltre, esattamente come l’orso bruno che vive sulle Alpi, si ciba anche di insetti con una frequenza tutt’altro che trascurabile.
Lo stesso utilizzo dell’habitat è condizionato dalla presenza di risorse trofiche e può cambiare anche in base ai cicli pluriennali che determinano l’abbondanza di frutti secchi (faggiole e ghiande).
L’uomo tende a ostacolare la presenza della specie principalmente per il fatto che l’orso marsicano può causare danni ad attività quali l’allevamento (attraverso la predazione di pollame e animali da pastorizia) e l’apicoltura. Il conflitto tra esseri umani e orsi non è certo un'eccezione e, infatti, in uno studio riguardo l’impatto della specie sulle attività antropiche, condotto in provincia dell’Aquila dall’Università di Siena in collaborazione con il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, viene sottolineato che proprio questo fattore è stato spesso alla base dell'estinzione dei grandi carnivori sia in Eurasia che in Nordamerica.
Comportamento e riproduzione
L’edizione del 2022 del rapporto orso Marsicano, pubblicato annualmente dall’Ente Parco Naturale Abruzzo, Lazio e Molise descrive con perizia il ciclo riproduttivo della sottospecie appenninica di orso bruno. Secondo i monitoraggi svolti nell’area, le femmine si riproducono con successo ogni 3 o 4 anni e solo raramente si accoppiano prima di avere compiuto 6-8 anni.
Vi sono però numerosi aspetti che influiscono sulla possibilità che una femmina si riproduca e uno di questi è legato all’età. Con il raggiungimento dei 15-20 anni, infatti, si inizia ad osservare un calo riproduttivo.
Trattandosi di una popolazione caratterizzata da una densità di individui piuttosto alta, potrebbero inoltre intervenire fattori di autoregolazione, come ad esempio lo sviluppo di meccanismi di inibizione sociale da parte delle femmine adulte, nei confronti delle più giovani. Per lo stesso motivo, potrebbe aumentare inoltre il fenomeno dell’infanticidio da parte dei maschi adulti.
La popolazione appenninica è anche caratterizzata da una bassa diversità genetica ed elevata consanguineità, ovvero due elementi che a loro volta possono ridurre le possibilità di sopravvivenza dei cuccioli. Secondo uno studio condotto dal Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell’Università di Roma e pubblicato nel 2017, solo la metà (49%) dei cuccioli, infatti, riesce a sopravvivere al primo inverno e si tratta di una percentuale molto più bassa rispetto ad altre popolazioni di orso bruno.
Sebbene alcuni soggetti, come l’orsa Amarena, l’orsa Gemma, e Juan Carrito, abbiano acquisito molta notorietà a causa del comportamento confidente nei confronti dell’uomo, la specie mantiene un comportamento prevalentemente elusivo.
Per quanto riguarda il comportamento nei mesi invernali, quando le temperature scendono e il cibo comincia a scarseggiare, gli orsi marsicani si muovono alla ricerca di un riparo adeguato per trascorrere il periodo di ibernazione. Non si tratta di un letargo nel vero senso del termine, perché a differenza di altre specie rimangono attivi e riconoscono gli stimoli esterni. Secondo quanto descritto sul sito del Parco Nazionale Abruzzo Lazio e Molise, in caso di necessità, possono anche uscire dalla tana, ma generalmente sopravvivono grazie alle riserve di grasso ottenute nei mesi autunnali.
Conservazione della specie
Grazie ai monitoraggi genetici si è potuta stimare una popolazione di circa 50 esemplari, con un intervallo tra 45-69 tra il territorio del PNALM e le zone limitrofe.
A seguito delle modificazioni ambientali e della persecuzione diretta da parte dell’uomo, che ne hanno causato l'isolamento e, in conseguenza, la riduzione del numero di individu e la ridotta variabilità genetica, la IUCN considera la specie come critically endangered, ovvero in pericolo critico di estinzione. In passato, però, i numeri sono stati addirittura inferiori rispetto a quelli attuali. Sempre secondo la IUCN, infatti, nella primavera del 2008 le stime erano di circa 40 individui (gap 37/52).
Si tratta di una specie protetta dalla Convenzione di Berna ed elencata in appendice II, IV della direttiva Habitat (92/43/CEE). Come tutte le popolazioni europee di orso è inserita inoltre nell'appendice II della CITES e, per quanto riguarda l’Italia, è oggetto di protezione legale fin dal 1939.
La popolazione della specie viene monitorata costantemente attraverso la tecnica della conta delle femmine con con piccoli, che si basa sul conteggio delle orse che si riproducono ogni anno all’interno di una determinata area di studio (ciò viene effettuato attraverso osservazioni dirette e utilizzo di fototrappole).
Qualsiasi variazione nei dati rilevati nel monitoraggio, può influire drasticamente sull’andamento generale della popolazione e sul rischio di estinzione. Proprio per questo motivo, il grave reato commesso con l’uccisione di Amarena (una delle femmine più prolifiche di cui si abbia notizia), nell’agosto del 2023, rappresenta anche un importante danno all’intera sottospecie dell’orso marsicano.
L’uccisione illegale, però, non è l’unica minaccia che deve affrontare la specie. Secondo i dati della mortalità, tra il 2006 e il 2011, ad esempio, dei 16 orsi marsicani morti, 3 hanno subito un avvelenamento, 3 sono morti per infanticidio, 1 per investimento stradale, 1 per predazione e altri 8 per cause sconosciute.